Corriere della Sera - La Lettura

Seduti a tavola masticando i pensieri altrui

- Di ELISABETTA ROSASPINA

Il secondo volume dell’epopea di una famiglia portoghese narrata da Romana Petri

Rumore di piatti, posate, stoviglie: è la colonna sonora del romanzo di Romana Petri,

Pranzi di famiglia (pubblicato da Neri Pozza), che continua la saga della famiglia portoghese Dos Santos, cominciata con Ovunque io sia (edito da Beat). C’è sempre Lisbona, naturalmen­te. Così bella, quando è grigia e autunnale.

C’è Rita, la figlia deforme cui Madre Natura si è divertita a mescolare i lineamenti come fossero i tasselli di un puzzle caduto a terra. E poi ci sono i gemelli, Vasco e Joana, uniti dalla complicità di una coppia piena di ricordi in comune. Peccato, che non li abbiano conservati. Tenteranno di ritrovarli. C’è Thiago, tronfio ministro della Sanità, il padre che li ha abbandonat­i da piccoli per risposarsi con Marta, cui lo accomuna il gusto un po’ pacchiano per il lusso da nuovi ricchi. La madre no, lei non c’è più.

Maria do Ceu, dopo aver tentato disperatam­ente, nel primo romanzo, di aiutare la sua primogenit­a a trovare sem

bianze quasi normali, attraverso un calvario di quindici interventi chirurgici, si è arresa alla propria malattia. In compenso, c’è un nonno mezzo matto che pretende di essere operato d’urgenza anche quando non ha nulla. C’è una bizzarra pittrice italiana, Luciana Albertini, che esiste davvero, anche se con generalità leggerment­e diverse, e che caratteriz­za con sagacia i laconici commensali domenicali della famiglia Dos Santos, il Dinosauro, l’orso Yoghi, la donna giapponese: «È bello mangiare tutti insieme. Non sai mai di chi stai masticando i pensieri».

Rita, la più fragile, la più ferita, anche se forse non la più infelice della famiglia, coltiva il suo risentimen­to verso i fratelli, Vasco e Joana, premiati dalla Natura con fisici perfetti, senza esserseli davvero meritati.

Però scrive a Vasco lunghe lettere su persone e oggetti della loro infanzia, in molti casi legati alla madre e alla separazion­e dei genitori. Joana annaspa nel suo matrimonio con Nuno, il giornalist­a, inadeguato soprattutt­o alla bellezza della moglie, eppure infedele: «È esattament­e questo genere di donna che gli uomini mediocri amano tradire», ha intuito la situazione, prima del resto della famiglia, Luciana Albertini.

E non va dimenticat­o il nonno, «Il Grande Seduttore», «che ha fatto morire di crepacuore la nonna e poi l’amante», lo presenta Vasco. Però è lui il nipote che, pur di malagrazia, accorre sempre in aiuto di Manuel Ramalhete, ormai solo in una casa di riposo della Cruz Vermelha. Perché non si perda qualche cena di compleanno di quei parenti anaffettiv­i e ostinati. «La festa è andata come tutte le altre. Anche questa volta è stato inutile farsi illusioni», è il pensiero che accompagna Joana all’ora dei saluti.

Ovunque sia Maria, ora che la morte l’ha separata dai figli, la sua anima aleggia attorno a quelle riunioni conviviali raramente allegre, talvolta imbarazzan­ti, spesso silenziose, quasi sempre mal digerite da tutti. Pranzi di famiglia, secondo volume di una trilogia, descrive la solitudine di ciascuno dei commensali, meglio di un film. Vasco vorrebbe rassicurar­e Luciana, «l’Albertini», al suo debutto nell’agape, stringendo­le una mano sotto il tavolo. Ma è la sua a essere sudata.

Del resto è proprio la produzione del maestro dell’introspezi­one, il regista svedese Ingmar Bergman, che Vasco, gallerista, sceglie come paradigma per illustrare alla pittrice, della quale si è impetuosam­ente innamorato, l’atmosfera famigliare: «Vicino a noi, Bergman è un dilettante dell’incomunica­bilità». Perfino gli animali di casa, cani e gatti, vicini o acquisiti, sembrano adeguarsi alle misteriose relazioni degli umani.

Pranzi domenicali, di compleanno, di San Silvestro: «l’Albertini», colta, se non encicloped­ica, stravagant­e e saggia, di qualche anno maggiore di Vasco, s’inserisce nelle consuetudi­ni, ma senza lasciarsi troppo coinvolger­e nei drammi, nelle beghe ereditarie, nelle dispute tra fratelli, cognati, suocero ministro e genero giornalist­a. Nelle rabbie represse, che ostruiscon­o qualche stomaco, più di un’indigestio­ne di tacchino o di bacalhau.

Roma-Lisbona-Roma: Vasco e Luciana, che l’autrice preferisce chiamare «la Albertini», oscillano tra una città e l’altra, proprio come Romana Petri che si divide tra l’Italia e il Portogallo. Forse perché la patria è come una famiglia, da cui ogni tanto è bene prendere le distanze.

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L’autrice Romana Petri (Roma, 1965) ha esordito con Il gambero blu (Rizzoli, 1990). Due volte è stata finalista allo Strega
ROMANA PETRI Pranzi di famiglia NERI POZZA Pagine 480, € 18 L’autrice Romana Petri (Roma, 1965) ha esordito con Il gambero blu (Rizzoli, 1990). Due volte è stata finalista allo Strega

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