Corriere della Sera - La Lettura
Plessi va alle Terme di Caracalla
Uno dei maestri della Visual art affronta una nuova sfida portando le sue videoinstallazioni — l’acqua, il vento, il fuoco... — in uno dei luoghi più suggestivi della Roma imperiale. Perché «senza passato non c’è futuro»
«Guai se perdiamo la nostra memoria, se n o n g u a r d i a mo a l passato, se non ci mettiamo in dialogo con le radici. Se cediamo su questo punto abbiamo perduto tutto il nostro futuro». Fabrizio Plessi è la negazione di tanti luoghi comuni sull’età che avanza. Pensa come un «artista giovane», anche se l’anagrafe lo vorrebbe catalogare come un quasi ottantenne, vista la nascita a Reggio Emilia nel 1940. Infatti questa sua nuovissima avventura romana, che affonda le radici nel retaggio della grande archeologia imperiale, svela l’ennesima sperimentazione protesa verso il futuro ma in equilibrato, magico confronto con i sotterranei delle Terme di Caracalla. Un itinerario lungo 200 metri, con 12 videoinstallazioni ricche degli elementi tipici della poetica di Plessi: l’immagine, la virtualità, la tecnologia digitale, gli schermi, per sostenere un sogno. Ecco l’acqua, il ghiaccio, il vento, tutti narrati da quelle visioni impalpabili, e insieme figlie di una concretezza scientifica e avanguardistica. La mostra si intitola Plessi a Caracalla/
Il segreto del tempo. È stato il soprintendente Francesco Prosperetti — che guida la Soprintendenza speciale Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Roma — a proporre l’avventura a Plessi, aprendogli un tesoro appena uscito da un lungo restauro. È il settore sotto l’esedra del Calidarium, un mirabile esempio della tecnologia termica. Le Terme furono costruite tra il 212 e il 216 dopo Cristo, con un immenso corpo centrale di 112x220 metri e ben 54 forni in perenne azione per assicurare il riscaldamento dell’acqua grazie alla combustione di immense quantità di legname proveniente dall’entroterra, e non solo del Lazio. Servivano a dare acqua calda e vapore alle vasche e alle saune e riscaldavano tutti gli altri ambienti. Un complesso di stupefacente modernità. I sotterranei sono appena stati restituiti al pubblico dopo un lungo restauro delle superfici murarie, delle volte, della pavimentazione con la cura di numerose lesioni.
Qui Plessi ha installato le sue opere, con la curatela di Alberto Fiz: «Vorrei parlare di un soprintendente illuminato, Francesco Prosperetti, che mi ha propo
sto di dialogare con un sotterraneo da anni non mostrato al pubblico. Non dico sia “illuminato” perché ha pensato a me, ma per la sua scelta di caricare anche di contemporaneità un luogo così straordinario. Ho trovato la strada per far convivere il mondo digitale con la monumentalità. Le nuove tecnologie e il retaggio secolare hanno molti punti di contatto direi quasi biologici, comunque armonici. L’archeologia è un mio elemento naturale, non parliamo di queste Terme che evocano proprio i miei materiali: acqua, fuoco, lava, vento...». Ed ecco le immagini che, come insiste Plessi, non sono racconti ma emozioni: «Un capitello di ghiaccio che in tre minuti lentamente si scioglie e diventa acqua... Una scultura romana con un drappeggio che, lentamente, si muove al vento... Il mosaico proprio di Caracalla che pian piano comincia a muoversi sotto gli occhi del visitatore come scosso dall’acqua, e poi diventa d’oro. Diciamo un sogno che parte in bianco e nero e poi diventa dorato. Poi il Libro dei Libri, alto circa sei metri e che, sempre virtualmente, si sfoglia e mostra 600 immagini del mio lavoro nei decenni, proprio nel cuore del deposito dei capitelli e delle colonne delle Terme di Caracalla». Assicura Marina Piranomonte, direttore delle Terme: «Questo bene è tornato a essere un museo, i suoi enormi spazi ben si conciliano con le grandi installazioni. Ora Caracalla ospita Plessi, uno dei maestri della Visual art, i suoi giochi d’acqua e di fuoco sono perfetti per un edificio termale». Altri contemporanei si sono già confrontati dal 2012 con le Terme: Michelangelo Pistoletto, Antonio Biasiucci, Mauro Staccioli.
Plessi si dichiara sempre proteso verso il futuro: «Sono e resto uno sperimentatore, già negli anni 60 e 70 intuii le potenzialità artistiche delle nuove tecnologie, quando esposi le prime opere di quel tipo venni trattato come un pazzo, era la stagione dei Guttuso e dei Cassinari, figuriamoci se ai tempi si poteva immaginare che l’orribile scatola televisiva si trasformasse in uno strumento artistico. Invece lo dimostrai in anticipo, oggi mi sembra già tutto un po’ visto... Ma mentre il mio corpo invecchia, la mente resta giovane e mantengo un’idea luminosa della vita. Penso di essere una specie di sismografo dei nostri tempi». Questo approccio non gli vieta di guardare al suo passato, di compiere qualche bilancio: «Electa Mondadori ha realizzato per la mostra un magnifico catalogo di 240 pagine che è anche una summa del mio lavoro degli ultimi quarant’anni. Se tento un bilancio, quasi ne ho timore: più di 500 personali allestite in 138 musei del mondo, solo le Biennali di Venezia sono state 14. Ho dedicato la mia vita alla mia famiglia, cioè a mia moglie e ai miei figli che adoro, e all’arte. Non c’è stato altro».
Plessi è fiero del successo tra i giovani: «Ho insegnato dieci anni, tra il 1990 e il 2000, in Germania a Colonia, alla Kunsthochschule für Medien, Umanizzazione delle tecnologie. Ho spiegato alle nuove generazioni come, alzando la temperatura emozionale dei nuovi strumenti digitali, si può realizzare arte. Hanno capito. E per mia fortuna le mie opere sono anche popolari, accessibili a un pubblico libero di giudicarle come un grande Luna Park o come una sottile evocazione. Con questo spirito eccomi qui a Roma, nei sotterranei delle Terme di Caracalla...».