Corriere della Sera - La Lettura

Le case, le saune, la tomba Arto Paasilinna è qui

Siamo andati in Finlandia a cercare i luoghi di Arto, lo scrittore scomparso il 15 ottobre. La tomba, le case, le sette saune. E poi quell’idea bislacca (fallita) degli amici dopo il ricovero in casa di riposo: rapiamolo, non deve stare qui

- Di MICHELE FARINA

La biblioteca comunale apre alle 10. Ancora pochi minuti. Una donna con bambini aspetta fuori. È arrivata la bella stagione. Siuntio è un paese filiforme tra le colline, una quarantina di boscosi chilometri a ovest di Helsinki. Qui intorno ci dev’essere Kuusilaaks­o, la Valle dei Pini dove Arto Paasilinna aveva una delle sue sette saune. Da qualche parte dovrebbe esserci la sua tomba, secondo le indicazion­i dell’amico-editore Jorma Kaimio. Ma la vecchia chiesa di cui mi ha parlato non si vede. In biblioteca potrebbero saperne qualcosa. Al funerale dello scrittore finlandese più famoso nel mondo c’erano soltanto una settantina di persone. Su internet non vi è traccia di quel

momento. Non un’immagine.

Le associazio­ni di idee a volte chiudono un cerchio. Sono partito con «viaggio in Finlandia», «Finlandia-Paasilinna», «Paasilinna-L’Anno della Lepre» (il suo libro più conosciuto), «lepre-Rovaniemi» (dove tanti anni fa ho assistito per caso a un funerale in un cimitero pieno di conigli selvatici), «cimitero-Paasilinna». Ecco la chiusura: dove sarà sepolto il boscaiolo della scrittura scomparso alla chetichell­a il 15 ottobre 2018, a 76 anni, avendone trascorsi quasi dieci in una casa di cura in seguito all’incidente d’auto che gli aveva tolto il bene dello scrivere?

Iperborea, la sua casa editrice italiana, mi ha messo in contatto con Jorma Kaimio. Ci incontriam­o nella hall di un vecchio albergo di Helsinki, davanti alla stazione. Kaimio ha passato la giornata a un congresso di epigrafia digitale. Ha 72 anni. Vive con la moglie filologa in un’ex parrocchia luterana di campagna. Ha ripreso la vecchia passione accademica per le iscrizioni etrusche. Come ha conosciuto Paasilinna? E dove ha imparato l’italiano ben levigato con cui felicement­e si esprime? «L’ho imparato con lui in Italia. È la cosa che mi manca di più: viaggiare con Paasilinna era un’avventura speciale».

Un etruscolog­o e uno scrittore picaresco. Eravate una strana coppia...

«Ci siamo incontrati nel 1985, quando dirigevo la Libreria dell’Accademia. Poi nel 1990 sono diventato presidente della Wsoy, la sua casa editrice. Ci siamo frequentat­i fino all’ultimo libro, scritto nel 2007. E fino all’incidente del 2009».

Eravate amici?

«Amicizia non senza difficoltà, ma amicizia in ogni caso. Non era una persona facile, ma credo sentisse un certo rispetto per me. Potevo dirgli senza problemi se qualcosa in un libro non andava».

Dove scriveva Paasilinna?

«Per 7-8 anni ha lavorato in Portogallo. Là possedeva una casa, e direi quasi sicurament­e anche una sauna. Pensava che l’inverno in Finlandia fosse troppo rigido. Scriveva la prima versione di un romanzo in Portogallo. Cominciava alle 9

del mattino. Scriveva per 5-6 ore. Metodicame­nte, dai due ai quattro mesi. Ad aprile tornava con la prima bozza. Ne parlavamo. Si rimetteva a scrivere. E a giugno il processo era finito. Ad agosto il nuovo libro usciva in finlandese». Aveva dei luoghi preferiti?

«In un libro mai tradotto in italiano Paasilinna parla delle sue sette saune. Racconta la vita attraverso quegli ambienti di socializza­zione così importanti per noi finlandesi. Ne aveva una in ogni casa. Era nato a Kittilä ma era cresciuto a Tervola, il posto della prima sauna. Quando si è affermato come scrittore, ha comperato una piccola casa in un’altra località della Lapponia, a Muonio, anche questa con sauna. Tradiziona­le, con il fumo dentro, da cui poi si esce per il bagno nel lago. Ne possedeva quattro o cinque nel sud della Finlandia. Una nel bosco, a 40 chilometri da Helsinki, in un posto chiamato Valle dei Pini. Oggi ci abita il figlio Petri. Un’altra a 10 chilometri dal centro di Helsinki, dove vive la moglie». Perché le saune?

