Corriere della Sera - La Lettura

Mi è rimasta mia figlia

- Di GIAMPIERO ROSSI

Franco Moreschi ha 55 anni, gli occhi azzurri, una corporatur­a massiccia, una figlia adolescent­e e — al momento — poco altro. Questo è ciò che possiede dopo che il mondo che si era costruito attorno ha iniziato a eclissarsi fino a diventare un altro. Nella sua prima vita non era ricco, ma aveva raggiunto un buon livello di benessere. Poi è diventato povero, trascinato sempre più giù da una sorta di inarrestab­ile slavina economica, iniziata una dozzina d’anni fa con la perdita del lavoro. E questa è la sua seconda vita, quella attuale. Fatta di lavori saltuari, faticosi e malpagati, di battaglie e sconfitte quotidiane per la casa, un sussidio, un prestito, una cassetta di frutta al mercato.

«A volte mi chiedo se quello di prima davvero ero io», dice con la voce stentorea ridendosi

un po’ addosso. E allora accende un’altra sigaretta, sposta la sedia in diagonale rispetto al tavolo, fissa un punto preciso della parete di mattoni rossi e inizia a scandire il racconto di quando aveva un appartamen­to di cento metri quadrati a Cusago, hinterland sud-ovest di Milano, auto aziendale parcheggia­ta lì vicino, una famiglia, alberghi e traghetti per le vacanze in Costa Smeralda. «Stavamo bene», commenta come se parlasse di altri.

Eppure quel tempo e quella vita non sono così distanti. Dodici primavere fa Franco Moreschi era un quadro della Motorola, colosso americano dell’elettronic­a. Era cresciuto in quel settore: istituto tecnico a Milano, studi accademici a Londra e poi il lavoro arricchito da una virata sul marketing. Nel 2007, quando quella sua prima vita sta per cambiare, è responsabi­le dei servizi alla clientela italiana, posizione da 180 mila euro lordi annui. Ma anche se non è ancora esplosa quella che passerà alla storia come «crisi del 2008», le cose sembrano mettersi male. E per questo motivo, nel marzo di quell’anno, un dirigente della multinazio­nale gli sussurra: «Dimettiti ora, così fai in tempo a prendere una buonuscita e a salvare il Tfr prima del disastro».

Moreschi è consapevol­e della situazione e accetta il consiglio, prende ventimila euro di bonus e si dimette. Ha poco più di 40 anni, confida nel suo curriculum e nei suoi contatti. «Pensavo: siamo in Lombardia, non sarà difficile ricollocar­si». Invece... Il problema è l’età: «Quando hai superato i 40 anni ti consideran­o un relitto». Nel frattempo lui, che sin da ragazzino è abituato a «fare qualcosa», si dedica alla

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