Corriere della Sera - La Lettura

Ritratto dell’imperatore effimero e calunniato

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Marco Didio Severo Giuliano — un busto del quale (nella foto), valutato tra 1,2 e 1,8 milioni di dollari, andrà all’asta da Christie’s a New York il 29 aprile — era figlio di un nobile insubre di Milano e di una nordafrica­na. Fu imperatore di Roma da marzo a giugno del 193 d.C., anno che vide ben cinque Cesari. Intrapresa la carriera politica, si distinse per successi militari, in Germania, Belgio e Dalmazia, e per onesta amministra­zione in Italia, fino ad ottenere il consolato. L’imperatore Commodo, geloso, lo accusò di complotto, ma non riuscì a eliminarlo. Dopo il breve regno e

l’assassinio di Pertinace, Didio Giuliano ascese al trono, ma cadde a causa della ribellione dell’esercito in Siria, sotto il comando di Settimio Severo. Nonostante le capacità fu inviso al popolo, che diffuse la voce che alla morte di Pertinace avesse festeggiat­o con ostriche e pesci: pare che invece fosse parsimonio­so. Inoltre gli si rimprovera­va «che era un goloso, un giocatore di dadi, che aveva la passione di fare il gladiatore, tutte abitudini prese in età molto avanzata, mentre in precedenza, da giovane, non si era mai macchiato di tali vizi. Gli veniva inoltre rinfacciat­o di essere superbo, mentre in realtà egli anche da imperatore fu persona assai modesta. Era del resto, al contrario, molto cordiale nei conviti, molto benigno nell’accogliere petizioni, veramente rispettoso della libertà altrui» ( Historia Augusta, 9).

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