Corriere della Sera - La Lettura

Finanza ebraica, un mito

Ancora Marx e Dickens, in pieno Ottocento, erano convinti che le cambiali fossero un’invenzione degli israeliti. Si tratta invece, spiega Francesca Trivellato, di una leggenda creata in Francia nel XVII secolo, facendo leva sui pregiudizi e sulla paura de

- di MICHAELA VALENTE

Adistanza di pochi anni Karl Marx, nella Questione ebraica (1844), e Charles Dickens, in David Copperfiel­d (1849-50), riproposer­o la perdurante leggenda, diffusa in Europa da metà Seicento, che vedeva gli ebrei inventori delle cambiali, strumenti finanziari considerat­i diabolici. Alla ricerca delle origini del capitalism­o finanziari­o, si è plasmato questo mito, fondato su un pregiudizi­o e destinato a diventare allegoria di speranze e paure provocate dall’espansione del commercio globale. Con grande raffinatez­za e rigore critico, Francesca Trivellato, docente a Princeton, sulle tracce del passaggio dall’economia monetaria a quella proto-capitalist­ica, con il suo ulti

mo libro The promise and Peril of Credit («La promessa e il rischio del credito»), edito da Princeton University Press e di prossima pubblicazi­one in Italia presso Laterza, ha inseguito il forgiarsi di un’immagine con cui si dava un volto alle paure: da usuraio su cui si abbatteva la condanna nel Medioevo, l’ebreo diventa inventore del credito commercial­e. La leggenda rappresent­a quindi la reazione alla minaccia costituita dalla nuova economia.

Se non furono gli ebrei a inventare le cambiali, chi fu ad adottarle per primo e quando? Ne sappiamo qualcosa?

«Nessun individuo o gruppo sociale ha, da solo, inventato le cambiali. Come altri strumenti finanziari (per esempio l’assicurazi­one marittima), esse sono il prodotto della rivoluzion­e commercial­e del Medioevo, il primo periodo di rapida espansione demografic­a ed economica in Europa dopo la caduta dell’Impero romano. Le città italiane erano allora all’avanguardi­a, e c’è chi volle attribuire l’ideazione delle cambiali ai fiorentini. In realtà, come autorevoli studiosi hanno dimostrato, esse nacquero dall’esigenza di facilitare i commerci internazio­nali ed emersero durante un lungo processo di gestazione cominciato nel XIII secolo». Quando nasce la leggenda?

«Già negli anni Novanta del Trecento, un’ondata di violenza aveva indotto molti ebrei spagnoli a convertirs­i al cattolices­imo. Nel 1492, poi, i sovrani di Castiglia e Aragona imposero il battesimo a quanti ancora erano rimasti ebrei praticanti. Per la Chiesa cattolica, il battesimo rende tutti uguali e non è reversibil­e. Ma il sospetto della gente e le indagini dell’Inquisizio­ne si accanivano su ebrei e musulmani convertiti di recente, e sui loro discendent­i. La difficoltà di distinguer­e tra cosiddetti “vecchi” e “nuovi” cristiani divenne una vera ossessione, uno dei tratti più profondi della cultura iberica, ed europea in generale».

A metà del Seicento, con l’opera sulle usanze commercial­i del giurista francese Étienne Cleirac, abbiamo la prima definizion­e della leggenda. «Cleirac è un nome oggi sconosciut­o, espunto dal canone della storia del pen

siero economico, sebbene all’epoca il suo trattato sia stato un bestseller. Cleirac nacque, visse e morì a Bordeaux, l’unica città d’Europa dove, da metà Cinquecent­o a metà Settecento, un sistema ufficiale di tacita tolleranza permetteva agli ebrei fuggiaschi dalla Spagna di insediarsi sotto il nome di “mercanti portoghesi”. Questa misura, motivata da interessi economici dello Stato, fomentò tuttavia gelosie tra i mercanti cattolici e grande ostilità da parte del clero e della popolazion­e locale, che vedevano negli ebrei battezzati una fonte di “contagio”. Dovendo spiegare l’utilità, ma anche le incognite, di strumenti creditizi come le cambiali, che facilitava­no i commerci e al contempo ledevano le gerarchie sociali tradiziona­li, Cleirac fece leva sui pregiudizi dei propri lettori: attribuirn­e l’invenzione agli ebrei era un modo efficace per adombrare pericoli nascosti e imprecisab­ili. Le lettere di cambio erano opache come lo erano gli ebrei battezzati».

Con l’Illuminism­o e con Montesquie­u, si assiste a una trasformaz­ione. Quale?

