Corriere della Sera - La Lettura
L’essenza dei nostri organetti: un profumo da annusare ogni volta
Massimo Castagnari costruisce organetti con l’azienda di famiglia da tre generazioni, a Castelnuovo, contrada di Recanati, città d’arte e di poesia. Il suo racconto è poetico: «Da bambini noi fratelli cercavamo giocattoli e nostro padre ci portava a bottega, “venite qui e fate tutto quello che volete!”. Costruivamo giochi, automobili, carretti, in legno. Così ci siamo trovati all’età giusta per lavorare che già conoscevamo il mestiere». Castagnari è un
marchio conosciuto nel mondo, tra i musicisti. «Ero bambino quando venne da mio padre il cantautore Georges Moustaki a comprare una piccola fisarmonica: per mezz’ora la tenne in mano, senza suonarla. Mi disse: “Non immagini il piacere che provo nell’accarezzare e sentire l’odore di questo strumento”. In quel momento ho capito che anche l’odore è importante». Ecco allora che «per costruire gli organetti usiamo legno di noce, ciliegio, acero, wengé, padouk: a strumento finito, lo puliamo con uno chiffon impregnato di essenze che pensiamo rappresentino l’anima dell’organetto: cera d’api, tabacco, miele. Chi acquista lo strumento ogni volta che apre l’astuccio torna a quel primo istante, rimane l’odore». Negli anni l’organetto si è conquistato un posto tra gli strumenti. «Molti — afferma Castagnari — lo reputano il parente povero della fisarmonica. Invece ne è l’antesignano, nato da uno strumento fatto non per suonare, ma per accordare ( accordeon); piano piano si è diversificato, trasformato. E oggi non si usa solo nel folk, ma in tutti i generi: in questo momento stiamo lavorando su strumenti particolarmente adatti alla musica barocca».