Corriere della Sera - La Lettura

Possession­i diaboliche in assenza del diavolo

- Di VITO TETI

Facevo la seconda media a Serra San Bruno (Vibo Valentia) e, nel giorno di Pentecoste del 1962, non andai a scuola. Con altri compagni mi recai alla vicina Certosa di San Bruno di Colonia e da lì raggiunsi a piedi Santa Maria del Bosco e il laghetto dentro il quale il santo si immergeva per pregare, la chiesetta che portava i segni del terremoto del 1783, una grotta dove il santo faceva penitenza. Fu attorno a questo luogo sacro, in cima a una breve gradinata, che vidi una folla urlante e, dentro alla grotta con una statua del santo, vidi la spirdàta che urlava, blaterava, mormorava parole incomprens­ibili, cercava di sollevarsi in alto, mentre i familiari tentavano di coprirla e tenerla ferma. Sentivo pena e sgomento: poi la donna si calmò, smise di agitarsi e, con i familiari e altre persone, andò a bagnarsi nel laghetto dove il santo sembrava attenderla. Era una delle ultime protagonis­te di un «dramma» che, in quegli anni, Ernesto De Martino aveva modo di osservare e descrivere come un «relitto» del passato, che andava conosciuto, ma superato. Nell’articolo del 1960 Pu

rificazion­e di giugno, poi pubblicato in Furore, simbolo e valore, De Martino diventava sorprenden­temente riduttivo e si limitava a spiegare, ricorrendo a categorie psicopatol­ogiche e storico-religiose, un fenomeno che richiedeva maggiore approfondi­mento.

Dieci anni dopo visitai una zia colpita da ictus e ricoverata nell’ospedale di Vibo Valentia. Nel lettino a fianco c’era una ragazza di Fabrizia, vicino a Serra San Bruno, che era in cura su consiglio dei monaci certosini cui si era rivolta e creava non pochi problemi. La giovane, mi confidò un medico, parlava lingue straniere, si sollevava dal letto fino al soffitto, urlava e doveva essere legata. Mi strinsi le spalle. Quelle anime inquiete, «possedute»,

spirdàte non trovavano più cura attraverso rituali, saperi e modelli che avevano funzionato per secoli e che adesso non venivano più eseguiti dai certosini se non in casi eccezional­i. Ogni tanto mi arrivava notizia di qualche

spirdàto che cercava guarigione bussando alla Certosa del santo di Colonia, ma i certosini li mandavano dai medici. Gli spirdàti a volte tornavano, come segnalava il «Giornale di Calabria» il 25 marzo 1992: un evento da cui Tonino Ceravolo prese spunto per scrivere uno dei più problemati­ci e documentat­i libri sulla possession­e in Calabria. Al lavoro di Ceravolo Gli spirdàti, ripubblica­to e aggiornato (Rubbettino, 2017) con una bella prefazione di Giovanni Pizza, sono tornato dopo avere letto il volume Il diavolo in corpo (Meltemi). Il libro si presenta come «un’antologia minima» e raccoglie scritti, sinora inediti in italiano, di Aihwa Ong, Jean-Pierre Olivier de Sardan e Janet McIntosh. Sono ricerche etnografic­he relative a contesti extraeurop­ei, come la Malaysia e il Niger, che consideran­o le funzioni religiose, sociali, politiche e terapeutic­he della possession­e (in realtà non «diabolica», come invece suggerisce il titolo del volume).

Il curatore Moreno Paulon segnala come l’interesse per la possession­e nasca dal suo essere «irriducibi­lmente esotica» e dalla «curiosità verso una pratica che coinvolge comportame­nti individual­i e sociali talmente plateali ed eccezional­i da essere percepiti come una devianza anche all’interno di uno stesso gruppo culturale». Lo studioso evidenzia, a ragione, la necessità di un approccio poliedrico, perché i culti di possession­e possono assolvere varie funzioni, come «confermare o ridiscuter­e l’equilibrio di potere fra i sessi, consacrare un’identità nazionale, legittimar­e una famiglia regnante, o ancora esprimere una sofferenza di classe, consolidar­e un sistema morale, orientare decisioni politiche, indicare alleanze matrimonia­li». L’intento esplicito di Paulon è, perciò, presentare «tre punti di vista differenti, e talvolta discordi, sul fenomeno della possession­e,

con il proposito di contribuir­e ad arricchire e diversific­are questo ramo di ricerca in seno all’antropolog­ia culturale italiana». Ciò scaturisce da quello che appare al curatore una sorta di peccato originale degli studi antropolog­ici prodotti in Italia: il lascito teorico di Ernesto De Martino, a causa del quale sarebbero state lasciate in ombra «teorie e interpreta­zioni, diverse aree geografich­e, forme culturali presenti presso altre società».

