Corriere della Sera - La Lettura
La Terza Via serve ancora Senza Europa non c’è sinistra
I partiti socialisti dell’Ue non sono stati capaci di cogliere le opportunità offerte dall’attuale transizione post-industriale. Ma la retorica contro globalizzazione ed establishment non produce politiche efficaci. Ai progressisti non resta che recuperare la proposta del sociologo Anthony Giddens, troppo presto archiviata, e porsi in un’ottica di tipo transnazionale per tutelare davvero le conquiste del welfare
Uno spettro si aggira per l’Europa: quello della «sinistra perduta». Parafrasando la celebre apertura del Manifesto di Karl Marx e Friedrich Engels, Sheri Berman (nota studiosa del socialismo europeo, docente alla Columbia University di New York) così riassumeva già nel 2016 la novità politica più saliente di questo nuovo secolo. Nell’ultimo biennio la débâcle dei partiti di sinistra ha raggiunto il suo culmine. In Francia i socialisti sono scesi dal 30 al 7%, in Olanda dal 25 al 6%, nella Repubblica Ceca dal 20 al 7%. Le perdite sono state molto significative anche in Italia (dal 25 al 18%) e in Germania (dal 25 al 20%). Solo il Partito laburista britannico sembra per ora riuscito ad arrestare il declino.
La contrazione di consensi ha in parte alimentato le formazioni di sinistra massimalista (come Die Linke in Germania) o «nuova» (come Podemos o Syriza in Spagna e Grecia). I veri vincitori dell’ultimo decennio sono stati però i partiti di ispirazione nazional-populista (come il Front national in Francia, la Lega in Italia, Alternative für Deutschland in Germania, Fidesz in Ungheria). Alcuni di questi minacciano esplicitamente i cardini della liberaldemocrazia e persino l’esistenza dell’Unione Europea. Sappiamo che i partiti di centrosinistra hanno giocato un ruolo fondamentale nel modellare l’ordine politico e sociale della seconda metà del Novecento. Indipendentemente dalle proprie preferenze ideologiche, chi ha a cuore i cardini di quell’ordine (l’economia sociale di mercato, la democrazia liberale, l’integrazione europea) deve guardare con preoccupazione al vuoto di idee e consenso che il declino del socialismo riformista sta creando.
Lo spettro della sinistra perduta riflette un insieme di tendenze. Con la frantumazione delle tradizionali classi sociali (quella operaia in particolare), l’aggregazione del consenso e la formazione di coalizioni politiche sono diventate molto più difficili. La competizione elettorale si svolge sempre più su nuove dimensioni: l’opposizione fra popolo ed élite e quella fra chiusura e apertura, collegata alle dinamiche di globalizzazione e integrazione. La dimensione destra-sinistra ha perso centralità e sa- lienza. In realtà i sondaggi d’opinione confermano che gli elettori continuano a usare lo schema destra-sinistra per orientarsi. Ma fanno fatica a dare un significato univoco a ciascuno dei due poli.
Nel Novecento destra e sinistra avevano principalmente a che fare con l’opposizione Stato-mercato. La destra sosteneva il mercato come generatore di crescita e di opzioni, la sinistra lo Stato come garante di sicurezza e inclusione sociale. Il comune punto di riferimento era l’insieme di problemi e opportunità legato alla società industriale, all’interno dello Stato nazionale.
Il quadro è però rapidamente mutato. La transizione post-industriale, la globalizzazione, la quarta rivoluzione tecnologica sono diventate i motori di una seconda Grande Trasformazione delle economie e società europee, peraltro amplificata dal rapido cambiamento socio-demografico. È gradualmente emerso un nuovo vettore di stratificazione, che genera rischi e opportunità in direzioni in larga parte trasversali rispetto alla classe sociale di appartenenza o appartenenza (ad esempio in base all’età, al genere, al territorio di residenza, al settore produttivo). I partiti di centrosinistra faticano a riposizionarsi sul nuovo vettore e tendono a rimanere appiattiti su quello vecchio: pensiamo alla difesa dello status quo pensionistico o del «posto fisso». In questo modo, t a l i par t i t i non r i e s cono né a r i s pondere con efficacia alla nuova (sottolineo nuova) domanda di protezione né a sfruttare appieno il potenziale che i cambiamenti offrono in termini di ampliamento delle opportunità.
È proprio l’incapacità di dissociare la polarità destrasinistra dal binomio «stantio» Stato-mercato (come lo ha definito Anthony Giddens) ad aver generato lo spettro della sinistra perduta. Questo smarrimento è stato abilmente sfruttato dai vari populismi , che guadagnano consensi nel momento in cui attivano le due nuove dimensioni «apertura-chiusura» (no all’immigrazione, no alla Ue) e popolo-élite (no all’establishment che ci ha