Corriere della Sera - La Lettura
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La quarantacinquenne europeista e liberale Zuzana Caputová è stata eletta presidente della Slovacchia il 31 marzo: per la prima volta c’è una donna alla testa dello Stato, il risultato è un terremoto. Un’ulteriore pesante sconfitta per la debole coalizione di governo scossa da molti casi di corruzione, oltre che una sorpresa per le forze filodemocratiche. La sua vittoria è anche un segno del lento risveglio di una nuova e più esigente società civile in Slovacchia. Con questo successo potrebbe garantire al suo partito, Progresívne Slovensko — nato soltanto due anni fa e non
ancora rappresentato in Parlamento — una spinta alle elezioni europee di sabato 25 maggio.
Caputová vuole infatti motivare la popolazione e spingerla a votare alle elezioni europee. Nel 2014 la Slovacchia ha registrato, con il 16,7%, l’affluenza più bassa. Un segnale di grandi cambiamenti? Mi sento di mettere in guardia contro le troppe aspettative positive nell’Europa centrorientale. Per anni populisti conservatori o la nuova destra hanno governato senza alternative: una reazione, questa, alle politiche neoliberiste, al dominio incontrollato dell’oligarchia e alla devastazione di gran parte dell’economia negli anni Novanta. L’unica garan