Corriere della Sera - La Lettura
Tante solitudini fanno un’altra solitudine
Verde&Oriani si concentrano su una condizione esistenziale del nostro tempo
Tutta la vita dietro un dito (Salani) di Verde&Oriani è uno degli esordi più interessanti di quest’annata letteraria. Il romanzo, segnalato dal Premio Calvino, racconta la storia di Sebastiano, 22 anni, che vive e lavora a Torino in una solitudine autoinflitta. Passa le sue giornate tra l’impiego in copisteria, le visite a un centro anziani e le stramba abitudine di andare ai funerali degli sconosciuti.
La condizione esistenziale di Sebastiano, così come delineata dagli autori, è un disagio che tocca ogni sfera della vita; il protagonista sembra svanire
come se niente o nessuno lo vedesse per strada e fuori. E se il suo destino è scomparire, Sebastiano decide di farlo per bene, denunciando al mondo intero il suo dileguarsi. Questa scelta così estrema si rivelerà poi la vera svolta della vita che si concluderà con un finale positivo.
Alcuni degli elementi più interessanti del romanzo sono proprio legati agli snodi narrativi con i quali Verde&Oriani risolvono la trama; il tono del racconto è limpido, verrebbe da dire da commedia sentimentale; anche i momenti più scabrosi o le situazioni più complesse vengono affrontate con calviniana leggerezza. Nello stesso tempo il testo si configura come una sorta di favola, il cui protagonista e antagonista, ovvero colui che pone gli ostacoli e fa crescere la storia, coincidono. Tutta la vita dietro un dito è, quindi, una storia che parla del nostro presente, della solitudine di molte persone senza però apparire troppo moralista o pessimista.
Anche la città di Torino, che fa da sfondo al libro, ha un valore simbolico: la città del doppio, delle vie uguali a sé stesse, è perfetta per mettere in scena questa duplicazione degli «io»; infatti tutti i personaggi di Verde&Oriani hanno una doppia vita, hanno un lato nascosto — non oscuro, perché nessuno di loro è malvagio, ma anzi è uno dei pochi romanzi in cui nessuno è cattivo — che gli altri non conoscono. Un esempio può essere ravvisato nella vita sessuale di Sebastiano e di Irene, i due attori principali della storia, che passano spesso le loro sere dandosi all’autoerotismo come segno ultimo e tangibile della loro estrema solitudine, ma anche come ultima difesa a quell’inesorabile sparire che sembra accompagnare tutti nel libro.
Lo stile: il libro s’avvale di una scrittura semplice e lineare, non si contano grandi similitudini né sfoggi virtuosistici di aggettivi, anche il fraseggio è molto semplice. Verde&Oriani mirano alla chiarezza, alla precisione del dettato. La forza di questo romanzo sta nella storia, la scrittura è in una condizione ancillare, serve per rappresentare ciò che gli autori volevano che il lettore vedesse; e ciò accade con precisione e naturalezza.
Tutta la vita dietro un dito, a parte qualche leggera caduta sui personaggi secondari, è un buon romanzo, che fa venire la voglia di aspettare la prossima opera, curioso di sapere se quella voce, ancora acerba a tratti, sarà finalmente compiuta.