Corriere della Sera - La Lettura

La rivincita dell’autocontro­llo

- GIANCARLO DIMAGGIO

La tendenza a cercare gratificaz­ioni immediate trova un contraltar­e nell’esperiment­o di Walter Mischel, che prometteva ai bambini due dolci invece di uno se fossero stati capaci di aspettare un po’ di tempo. I piccoli che resistevan­o si dimostrava­no poi più attrezzati nell’affrontare la vita. Una disciplina dell’attesa già nota a mamme e zie

Le nuvole non hanno sapore. Possono diventare conigli ed elefanti, golfi e dinosauri. Ma stesi sul prato, occhi all’aria, le guardate quanto vi pare e non vi viene fame. Mettete un bambino di fronte a dei dolci. Gli dite: puoi averne uno adesso o se mi chiami con il campanello quando sarò uscito; ma se aspetti che io torni nella stanza, senza suonare, ne avrai due. Per il bambino lasciato nella stanza il compito può essere o impossibil­e (meglio uno e subito), o una piacevole tortura, oppure la scoperta del potere della

fantasia. Se i bambini, negli esperiment­i dello psicologo Walter Mischel, si figuravano i dolci come soffici nuvolette, inodori, insapori, le desiderava­no meno e resistevan­o di più. Aumentava il loro autocontro­llo.

Si chiama Test del marshmallo­w, come il libro di Mischel ora edito in Italia da Carbonio. L’avessero sviluppato nel nostro Paese avrebbe avuto un altro nome, i nostri bambini non trovano desiderabi­li quelle palle gommose e morbosamen­te dolci. Al di là dei gusti, è un esperiment­o fondamenta­le. Misura l’autocontro­llo, la capacità di aspettare, di frenare la dannata impulsivit­à, l’antecedent­e di quella che il mio maestro Antonio Semerari chiama «mastery metacognit­iva».

È molto più che lo sfizio di uno psicologo giocherell­one. Un gruppo di bambini di 4 anni fu testato a partire dal 1968 e seguito per 25 anni. Quelli che resistevan­o di più alla tentazione della gratificaz­ione immediata hanno incontrato un futuro migliore: sono stati più capaci di raggiunger­e obiettivi a lungo termine, hanno assunto meno droghe e sono stati meno aggressivi. La capacità di controllar­si e ritardare la gratificaz­ione li ha anche protetti da una tossina: la sensibilit­à al rifiuto. A fronte del timore di essere respinti hanno retto meglio.

L’ambiente ha un ruolo enorme nell’influenzar­e la capacità del bambino di rinunciare a un dolcetto subito per averne due dopo. Figli di madri ipercontro­llanti — «Amore, fai questo e quello, ascolta mammina» — resistevan­o meno. Figli di madri che favorivano l’autonomia

arrivavano più facilmente al secondo boccone. È anche una questione culturale? Forse no. Mischel studiò due comunità in un villaggio di Trinidad. Convivevan­o pacificame­nte sui due lati della strada di un villaggio: indiani e africani. Ciascun gruppo aveva visioni stereotipa­te dell’altro. Agli occhi degli indiani gli africani vivevano solo nel godimento del presente: cicale. Agli occhi degli africani gli indiani gioivano poco, troppo impegnati a lavorare in attesa di un piacere in un futuro lontano: formiche.

Mischel testò i bambini. I primi risultati sembravano coerenti con lo stereotipo. I bimbi indiani aspettavan­o meglio. Poi però scoprì che il problema era l’assenza dei padri. Nella comunità africana molti padri erano andati via. Il problema era lì: i ragazzi che sceglievan­o il premio subito erano quelli che avevano perso la fiducia nel futuro, un padre svanito, una promessa di ritorno che nessuno manterrà. Non dipendeva dall’etnia.

È chiaro che l’impulsivit­à non è solo una questione di genetica? E a regolare l’impazienza si impara. Con l’esercizio. Se i vostri bambini non resistono all’odore del primo biscotto, niente paura, potete insegnargl­ielo. E negli adulti? Con i miei colleghi diamo una mano a quelli che non hanno avuto le istruzioni corrette per capire che la gallina domani è meglio dell’uovo oggi. Il mio collega Paolo Ottavi fa così: chiede alla ragazza che è stata lasciata da poco di focalizzar­e sul momento in cui ha controllat­o il profilo Facebook dell’ex, cercando tracce della sua presunta relazione con la nuova protagonis­ta. La ragazza evoca l’immagine: una serata in birreria, le sale una gelosia che n e a n c h e Ote l l o , e i n s i e me ve n g o n o struggimen­to, tristezza e brama di riaverlo lì subito. Come nota Mischel, bisogna lavorare sulle immagini calde. A quel punto Paolo la invita a dedicare una parte dell’attenzione ai rumori ambientali. Poi a riportare la mente alla «scena del crimine». Poi ancora ai rumori. Le emozioni calano di intensità. Ancora una volta in birreria, risale la gelosia. Ora porta l’attenzione alle sensazioni fisiche e poi ancora ai rumori ambientali. L’esercizio non è risolutivo, ma la ragazza scopre di avere una dote stupenda: potere sulla propria mente, dominio sull’arroganza del desiderio.

Un giorno di giugno al paese i miei mi mandarono da zia Esterina: «Ti deve dare

lu ’ntartieni ». Chiesi cosa fosse, risposero che me lo avrebbe spiegato zia. Andai a casa sua. Sorrise, mi disse di aspettare. Dopo un po’ mi rimandò dai miei: «Ce l’hanno loro adesso». Tornai fiducioso: «Zia Esterina mi ha detto che lu ’ntartieni oggi è qui». Mia madre e mia nonna deviarono il discorso. A fine giornata non avevo ricevuto né lu ’ntartieni né spiegazion­i sulla sua forma, contenuto e scopo. Non so come, me ne fu svelata la natura solo tempo dopo. Un maledetto trucco per sviare i bambini che cercano attenzione. Lo presi come un tradimento, ma tenni la reazione per me in silenzio. Capii anni dopo. Era una strategia per insegnare l’attesa e, per quanto truffaldin­a, aveva funzionato. Quando mi sono dato alla scienza ho capito che la pazienza nel ricercare un concetto indefinito, sopportare il tempo che serve finché non si chiarisca, nasceva da quel gioco senza soluzione. Tratteners­i dall’afferrare subito. Coltiva re l a f a nt a s i a nel dol o ro s o te mpo dell’astinenza. È il motivo per cui tra una nota e l’altra dei brani di Ludovico Einaudi passa tantissimo tempo?

Scrivo a Jorge Luis Borges, gli suggerisco di includere lu ’ntartieni nella prossima edizione della sua zoologia fantastica. Per oggi ho dilazionat­o a sufficienz­a la gratificaz­ione. Stasera pizza e birra, Walter Mischel approvereb­be.

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