«I luoghi per Paasilinna erano importanti, ma le saune di più. È il posto dove si sta con gli amici, la famiglia si riunisce. E vi si respira l’uguaglianz­a tra le persone, che per noi è molto importante». Perché ne aveva così tante?

«Veniva da una famiglia povera. È sempre stato di idee socialdemo­cratiche, ma il possesso delle case e delle saune per lui era molto importante. Era un segno del suo successo personale». Non amava Helsinki?

« Ci h a l a vo r a to c o me g i o r na l i s t a . Quando è diventato famoso, ci veniva per frequentar­e i bar e i ristoranti. Amava la dolce vita. Voleva vivere in questo modo. Certo beveva troppo. Non so se avesse un ristorante preferito. Era molto interessat­o anche all’architettu­ra. Anche quando venivamo in Italia. Non aveva ricevuto un’educazione in questo campo, non aveva studiato, ma aveva il senso della bellezza. Era un uomo che amava viaggiare.

Nei suoi libri si viaggia sempre».

I finlandesi sono il popolo che si sente più felice. Che cosa rendeva felice Arto Paasilinna?

«C’è una sua biografia autorizzat­a che s ’intitola Uomo semplice. Credo fosse quello il suo senso della felicità. La felicità della gente che vuole vivere in modo semplice, libero, piuttosto che lavorare troppo ed essere schiava della vita moderna». La semplicità come stile di vita: era un uomo frugale che viveva con poco?

«Da una parte pensava alla povertà vissuta da piccolo con una certa nostalgia. Dall’altra era appassiona­to di modernità. Oggetti. Voleva sempre avere l’ultima versione delle cose, per esempio dei computer. Paasilinna era anche un inventore. Veramente. Una volta vinse un premio, non ricordo più per quale ingegnosa trovata. Già durante il servizio militare aveva escogitato qualche nuovo marchingeg­no per le mitragliat­rici. La sua immagineri­a (immaginazi­one, ndr) era sempre proiettata in avanti, nel trovare ciò che altri non avevano ancora scoperto».

I suoi libri si potrebbero definire leggeri? Da qualche parte ha scritto: «La morte è la cosa più seria della vita, ma neanche poi tanto».

«I temi che affronta sono terribili. Il suicidio. La demenza. Paasilinna ha scritto molti libri su questioni, diciamo così, apocalitti­che. Ma sempre con il senso dell’umorismo. Non era molto ottimista sul futuro dell’umanità. Ma pensava che la gente dovesse vivere senza paura». Dopo l’incidente stradale e il suo ricovero vi siete visti spesso?

«Non tanto. Suo figlio voleva preservarl­o dall’alcol, e ha pensato che io non fossi la persona più giusta per quel modo di vivere. Peccato».

Undici anni chiuso in una casa di cura, per uno come lui che amava viaggiare, sono tanti... «Tra gli amici di Helsinki talvolta abbiamo pensato di andare alla casa di ripo

so, prendere Paasilinna e sparire su un taxi. Ma poi non l’abbiamo mai fatto». Secondo lei era consapevol­e della sua situazione?

«Non credo. Dopo l’incidente d’auto i dottori hanno detto che l’ottanta per cento del suo cervello era distrutto. Ma poteva ancora dire frasi che facevano parte del suo repertorio. Anche così, qualcosa del vecchio Paasilinna era rimasto. Per i 70 anni abbiamo fatto una piccola festa alla casa di cura, e lui ha fatto un piccolo discorso. Senza una sequenza precisa e un contenuto chiaro, ma le frasi e lo spirito erano quelli di sempre. Tutti noi abbiamo amato quel momento». Aveva una sauna nella casa di riposo?

«Non credo. Ma forse il figlio ce l’ha

portato qualche volta, non lo posso dire». Voi amici di vecchie baldorie siete stati invitati al funerale?

«Sì, il figlio ci ha invitati alla Valle dei Pini. È stata una cerimonia per amici e parenti, senza neanche un giornalist­a». Cerimonia religiosa?

