Corriere della Sera - La Lettura
IL FASCINO MALATO DEL SERIAL KILLER
Con oltre duecento omicidi, Henry Howard Holmes (1861-1896, curioso il cognome dono di Sherlock) è stato il primo serial killer americano tra il 1891 e il 1894. Oggi il cinema s’è impossessato di nuovo di questi personaggi patologici. Non si può non ricordare Psycho col suo complesso di Edipo e La casa di Jack, film di Lars von Trier, ingiustamente massacrato da una critica serial killer, in cui Matt Dillon teorizzava un’architettura dell’omicidio anche artigianale, una Bauhaus del sangue inutile e casuale.
In mezzo ci stanno Monsieur Verdoux di Chaplin e poi una valanga di esempi — dai serial killer avvolti nella fog londinese, come Jack lo Squartatore, agli assassini della Depressione
Bonnie e Clyde nel capolavoro di Penn, fino al Mostro di Firenze, passando dal Silenzio degli innocenti con la museruola di Hannibal-Anthony Hopkins.
Ora compare un serial killer americano molto popolare in patria, Ted Bundy, in un film a lui intestato ( Ted Bundy. Fascino criminale, nei cinema dal 9 maggio) in cui il regista documentarista Joe Berlinger parla appunto di fascino criminale. Fascino perché il cattivo è Zac Efron. Il film è duro, un thriller in cui il putridume interno (30-35 giovani donne uccise tra il 1974 e il 1978) si maschera nel più fascinoso dei modi perché Zac Efron è stato idolo teenager. Non si può mai stare tranquilli: anche lui è diventato un ottimo attore.