Corriere della Sera - La Lettura
La voce è l’anima del Rinascimento nero
Dal più fosco dei Rinascimenti Giorgio Battistelli ha recuper a to l a v i ce nda di Beat r i ce Cenci, due volte vittima nella Roma del Cinquecento, ribellatasi a un padre stupratore per passare a un’ingiusta e crudele punizione papale. Fonte dell’opera sono I Cenci di Antonin Artaud (1935), manifesto di una crudeltà a teatro e del teatro divenuta ispirazione per tutti i «contro» del secondo Novecento, da Jerzy Grotowski al Living Theatre, da Peter Brook a Carmelo Bene. Battistelli completò partitura e truculento libretto nel 1997 per l’Almeida Opera, tempio del teatro off londinese; dapprima in inglese, poi in tedesco e francese in giro per l’Europa. Il 26 maggio, per una sola sera, LuganoInScena e il Conservatorio della Svizzera italiana presenteranno al Lac una nuova produzione de I Cenci, per la prima volta in italiano. In scena ci sarà anche Roberto Latini nella parte terribile del Conte, per un lavoro in bilico tra l’opera e il melologo, senza voci impostate ma con gli attori che si uniscono, in battuta, ai suoni dell’ensemble strumentale e dell’elettronica.
Una storia di sangue che ha stimolato illustri fantasie teatrali e letterarie: Shelley, Stendhal, Dumas padre, in Italia Moravia. Perché ha scelto proprio Artaud?
«Era dai tempi dell’università che volevo approfondire la sua riflessione sul teatro, sulla voce amplificata, sul microfono come protesi per arrivare a ciò che sfugge al nostro sistema uditivo. Nella sua follia, Artaud pensava di poter usare i microfoni per accedere ai suoni più nascosti dell’organismo: microsuoni prodotti dal cuore, dai polmoni e da tutti gli organi interni