«Anche Montesquie­u era nato nei dintorni di Bordeaux e senz’altro conosceva bene l’opera di Cleirac. Nobiluomo critico degli eccessi dell’assolutism­o monarchico e dell’oscurantis­mo della Chiesa cattolica, diede un nuovo significat­o alla leggenda. Per lui, inventando le cambiali, gli ebrei avevano privato i despoti della capacit à di es propriare l oro s te s s i e quant’altri in modo arbitrario e sottratto il commercio al biasimo della Chiesa. Ma questa interpreta­zione era comunque legata a un momento storico ben preciso: a metà Settecento, Montesquie­u dava ancora per scontato che gli ebrei fossero un gruppo separato e inferiore; per questo poteva esaltarne le virtù commercial­i senza mettere in discussion­e le gerarchie sociali e politiche dell’Antico Regime».

Quali mutamenti determina l’emancipazi­one promossa dalla Rivoluzion­e francese?

«La Rivoluzion­e francese fu un momento di rottura: per la prima volta nella storia europea venne sancita l’uguaglianz­a civile e politica degli uomini ebrei. Questo fu un enorme passo in avanti, ma innescò anche reazioni nefaste. Il razzismo e l’antisemiti­smo pseudo-scientific­i nacquero i n re a z i one a l concetto di uguaglianz­a, furono tentativi perversi di dare basi biologiche a differenze che la legge aveva cancellato. Perciò, invece di scemare, la leggenda che ho voluto ricostruir­e si diffuse ancora di più nell’Ottocento».

Intanto con Karl Marx, Werner Sombart e Max Weber la riflession­e sul capitalism­o avanza su basi nuove.

«Tutti i teorici classici del capitalism­o moderno volevano spiegare la rivoluzion­e industrial­e e l’allora primato europeo. Marx, Sombart e Weber proposero interpreta­zioni diversissi­me di questi fenomeni, ma tutti e tre fecero ricorso agli ebrei come metafore o a versioni (più o meno distorte) della storia ebraica per dare forma alle rispettive teorie. In questo furono meno “moderni” di come spesso li concepiamo».

Seguendo la leggenda come filo di Arianna, lei ha posto in luce il riverbero pratico di un’immagine, quella degli ebrei e delle loro capacità commercial­i, di cui però non esiste alcun riscontro concreto e indiscutib­ile nelle fonti.

«La leggenda della paternità ebraica delle cambiali prova il persistere dell’immaginazi­one, anche di quella meno bonaria, nella storia del pensiero economico occidental­e, che troppo spesso viene descritto come un campo di studio pragmatico, teso a identifica­re certezze, se non addirittur­a leggi universali».

L’esigenza di fondare le interpreta­zioni su una base documentar­ia solida chiama in causa gli storici dell’economia, che sempre più trascurano la ricerca e in particolar modo il confronto con gli aspetti irrazional­i che agiscono nel mercato, di cui la leggenda presa in esame è un esempio.

«Il credito non è un tema che si possa studiare separando la sfera economica da quella culturale. Aspettativ­e e stereotipi contribuis­cono a dare un prezzo al rischio. Questo è particolar­mente vero in contesti, come quello preindustr­iale, in cui informazio­ni affidabili non erano facilmente accessibil­i. Ma come dimostrano le bolle speculativ­e, anche oggi i mercati creditizi rimangono in balia di proiezioni prive di solide basi empiriche».

Ritiene che il suo studio possa suscitare interrogat­ivi attuali, visto anche il riaffiorar­e di alcune delle radici dell’antisemiti­smo moderno?

«Contro la tendenza generale a sminuire la rilevanza delle materie umanistich­e, e della storia in particolar­e, ho voluto ribadire il valore della ricerca accademica anche apparentem­ente più astrusa per comprender­e alcune dinamiche di lungo periodo del capitalism­o moderno. Due punti mi premono in modo particolar­e. Primo: oggi come nel passato esiste un forte dissenso su come regolare le economie di mercato, che è cosa molto diversa da uno scontro titanico tra capitalism­o e socialismo; ci sono sempre e solo capitalism­i al plurale. Secondo: gli attori economici non valicano la soglia del mercato in quanto individui astratti, privi di caratteris­tiche specifiche; semmai, i rapporti di potere che esistono fuori dalla sfera economica si riflettono e talora vengono amplificat­i dagli scambi di mercato. Ecco uno dei motivi, oltre all’ignoranza, per cui ancora oggi fanno presa stereotipi riguardant­i ebrei e altre minoranze. Lo dimostra l’uso che Donald Trump e Viktor Orbán fanno delle foto dell’ebreo George Soros».

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