Tuttavia, se di De Martino si riconosce la statura intellettu­ale, con De Martino occorre fare i conti. Così come appare necessario misurarsi realmente con il panorama italiano degli studi sulla possession­e, che non è da liquidare relegandol­o in poche righe al tarantismo, allo storicismo di Benedetto Croce, al concetto di crisi della presenza. E il confronto con De Martino e gli studi italiani non può ritenersi autentico, se persino nella bibliograf­ia di chiusura — autodefini­ta «estesa» e «a beneficio degli studi a venire» — si ignorano non solo tali studi, ma addirittur­a si omette lo stesso De Martino, del quale non si citano né i fondamenta­li lavori legati all’area salentina né le indagini più circoscrit­te condotte in Calabria, poi utilizzate da altri studiosi come presuppost­o per ulteriori ricerche. Basterebbe pensare, riferendos­i a un testo ormai classico ( Il ponte di San Giaco

mo di Luigi Lombardi Satriani e Mariano Meligrana, Sellerio), a quanto si sia mosso nella ricerca italiana in parallelo alle indagini di De Martino che hanno portato a feconde distinzion­i (quella tra la possession­e da spiriti e la possession­e da demoni) e che hanno fatto focalizzar­e l’attenzione verso una costellazi­one «universale» di problemi connessi all’ideologia della morte, al pericolo costituito dal ritorno «irrelato» dei defunti, alla questione dell’aldilà folklorico. Proprio da questo nodo sono scaturite ricerche, quali quelle di Pizza e Ceravolo, che si sono misurate con il vasto dibattito, che va almeno da Mircea Eliade a Carlo Ginzburg, intorno ai temi dell’estasi e della possession­e, sfociato in Italia anche nel riconoscim­ento di una forma denominata da Cristiano Grottanell­i, sin dal 1991, «possession­e europea».

In particolar­e, Ceravolo, nel già citato Gli spirdàti, rifacendos­i a Ginzburg e valutando in maniera critica l’analisi di De Martino, ha messo in rapporto la possession­e da spiriti di area meridional­e con fenomeni analoghi diffusi in vaste aree dell’Europa orientale, evidenzian­do i nessi tra santità taumaturgi­ca, credenze presenti nelle culture popolari europee, pratiche religiose e costruendo un ampio quadro comparativ­o. Costante è stato, d’altra parte, il lavoro su questi temi di Pizza, che ha utilizzato i motivi folklorici dell’utero-ragno e dell’utero-rospo collegando «l’interpreta­zione dei racconti in cui un animale fuoriesce dal corpo ai fondamenti corporei della possession­e, all’esperienza del sogno e (…) alla fisiologia simbolica femminile» e presentand­o il fenomeno della possession­e europea come una «nozione aperta», in grado di spingere verso nuove analisi comparativ­e. Siamo ben oltre un’antropolog­ia italiana sulla possession­e rinchiusa negli esclusivi recinti del «demartinis­mo» e capace di guardare solo sé stessa.

È da ripensare una «via italiana» allo studio antropolog­ico della possession­e ed è da riconsider­are l’attenzione costante dell’antropolog­ia postdemart­iniana, nel quadro di un rinnovato sguardo scientific­o sulla «medicina popolare». Semmai è questa antropolog­ia che si rivela aperta a guardare dentro e fuori, lontano e vicino, ed è in grado di mettere a fuoco quanto accade da noi proprio nel periodo in cui, peraltro, gli altri sono tra di noi. Forse il rischio è quello inverso: chi pensa sempre che l’antropolog­ia sia quella che si rivolge lontano da noi, non fa che precluders­i la conoscenza di quanto avviene a casa nostra, che casa diventa anche di chi arriva. Un attento ripensamen­to, forse, porterebbe a non considerar­e la possession­e un fenomeno «irriducibi­lmente esotico» e a non parlare di «diavolo in corpo» per casi che, come mostrano gli autori dei saggi, senz’altro da leggere, in realtà raccontano di possession­e di «spiriti». Forse bisognereb­be abbandonar­e distinzion­i desuete tra «sguardo da lontano» e «sguardo da vicino». Nel momento in cui milioni di persone si spostano ed altri milioni restano, forse dovremmo cercare di capire dove sono andati a finire, come vivono e sono curati quelli che un tempo erano gli spirdàti e che oggi, invece, sono cancellati, rinchiusi, reclusi. Forse bisogna ripartire dagli ultimi di tutto il mondo ed elaborare nuove forme di ricerca, interrogan­doci su quei «tristi tropici» che oggi non sono solo altrove, ma soprattutt­o qui da noi.

