Corriere della Sera - La Lettura
La mucca di Nabuqi
Questa mucca è una madeleine. Si muove su prati verdi, ha un cielo cobalto punteggiato da nuvole candide come sfondo. Scorcio di montagna, cartolina dalla vacanza. Eppure è tutto industriale. La mucca è di plastica, il prato sintetico, il cielo una tenda. Di più: il bovino a grandezza naturale è issato su binari, eternamente condannato a viaggiare in cerchio con una colonna sonora gracchiata di rumori registrati tra boschi, strade, bar. Il pubblico non resiste, si mette in coda e poi in posa, scatta: migliaia di selfie popolano i social.
Biennale d’Arte di Venezia, edizione 2019: il panorama bucolico orgogliosamente fasullo è un blockbuster. Piantato nel cuore del Padiglione centrale, questo bizzarro cumulo di oggetti è frutto di una lunga ricerca: «Voglio confrontarmi con la realtà, vorrei che le mie opere rispecchiassero esperienze vere», spiega la donna che ha cesellato la scena. Nabuqi è nata nel 1984 a Ulaan Chab (Mongolia Interna, Cina). Vive a Pechino e da lì ha inviato in Laguna la sua installazione, intitolandola Do real things happen in moments of rationality? (Le cose reali accadono nei momenti di razionalità?). Quando Ralph Rugoff, curatore della mostra in corso fino a novembre, ha fissato il tema May You Live In Interesting Times (Che tu possa vivere in tempi interessanti), l’artista ha risposto con un intervento che lega materiali, scultura e readymade. Considerata una degli emergenti più talentuosi della Repubblica popolare cinese, qui evoca giocattoli antichi, viaggi di famiglia e, allo stesso tempo, discariche stracolme di prodotti a basso costo, spot che scimmiottano un verde incontaminato. «I miei oggetti — dice — vogliono simulare o stimolare una sorta di realtà. Alimentano la fantasia, il déjà-vu». Dunque, a loro mo
do, sono aspiranti madeleine in senso proustiano, oggetti che scatenano ricordi e suggestioni, positive o negative, in piena sintonia con il significato volutamente ambiguo di interesting times. Il bovino, emblema della vita contadina, fa capolino ai Giardini imbellettato e lucidato. È un automa protagonista del palese inganno visivo. Ed è l’autrice stessa, nel descrivere il proprio lavoro, a porsi una domanda: «Il pubblico, di fronte a una simile riproduzione, prova l’eco emotiva che avrebbe provato di fronte alla realtà?».
Qui la miscela di materiali è eclettica: una statua in vetroresina dipinta con vernice spray, specchi, colonne in resina, binari in acciaio, rocce di schiuma, piante finte, un controller elettronico a fare da regista. Assemblaggio fintamente casuale che indaga la forza degli oggetti in quanto tali, capaci di «creare connessioni a qualcosa di universale». «È un elemento che mi interessa ricercare — aveva spiegato Nabuqi durante un’intervista con la scultrice Xiang Jing — però non so cosa sia di preciso. Forse si tratta soltanto della mia immaginazione, ma sento che esiste qualcosa di più ampio e aperto, che non riguarda solo l’individuo». Già con la serie A View Beyond Space (2016) aveva trasformato sculture in bronzo e acciaio colorato — una scala, una colonna — in «presenze» di un mondo urbano straniante: «Li ho pensati come elementi che passano lentamente attraverso la linea di vista dell’osservatore, come se li vedesse dalla finestra di un’auto in movimento. Suggeriscono un luogo sconosciuto che tuttavia sembra familiare, o che è noto ma da cui vogliamo fuggire».
Do real things happen in moments of rationality? (già presentata in patria, nel 2018, a ShanghArt) declina un altro elemento caro all’autrice: la fusione fra spazio fisico dell’esposizione e installazione. «Lo spazio è parte dell’opera». Così a Venezia la mucca-treno non è protetta da barriere e il pubblico si ritrova coinvolto nel percorso creativo, autorizzato ad attraversare i binari, ad affiancare il movimento dell’animale o — per i più distratti — a rischiare una blanda collisione. L’immersione diventa anche sonora: nella stessa (rumorosa) sala finiscono con l’essere tutt’uno il remix di suoni raccolto da Nabuqi e i tonfi ripetuti del cancello impazzito ideato dall’indiana Shilpa Gupta. All’Arsenale, dove i 79 artisti invitati da Rugoff portano un secondo progetto, la giovane cinese presenta un’altra variazione sul tema dell’artificio così puro da essere provocatorio. Destination è un cartellone illuminato che pubblicizza mari tropicali. Un luogo paradisiaco. Un’opera, di nuovo, volutamente aperta all’invasione della folla che la può usare come scenario fotografico. Ma, ancora, il «trucco» è appena sotto la superficie: ironizzando sulla realtà che non è mai all’altezza delle promesse, Nabuqi fa fiorire dietro al manifesto un’accessibile e lussureggiante aiuola di piante di plastica. Uno sfondo perfetto per i selfie a cui non serviranno ritocchi.
Un’artista cinese di 35 anni ha allestito alla Biennale di Venezia un bovino in vetroresina dipinto con vernice spray: «Stimolo la realtà», dice. L’animale è condannato a girare su un binario circolare. Perfetto per i selfie