Corriere della Sera - La Lettura
Moro e Magnago parolieri per un canto di pace
Aldo Moro e Silvius Magnago escono per un po’ dalle pagine della nostra storia recente e vengono accolti (e trasfigurati) in una partitura musicale. Titolo: Visioni, 20 minuti di musica scritti da Arnaldo De Felice, fiorentino, 54 anni, ordinario di oboe a Bolzano. La première assoluta è confermata per il 29 maggio nella chiesa dei Domenicani del capoluogo altoatesino nell’ambito del Festival di musica sacra diretto da Josef Lanz, coproduttore insieme con il Südtiroler Künstlerbund e con la collaborazione del Conservatorio cittadino. Le prove già fervono. Lo statista italiano e il più autorevole esponente politico sudtirolese, tutt’e due cattolici, antifascisti, sulla stessa lunghezza d’onda politica e istituzionale per la convivenza in Alto Adige, sono stati autori di due lettere aperte. Lettere che attraverseranno Visioni con l’intensità della sperimentazione e con esprit europeistico. Tutto, attraverso un coro di voci miste, tromba solista, due tromboni e due tuba. Dice a «la Lettura» De Felice: «È una composizione su frammenti di testi di afflato religioso: la lettera di Moro a Papa Giovanni XXIII del 3 febbraio del 1962 (anno cruciale per la nascita del centrosinistra al governo, ndr) e il discorso di Magnago per la commemorazione della morte di Franz Innerhofer tenuto a Bolzano il 25 aprile del 1971». Da qui l’idea di usare gli ottoni come ricordo del maestro di banda ucciso da squadracce fasciste il 24 aprile 1921 proprio a Bolzano. Il direttore del festival, Lanz, aggiunge: «Ho accettato subito una proposta così inconsueta e coraggiosa. Così ho assunto il Südtiroler Vokalensemble, direttore Michael Hillebrand, gli ottoni del Conservatorio e il trombettista solista Marco Pierobon».
Ecco i testi. «Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino, ma è invece importante che (...) tutti abbiano il proprio respiro», scrive Moro a Papa Roncalli. E Magnago: «La morte di Franz Innerhofer fu un segnale che non solo la libertà dei sudtirolesi, ma quella di tutto il popolo italiano era in pericolo. E questo fu allora non tempestivamente capito. La morte di Franz Innerhofer deve restare un segno ammonitore». Conclude Arnaldo De Felice, convinto che un compositore, oggi, non possa che immergersi anche nella realtà e nella storia: «I frammenti di testo appaiono nella composizione come se fossero in un affresco. La forma del frammento rispetto al testo originale è un’interpretazione dei testi a cui si ispira. Gli ottoni non vengono trattati come una compagine strumentale in giustapposizione al coro ma come voci in contrappunto innervate della partitura». ( giancarlo riccio)