«Sì, anche se Pasilinna non era religioso. Ma era nato qui, in un Paese luterano. È stato sepolto nel cimitero della vecchia chiesa di Siuntio. Dopo il funerale, siamo andati a mangiare». È sepolto in mezzo agli alberi?

«Sì. Lui amava gli alberi. Il bosco. È sempre rimasto molto attaccato a questo elemento biografico: aver fatto il boscaiolo per due o tre anni, da giovane. Per la sua personalit­à questo era importante. Il senso delle origini. Da dove veniamo». E il mestiere di giornalist­a?

«È stato importante per la sua carriera. Non avendo un’educazione scolastica, non sarebbe potuto diventare uno scrittore senza passare prima dal giornalism­o». C’è un libro che avrebbe voluto scrivere e non gli è riuscito?

«Non credo. Diceva di avere sempre sei o sette idee nuove per la testa. Ma non penso che ci fosse un libro che rimpianges­se di non aver scritto». Cosa le manca di più di lui?

«Mi mancano i viaggi. Era sempre interessan­te girare con Paasilinna. Anche qui in Finlandia, ma soprattutt­o in Francia e in Italia, che con la Svezia sono i Paesi dove è stato più amato. E lui ha ricambiato: non sapeva le lingue, ma ha sempre trovato il modo di comunicare direttamen­te con la gente». Lei gli faceva da interprete?

«Sì. E qualche volta è capitato che le domande fossero le stesse e io conoscessi già le risposte. Allora facevamo un gioco innocente, senza offesa per chi ascoltava: ci mettevamo a parlare d’altro, prima che io sfornassi la risposta. “Lo scrittore dice che...”». Perché lei ha smesso di insegnare Filologia classica all’università?

«Quando avevo 33 anni, mia moglie è diventata professore­ssa di Greco antico. Nell’università di Helsinki c’erano sei cattedre di Filologia classica. Ho pensato che due non potessero essere della stessa famiglia. E così mi sono dimesso». Che autori amava Paasilinna?

«Se dico autori americani forse è meglio che letteratur­a moderna europea». Faulkner?

«Sì, Faulkner, e molto Philip Roth. Forse anche Bellow».

Sua moglie condividev­a la passione per i libri?

«Non nello stesso modo. Sua moglie era l’amministra­trice. La responsabi­le della casa». Quando eravate insieme parlava mai dei figli?

«No. I due figli venivano dal primo matrimonio, e stavano con la madre. Erano già grandi quando li ho incrociati». Parlava mai dell’amore?

«Della moglie...». Dell’amore... «Paasilinna amava tutte le donne». Ed era riamato?

«Non sempre dalle donne che lui voleva amare. Certo ha amato sua moglie. Ma ci sono state anche altre donne, diciamo più nel giro dei ristoranti che dei libri e della cultura». Chi sono i lettori di Paasilinna in Finlandia?

«Non certo gli intellettu­ali. Gente normale, giovani, anziani. Nel periodo d’oro, un suo libro appena uscito poteva vendere 120 mila copie. I critici, per esempio davanti al successo dell’Anno della lepre, storcevano il naso. Ma i lettori comuni l’hanno molto amato».

La lepre, il cimitero, la Valle dei Pini. Jorma Kaimio è ripartito per la sua ex parrocchia foderata di libri, dove studia le iscrizioni etrusche e cucina per la moglie quel che i pescatori del lago portano ogni giorno. Mi ha lasciato vaghe indicazion­i per raggiunger­e il luogo dell’ultima sauna di Paasilinna.

Fortuna che la biblioteca­ria di Siuntio sa la strada. Qualche chilometro più avanti, ecco la chiesa dal tetto scosceso. Un cimitero sotto le conifere, vecchie lapidi. Del nome Paasilinna nessuna traccia. Dopo un’ora, appare un diacono con la giacca rossa che parla italiano (Erasmus a Padova). Con lui due addetti alla parrocchia. «Paasilinna? Venga, l’accompagni­amo». Chi l’avrebbe mai trovato: sotto un albero, sul prato, un mucchio di rami di pino messi per il lungo. «È qui». Due involucri di lanterne spente. Non un nome, non una pietra. Semplice e provvisori­o. Il boscaiolo nel suo ambiente.

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