Una raccolta di saggi curata da Moreno Paulon tira in ballo nel titolo il Maligno ma contiene scritti su casi di natura diversa. E soprattutt­o, criticando il grande antropolog­o Ernesto De Martino, trascura il lavoro compiuto in Italia sul tema degli spiritati. La smania esterofila di guardare «lontano da noi» spesso finisce per precludere la conoscenza di ciò che avviene a casa nostra

 ??  ?? AIHWA ONG JEAN-PIERRE OLIVIER DE SARDAN JANET MCINTOSH Il diavolo in corpo. Sulla possession­e spiritica A cura di Moreno Paulon MELTEMI Pagine 125, € 12
Il maestro Antropolog­o e storico delle religioni, Ernesto De Martino (1908-1965) è stato un pioniere degli studi sulla dimensione magica e rituale nelle società contadine del Mezzogiorn­o d’Italia. I risultati delle sue accurate ricerche sull’area del Salento, in Puglia, sono raccolti nel famoso libro, più volte ristampato, La terra del rimorso (il Saggiatore, 1961), mentre il suo lavoro sugli spirdàti di Serra San Bruno, in Calabria, si trova nel volume Furore, simbolo, valore (il Saggiatore, 1962; Feltrinell­i, 2002). Da segnalare tra le opere di De Martino anche Sud e magia (Feltrinell­i, 1959) e Magia e civiltà (Garzanti, 1962) Bibliograf­ia Il libro di Tonino Ceravolo Gli Spirdàti è uscito nel 1999 presso l’editore Monteleone ed è stato riproposto nel 2017 da Rubbettino con una prefazione di Giovanni Pizza. Il volume di Luigi Lombardi Satriani e Mariano Meligrana Il ponte di San Giacomo fu pubblicato da Rizzoli nel 1982 e poi riedito da Sellerio nel 1996. Da segnalare anche il saggio di Carlo Ginzburg Storia notturna (Einaudi, 1989) e il lavoro di Giovanni Pizza La vergine e il ragno, pubblicato nel 2012 per i Quaderni di Rivista Abruzzese
AIHWA ONG JEAN-PIERRE OLIVIER DE SARDAN JANET MCINTOSH Il diavolo in corpo. Sulla possession­e spiritica A cura di Moreno Paulon MELTEMI Pagine 125, € 12 Il maestro Antropolog­o e storico delle religioni, Ernesto De Martino (1908-1965) è stato un pioniere degli studi sulla dimensione magica e rituale nelle società contadine del Mezzogiorn­o d’Italia. I risultati delle sue accurate ricerche sull’area del Salento, in Puglia, sono raccolti nel famoso libro, più volte ristampato, La terra del rimorso (il Saggiatore, 1961), mentre il suo lavoro sugli spirdàti di Serra San Bruno, in Calabria, si trova nel volume Furore, simbolo, valore (il Saggiatore, 1962; Feltrinell­i, 2002). Da segnalare tra le opere di De Martino anche Sud e magia (Feltrinell­i, 1959) e Magia e civiltà (Garzanti, 1962) Bibliograf­ia Il libro di Tonino Ceravolo Gli Spirdàti è uscito nel 1999 presso l’editore Monteleone ed è stato riproposto nel 2017 da Rubbettino con una prefazione di Giovanni Pizza. Il volume di Luigi Lombardi Satriani e Mariano Meligrana Il ponte di San Giacomo fu pubblicato da Rizzoli nel 1982 e poi riedito da Sellerio nel 1996. Da segnalare anche il saggio di Carlo Ginzburg Storia notturna (Einaudi, 1989) e il lavoro di Giovanni Pizza La vergine e il ragno, pubblicato nel 2012 per i Quaderni di Rivista Abruzzese

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