Corriere della Sera - La Lettura

Senti le lucciole? È la voce di Drake

Cortocircu­iti Uno è il capofila del genere «urban», viene dal Canada, mescola sonorità e riempie arene L’altro è italiano, autore e produttore, ed è volato a Londra per ascoltarlo (e scriverne per «la Lettura»)

- Da Londra CHARLIE CHARLES

Agiugno dell’anno scorso la mia etichetta discografi­ca, la stessa di Drake, mi chiede un video per una campagna di lancio di Scorpion, il disco che ha battuto ogni record. Non sono uno che fa uso di mille parole, perciò per me è stato naturale definirlo con «poco», senza dilungarmi: «Drake è un genio». Quel video divenne virale, uno dei più condivisi sul web. Passano 9 mesi e la mia etichetta mi invita a Londra — pochi giorni fa — ad assistere al suo concerto, e capita in un momento in cui io e il mio team viviamo un momento di grande entusiasmo. Per chi vive di questa musica e di questo sound, Drake è da sempre un sogno, l’Artista con la A maiuscola che riesce a essere quello che ogni artista vorrebbe essere. A Drake si concede tutto, può fare tutto, può cantare, può rappare, può ballare, può recitare. Lui può. Ed è il motivo per cui anche in Italia tanti hanno capito che la melodia in brani urban può diventare vincente. Quando si chiede a qualsiasi artista urban la collaboraz­ione dei sogni la risposta è sempre: Drake.

Questo è un periodo magico per l’urban in Italia, è discusso come non mai, nel bene e nel male, domina le classifich­e, propone nomi nuovi, ne cancella alcuni vecchi, mette sempre più piede nelle radio, scatena polemiche. A me è sempre interessat­o altro, però, e cioè produrre musica e andare anche al di là. Oggi c’è la scelta che si cercava da tempo, grazie anche allo streaming, che ha trasformat­o le regole del gioco.

Io rappresent­o questa nuova generazion­e, quella dell’ascolto liquido, quella del pezzo chiuso il lunedì e pubblicato il venerdì seguente. È stato Drake ad aprire la strada, sconvolgen­do ogni tipo di strategia, pubblicand­o pezzi su pezzi, dischi su dischi (a volte anche due in un anno), cose che non si vedevano da tempi in cui nemmeno ero nato, così mi dicono. Per me tutto ciò ora è normale, la gente sente un pezzo il venerdì e lo ascolta talmente tante volte che ne vorrebbe uno nuovo la settimana successiva...

Drake ha ispirato direttamen­te anche chi è dietro le macchine o il banco, come si dice. Come me. I suoi dischi sono pieni di citazioni e campioni, sono frutto di una ricerca di suoni e di influenze assurde, che a volte possono spaziare dall’urban del passato al pop, dalla bossa nova al rock. Se penso a un pezzo come Passionfru­it rimango affascinat­o dall’uso di

colori impensabil­i per quello che sulla carta dovrebbe proporre uno come lui. La stessa cosa vale per One Dance, credo forse la sua hit più importante, su un campione reggae che avrei voluto lavorare io. Started from the bottom è un anthem (un inno) per chiunque si innamori di questa musica: credo di aver sentito negli anni pezzi su pezzi ispirati a un brano ormai diventato un classico del genere, soprattutt­o per la metrica con cui si mettono insieme le rime e la parte strumental­e.

Il viaggio che mi porta a Londra ha una sola colonna sonora: ho salvato la This is di Spotify sul telefono e sono giorni che ripasso, come fosse una lezione... Qualche mio amico mi ha anche svelato qualcosa sulla scaletta ma non sono un grande fan del concerto di cui sai già tutto. La O2 Arena, ex Millennium Dome, è enorme, un mini villaggio che sorge sul meridiano di Greenwich con una serie di attività intorno che contribuis­cono a far sì che si vada lì a godersi l’atmosfera già dal tardo pomeriggio. In un contesto di questo tipo, con un artista-imprendito­re così, non sorprende un intero negozio dedicato al merchandis­ing, forse l’unico punto un po’ deludente della giornata che poi andrò a vivere. Tutto ciò che si sviluppa attorno alla propria musica è un altro grande aspetto al centro del Drake businessma­n, fonte di ispirazion­e per molti.

Il concerto a cui assistiamo è il primo di una serie in città, si respira l’aria del grande evento, è la mia prima volta a uno show di queste dimensioni. Spettacolo imponente: palco al centro dell’arena, Drake irrompe all’interno di una gabbia composta da un telo su cui vengono proiettati visual sognanti, che non potevano ovviamente non comprender­e uno scorpione, simbolo del disco più recente.

La scaletta è impression­ante, sono 42 pezzi che si alternano in forma completa o anche solo accennati, ma ci sono tutte le hit: da quelle più urban, come Started from the Bottom, Energy, a quelle più pop che sono finite in programmaz­ione anche nelle radio italiane, Passionfru­it, Controlla, One Dance, Hotline Bling, Fake Love, In My Feelings con il tormentone: « Kiki, do you love me? ». Eclettico in maniera quasi maniacale, non lascia fuori nemmeno pezzi in cui è comparso solo come ospite ( Work con Rihanna, Mia con Bad Bunny, Walk It Talk It dei Migos, Sicko Mode di Travis Scott). Tutto è accompagna­to da effetti speciali scenici pazzeschi, sulla carta da fantascien­za, in realtà anche molto semplici. Se una Ferrari gialla — incredibil­e a vedersi — vola nell’arena, è singolare vedere come perle visive siano in realtà frutto di una piccola idea, come ad esempio piccolissi­mi droni che si innalzano su Elevate e si trasforman­o in lucciole che invadono e illuminano il palco.

Drake è a continuo contatto con il pubblico, si muove come se il palco fosse un ring, lo stesso che nell’ultima parte dello show si trasforma in un campo di basket tracciato da neon. Lui, canadese di Toronto che si definisce cittadino di Londra acquisito, è in grande forma, lo si vede dal modo in cui coinvolge tutt’e quattro i lati dell’arena. La dichiarazi­one d’amore per Londra si conferma quando cominciano ad arrivare sul palco gli ospiti, Tory Lanez, l’inglese Giggs, la star Future. La chiusura è affidata a God’s Plan e, nell’emozione generale, Drake annuncia che non vede l’ora di tornare in studio per avviare un nuovo disco e poter programmar­e un nuovo tour nel 2020.

Ci risiamo. Instancabi­le, è ancora lì a indicare la direzione di un mercato al mondo intero. E io torno in studio, con più stimoli di prima.

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