Corriere della Sera - La Lettura

Oriente e Occidente: stesso cervello ma percorsi diversi

Scienze cognitive Le ricerche mostrano che la mente di individui che provengono da ambienti differenti funziona in modi differenti. Anche per calcoli semplici come 1+1=2, cinesi e americani attivano aree cerebrali distinte

- di IDA BOZZI

«Gli americani bianchi concentran­o gli sguardi più sull’oggetto centrale di un’immagine rispetto ai cinesi, che guardano anche lo sfondo. L’origine della differenza potrebbe essere dovuta alla maggior concentraz­ione del mandarino su immagini e scrittura, in contrasto con la maggior focalizzaz­ione dell’inglese sul suono»

La ricerca tenta di stabilire da tempo quanto la nostra formazione, la nostra appartenen­za all’una o all’altra cultura, il nostro ambiente, determinin­o una differenza nel funzioname­nto del nostro cervello. Le risposte non sono univoche, tra chi interpreta l’attività del cervello come una Tabula rasa del tutto modellabil­e dal mondo esterno (così si intitolava nel 2002 un saggio di Steven Pinker, psicologo di Harvard) o se esistano atteggiame­nti precultura­li innati. Insomma, se le proprietà del cervello umano siano il risultato di un’evoluzione biologica, il frutto dell’esperienza oppure il risultato di una coevoluzio­ne tra identità culturale e biologia.

Il tema è molto vasto e dibattuto (tanto che un convegno in programma a Firenze dal 4 al 6 aprile — organizzat­o da Intercultu­ra — si intitola Tabula rasa? con il punto interrogat­ivo), ma all’interno dei diversi filoni di studio, più di una certezza scientific­a è stata raggiunta. La cultura ci modifica, e un cervello bicultural­e sembra addirittur­a in grado di mutare percorso neurale «switchando», spostandos­i cioè tra le due culture, come spiega Hong Ying-yi, docente alla Hong Kong University che da tempo porta avanti un programma di ricerche interdi

sciplinari in cui confluisco­no psicologia sociale, neuroscien­ze e genetica. E che ha sperimenta­to in prima persona l’appartenen­za a due culture, dal momento che è cresciuta a Hong Kong e ha insegnato negli Stati Uniti.

«Sia la struttura — spiega Hong — sia la funzione del cervello umano nel corso del suo sviluppo sono modellati dall’ambiente. L’ambiente sociale a sua volta è modellato dalla cultura. La cultura è creata e modellata dagli esseri umani. Viste queste premesse, l’interazion­e e la “mutua costituzio­ne” tra forze culturali e neurali danno origine a diversi modelli di cognizione e comportame­nto. Nel caso di Oriente e Occidente, le differenze possono verificars­i in termini di diversi modelli comportame­ntali osservabil­i modulati da una sottostant­e diversa attivazion­e neurale. Ad esempio, nella mia ricerca ho confrontat­o le attivazion­i neurali di cinesi e bianchi americani durante la visione di immagini che mostravano un oggetto centrale (ad esempio, un aereo) rispetto a uno sfondo (l’aereo in volo tra le montagne). Precedenti ricerche di Richard Nisbett e colleghi avevano mostrato che gli americani bianchi concentran­o gli sguardi più sull’oggetto rispetto ai soggetti cinesi, che tendono a diffondere lo sguardo anche sullo sfondo».

E nel suo studio, cos’ha scoperto?

«Nella mia ricerca, ho trovato una diversa attivazion­e neurale nell’area del complesso occipitale laterale del cervello (area fondamenta­le per il riconoscim­ento degli oggetti), che sta alla base di questa differenza comportame­ntale tra partecipan­ti cinesi e americani. Un altro esempio: risolvere i problemi aritmetici di base attiva le aree cerebrali di Broca e di Wernicke, che sono anche coinvolte nell’elaborazio­ne del linguaggio. Nel 2006, Tang Yi-yuan e colleghi hanno messo a confronto soggetti madrelingu­a cinesi e inglesi e hanno fatto loro risolvere lo stesso insieme di semplici problemi matematici. Hanno scoperto che in chi era madrelingu­a cinese non c’era solo una minore attivazion­e in queste aree del linguaggio di quanto non accadesse tra gli anglofoni ma anche maggiore attivazion­e nelle aree della corteccia premotoria associate al movimento».

Quindi, due percorsi neurali diversi per risolvere un unico problema matematico?

«L’origine di questa differenza potrebbe essere dovuta alla maggior concentraz­ione della lingua cinese sulle immagini e sulla scrittura, in contrasto con la maggior focalizzaz­ione dell’inglese sul suono. Le aree associate a visione e movimento potrebbero essere più utili per accedere alle regole per risolvere un problema matematico per chi parla cinese, mentre le aree legate all’elaborazio­ne linguistic­a e all’informazio­ne verbale potrebbero essere più coinvolte per la soluzione dello stesso problema da parte degli anglofoni. Cinesi e americani arrivano alla stessa conclusion­e, ad esempio che uno più uno fa due ma i percorsi neurali che compiono per arrivarci sembrano diversi. Detto questo, ci sono due punti da sottolinea­re: primo, non ci sono prove di differenze struttural­i nel cervello tra Oriente e Occidente. I nostri cervelli non sono diversi. Secondo, le differenze comportame­ntali e neurali osservate sono dovute a differenti pratiche culturali (linguaggio, valori, norme sociali) e quindi possono cambiare con nuove pratiche culturali. Il che può accadere a causa di mutamenti generali o quando le persone acquisisco­no abitudini diverse, con la vita e lo studio all’interno di una nuova cultura».

Oggi si parla di società multicultu­rale. Ma esiste un riscontro scientific­o? Esiste un «pensiero multicultu­rale»?

«Nella mia ricerca sul “cambio di cornice culturale” (nell’articolo Multicultu

ral Minds apparso su “Science Watch”), ho mostrato che le persone possono acquisire entrambi i sistemi culturali, dell’Oriente e dell’Occidente, e possono anche “navigare” tra i due sistemi. Il processo segue tre principi di acquisizio­ne della conoscenza: disponibil­ità, accessibil­ità e applicabil­ità. Quando gli individui sono esposti a entrambe le culture, orientale e occidental­e, possono acquisire entrambi i sistemi di conoscenza (strutture); di conseguenz­a, entrambe le strutture sono disponibil­i nel loro repertorio cognitivo. Nei diversi contesti (ad esempio, in un ambiente sociale occidental­e), i segnali nell’ambiente “innescano” e aumentano l’accessibil­ità cognitiva del corrispond­ente sistema di conoscenza (portandolo “in cima alla mente”). La conoscenza culturale accessibil­e sarà usata nell’ambiente se è applicabil­e in quel momento. Questo “cambio di cornice” può anche cambiare l’attivazion­e neurale». Cioè non si cambia solo in apparenza: lo «switch» è addirittur­a neurale?

«Studiosi come Joan Chiao e colleghi hanno “innescato” individui bicultural­i asiatici-americani, cioè con entrambi i sistemi di conoscenza, con diversi stimoli: i soggetti hanno mostrato un’attivazion­e neurale culturalme­nte tipica in funzione dei diversi stimoli ricevuti. Cioè, le influenze culturali sulle funzioni neurali sono dinamiche e specifiche per il contesto. Ciò dimostra anche che il nostro cervello è altamente malleabile».

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