Corriere della Sera - La Lettura
La lirica di Sereni nasce dalle lettere a Betocchi
La corrispondenza tra i due autori si rivela una sorta di officina dei testi del più giovane
Èil novembre 1937 quando Carlo Betocchi presenta su «Il Frontespizio» il giovane Vittorio Sereni, che lì pubblica due poesie poi destinate alla raccolta Frontiera (1941): Concerto in giardino e Inverno a Luino. È l’inizio di una lunga amicizia, o meglio di una fraternità (è Betocchi nel 1948 a definire Sereni «un uomo fratello)», tra il più anziano poeta, nato nel 1899 a Torino e poi trasferitosi a Firenze, e il più giovane, nato nel 1913 a Luino (Varese) e fattosi milanese.
Va detto che Betocchi rimase sempre legato all’incanto, sia pure turbato, della poesia gio- vanile di Sereni: alcune immagini di Concerto in giardino costituiscono una sorta di refrain nelle lettere che Betocchi scrisse a Sereni nell’arco di quarantacinque anni.
Il carteggio tra i due, leggibile in un’edizione riccamente annotata ( Un uomo fratello, a cura di Bianca Bianchi, con un’introduzione di Clelia Martignoni, per i tipi di Mimesis), testimonia di una reciproca fedeltà. Non che manchino le differenze. Ma i due tanto diversi poeti si rendono trasparenti l’uno all’altro: Betocchi con il suo sentimento creaturale e caritatevole, Sereni con la sua così caratteristica incertezza.
Nei lunghi anni dopo Diario d’Algeria (1947), la raccolta legata all’esperienza della prigionia, Sereni è infatti alle prese con lo spettro del «silenzio creativo» e tergiversa sulle richieste di Betocchi di mettere insieme un libro (che non si farà mai) da Vallecchi. Alla fine il lungo lavoro sulle immagini e i dialoghi interiori, su un io lirico moltiplicato e rifranto, mette capo a Gli strumenti umani (1965).
È intorno a tale lavorio e al suo sbocco che vertono alcune delle lettere più dense del car- teggio. Il lettore di Sereni conosce e ricorda Il muro, una delle più organiche e stratificate poesie degli Strumenti. Ebbene, quel testo, che risulta terminato il 24 aprile 1965, ha una sorta di avamposto ideativo nella lettera di Sereni a Betocchi del 4 luglio 1954, su un ritorno a Luino: «Vorrei raccontarti d’una sera che andai a vedere un torneo notturno di calcio proprio dietro la chiesa del cimitero e si levò una specie di bufera con lampi e gran polvere ma senza pioggia ed era troppo facile pensare a un’irritazione di loro disturbati e anche a una loro terribile allegria nello scaraven- tarci addosso foglie e polverone a raffiche». Testimonianza preziosa di come il poeta si porti dietro epifanie e immagini, conviva con esse per anni, prima che si depositino in poesia. Infine, proprio riguardo agli
Strumenti il carteggio tocca un punto nodale: Betocchi parla di un libro che lavora sulla disperazione. Sereni ne è colpito e risponde parlando di rovine venute alla luce col libro e «sotto cui stanno gli affetti trascurati o sciupati, il bene che si poteva dare ad altri, […] tutto ciò che si è tolto loro a furia di convertirlo in altro che non sia gesto diretto, attenzione umana, carità…». Qui Sereni parla, si direbbe, come il suo lettore fraterno Betocchi.