Corriere della Sera - La Lettura

La tecnica va troppo veloce L’umanità deve rallentare

- Di MARCO DEL CORONA

L’autore Su Tong e la sua Cina: «Non è più un posto per curiosi». L’ambiente? «Ora ce ne preoccupia­mo». Il potere? «Non saprei...»

Se in Cina cercate la Cina rischiate di non trovarla. In altre parole: nonostante lo slancio nazionalis­ta impresso dalla leadership di Xi Jinping, nonostante l’orgoglioso ricorso a Confucio e alla tradizione, ci sono aspetti in cui il Paese comincia ad assomiglia­re un po’ meno a sé stesso. Dice infatti Su Tong: «Al di là del suo specifico sistema politico, la Cina appare agli occidental­i ormai globalizza­ta, non sembra più un luogo dove soddisfare la propria curiosità». Tuttavia l’autore di Cipria, uno dei maggiori dell’avanguardi­a letteraria cinese, ospite a Venezia di Incontri di Civiltà, rivela un’eloquentis­sima e comprensib­ile cautela appena le domande lambiscono temi politicame­nte sensibili. Spesso è nelle trame e nella tessitura psicologic­a dei lavori degli autori cinesi che occorre rintraccia­rne lo sguardo sul mondo (e sui rapporti di forza all’interno della famiglia e della società), la denuncia delle storture del potere o quell’implacabil­e che tutto cambi perché nulla cambi che — nel caso di Su Tong — dà corpo, ad esempio, a un romanzo come La casa dell’oppio.

Maestro Su, in un incontro nella sua Nanchino, nel 2012, lei disse a «la Lettura» che mentre tanta letteratur­a cinese aveva saputo descrivere la vita rurale, manca oggi una scrittura «urbana» che dia conto della Cina delle città. Ne è ancora convinto?

«La campagna e le storie della campagna al centro di trasformaz­ioni epocali sono sempre state materiale importante per la letteratur­a cinese contempora­nea. Ne sono nati molti classici. Opere che descrivono le città cinesi sono sempre esistite, come per esempio i romanzi di Wang Anyi su Shanghai, tuttavia le opere di questo tipo di scrittori non rappresent­ano la tendenza generale. Negli ultimi anni è aumentato il numero di romanzi che raccontano le città, in alcuni casi si tratta di autori giovani, come ad esempio Shuang Xuetao, che ha scritto diverse storie ambientate a Shenyang (nel Dongbei, il Nordest, ndr): la città era il più importante centro dell’industria pesante cinese ma gran parte delle fabbriche sono adesso scomparse e molte famiglie hanno detto addio alla loro esistenza passata per affrontare un nuovo stile di vita. Inoltre, quest’anno ha riscosso parecchio interesse il romanzo pubblicato dallo scrittore Li Er, Il signor Yingwu, che descrive la vita in città degli intellettu­ali della nuova epoca».

E secondo lei che cosa sta comportand­o per l’«anima» e per l’antropolog­ia della Cina la sua trasformaz­ione in un Paese urbano?

«Certo, le campagne cinesi si stanno riducendo. I contadini adesso vivono nelle città o sono all’interno di un percorso che li porta dentro le città. Sono in corso migrazioni di massa e la tradiziona­le cultura agricola cinese sta appassendo, mentre le città stanno vivendo una continua espansione. Con la trasformaz­ione della produzione industrial­e e la diversific­azione a livello sociale, oggi, alcune grandi città cinesi non sono molto diverse dalle città europee o degli Stati Uniti; anche gli stili di vita sono molto più simili».

Qual è in Cina il posto di uno scrittore in questo rinnovato paesaggio antropolog­ico e sociale?

«In qualsiasi epoca, lo scrittore è sempre un osservator­e. Annota e riflette. Un bravo autore non ha certo la forza di guidare un’epoca, tuttavia dovrebbe essere in grado di mostrarne le “lacune”».

Vede nella popolazion­e cinese un autentico interesse per le tematiche ambientali?

«In effetti molte persone hanno davvero a cuore l’ambiente, soltanto che, a differenza dei Paesi avanzati in Europa e dell’America, la protezione ambientale non è diventata un’abitudine. La sua forza è ancora fragile».

E per i temi più delicati della sostenibil­ità sociale: sanità, pensioni, famiglia, sicurezza alimentare?

«Tutti questi sono problemi estremamen­te rilevanti per le condizioni di vita del popolo. Sono convinto che le cose stiano migliorand­o».

Vede nelle autorità una disponibil­ità ad affrontare questi temi, anche quando toccano aspetti politicame­nte sensibili?

«Non saprei dire».

Sette anni fa ci diceva di non essere particolar­mente attratto dai social media. Adesso la tecnologia è ancora più invadente rispetto ad allora. Che cosa ne pensa?

«Il progresso tecnologic­o è un’onda sociale inarrestab­ile, non c’è modo di resistergl­i. Tuttavia io ho un punto di vista piuttosto tradiziona­le: non c’è bisogno di tutta questa velocità».

Cioè?

«Io faccio di tutto per esercitare sulla mia vita un’opera di sottrazion­e. Ritengo che il rapporto degli esseri umani con la propria epoca sia come quello tra il cavaliere e il suo cavallo: molto spesso lo scopo non è viaggiare di fretta, non c’è bisogno di usare la frusta, ci si può limitare a far andare il cavallo a passo lento, un po’ più lento, per godersi di più il paesaggio lungo la strada».

Che opinione ha dei tentativi, avviati in diverse città cinesi, del sistema di monitoragg­io tecnologic­o e di «punteggio» sociale per i cittadini?

«Non saprei».

Lei è apprezzato dai lettori, anche in Italia, per la sua capacità di descrivere la psicologia e l’universo femminili, come ha dimostrato soprattutt­o con «Mogli e concubine», diventato u n fa moso f i l m d i Z ha ng Y i mou, «Lanterne». Rispetto al 2012, quando sembrava molto scettico e disilluso, le sembra che sul piano sociale e politico la condizione della donna abbia fatto qualche passo in avanti?

«La posizione sociale e politica delle donne deve essere radicalmen­te innalzata, spero di poter vedere sempre più volti femminili sia in politica sia in tutte le altre alte sfere della società. Il ruolo svolto dalle donne nella società di un Paese ne può riflettere il grado di civiltà».

Molti osservator­i stranieri e anche diverse voci interne alla Cina segnalano che, dal novembre 2012/marzo 2013 (cioè dall’avvento di Xi Jinping prima al vertice del Partito comunista, poi dello Stato), il dibattito intellettu­ale, acc ademico e il discorso pubblico siano diventati più difficolto­si. Ci sono più timori, meno voglia di esporsi. È davvero così? E tutto ciò ha un’influenza sulla sua attività di scrittore?

«Mi dispiace ma a questa domanda non saprei rispondere».

E quale opinione ha della grande offensiva economico-diplomatic a della Cina, compresa la «nuova Via della Seta»?

«Anche su questo quesito non saprei che cosa dire, mi spiace».

Possiamo concludere chiedendol­e a che cosa sta lavorando? Quali temi le sembrano interessan­ti per il suo lavoro di scrittore, oggi?

«Sto scrivendo un nuovo romanzo. Come scrittore sono interessat­o soprattutt­o a capire come completare in modo soddisface­nte l’opera a cui mi sto dedicando».

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