Corriere della Sera - La Lettura
Le materie prime che hanno cambiato la storia
Un volume svela le «biografie» di metalli, vegetali e altre sostanze che hanno contribuito a definire lo sviluppo (talvolta la crisi) delle civiltà. Ne abbiamo scelte dieci
La cittadina di Titusville in Pennsylvania conta cinquemila anime e un primato. Fu qui che nel 1859 Edwin L. Drake perforò il primo pozzo petrolifero, talmente florido da portare la produzione annua dello Stato a più di cinque milioni di barili in dodici anni. Era nato il mito dell’oro nero, il principe degli idrocarburi, quello che più di ogni altro ha plasmato il mondo moderno attraverso i suoi derivati: il cherosene e le plastiche, la benzina e il catrame.
Se indagare le modifiche apportate dall’utilizzo degli idrocarburi più sfruttati pare un compito semplice, poiché gli effetti sono quanto mai evidenti, altrettanto non si può dire di altre materie prime, come l’allume, l’urina o i semi di cacao. Per quanto possano sembrare oggi poco influenti o, al contrario, talmente diffusi da apparire banali, numerosi metalli, vegetali e sostanze sono stati decisivi per lo sviluppo o la regressione di diversi settori del fare umano. Descrivere il ruolo di quaranta materie prime è il compito di Storie straordinarie delle materie prime di Alessandro Giraudo, da poco in libreria per Add editore. È da questi aneddoti che nasce il seguente inventario, in cui sono raccontate le dieci materie prime che, per una ragione o per l’altra, hanno contribuito a cesellare ogni aspetto della nostra realtà.
Il papiro dei dotti
Ottenuto dalla lavorazione del fusto della pianta Cyperus papyrus, il papiro è fra i materiali scrittori più antichi creati dall’uomo. Prima dell’arrivo in Europa della carta di origine cinese, fu insieme alla pergamena il materiale più utilizzato dai dotti per tramandare il sapere. Nonostante le crisi produttive del III secolo d.C. ne abbiano causato il declino, prove del suo impatto sulla cultura restano ancora oggi nei musei, nell’immaginario e nel lessico, dall’inglese paper al tedesco Papier.
Il sale dei ricchi e dei rivoluzionari
Oltre al ghiaccio, utilizzato nelle nevaie o ghiacciaie, per secoli il sale è stato il principale conservante alimentare. Materia prima assai preziosa in ogni angolo del globo, dalla Cina degli imperatori alle Ande degli Inca, il suo controllo assicurava enormi profitti e conferiva sapore alle pietanze. Nel Rinascimento fu il vanto dei ricchi che potevano permetterselo, impreziosendo i banchetti. Ancora nel 1947 deteneva una notevole importanza, persino in campo politico: Gandhi guidò la Marcia del Sale per rivendicarne il possesso da parte del popolo indiano, ansioso di liberarsi dal dominio inglese.
Le guerre delle spezie
Nel 1393 in Germania una libbra di noce moscata poteva valere quanto sette buoi di grossa taglia. Non sorprende dunque che le spezie abbiano costituito sino alla fine del Settecento un terzo del commercio globale. Utilizzate nella farmacopea, in cucina e preziose al punto da essere impiegate come moneta dai mercanti (si ricordi la mirra portata in dono a Gesù insieme a oro e argento), le spezie contribuirono a intensificare il fenomeno coloniale nei Paesi tropicali, dove aveva luogo gran parte della produzione mondiale. Il pepe fu tra le spezie più contese: Spagna, Portogallo e Venezia non esitarono a ricorrere ai cannoni per accaparrarsene il monopolio.
Il colore del lusso e del potere
Il primo pigmento ottenuto per via sintetica risale al 1869. È un rosso, prodotto dai chimici della tedesca Basf. Fino ad allora la colorazione dei tessuti dipendeva in larga parte dalle materie prime naturali. Il rosso è sempre stato il colore più ricercato, forse per la sua valenza simbolica. Non è azzardato supporre che siano stati gli esorbitanti costi delle prime colorazioni a determinarne l’aura di lusso e ricchezza: ai tempi degli imperatori romani erano necessarie circa diecimila conchiglie di murice per ottenere un grammo di materia colorante.
La prima globalizzazione dell’argento
Da sempre l’uomo è abbagliato dall’oro, pertanto l’argento, nella storia e nella simbologia, viene secondo. Vanta però un primato. Nel XVI secolo, grazie alla scoperta di nuove miniere in Estremo Oriente e nell’odierna Bolivia, favorì la costituzione del primo mercato mondiale integrato, che unì a livello finanziario Europa e Sud America, Usa e Giappone. La data che segna la fine del cosiddetto «bimetallismo» è il 12 febbraio 1873, quando gli Usa scelsero l’oro come unico metallo di riferimento.
La seconda globalizzazione delle patate
Può un tubero coltivato in origine sugli altopiani peruviani aver contribuito all’affermarsi del mondo globalizzato? Sì, perché la patata, grazie alla sua lenta deperibilità, è stato l’alimento più consumato durante i viaggi marittimi, favorendone l’incremento. Inoltre, uno studio di Harward-Yale sostiene che il suo consumo è stato responsabile di un aumento del 22% della popolazione mondiale e del 47% del tasso di urbanizzazione (facile da coltivare, ha favorito l’inurbamento dei contadini).
Il sale di pietra
Dal Rinascimento in poi i campi di battaglia si affollano di archibugi e bombarde. La polvere da sparo viene prodotta grazie al salnitro, il sale di potassio che plasma la geopolitica mondiale per secoli. Sino alla fine dell’Ottocento sarà l’ossessione di governi e generali, perché senza «il sale di pietra» i moschetti dei soldati non sparano un colpo. Al salnitro succederanno altre materie prime necessarie alla guerra del Novecento, fredda o non: ferro, tungsteno, plutonio e uranio.
La bevanda del diavolo
Il primo spaccio di caffè aprì a Istanbul nel 1555. Inviso ai cattolici per le proprietà eccitanti della caffeina, si diffuse lentamente, prima in Europa e poi nelle colonie, dove la pianta iniziò a essere coltivata in gran quantità. Oggi il caffè è la bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua. In Italia viene servito in 150 mila bar. Secondo un rapporto di Nomisma del 2018 gli italiani spendono in media 260 euro all’anno a testa in tazzine di espresso.
La terza globalizzazione del silicio
Google, Facebook e Samsung, come molte altre aziende high-tech, hanno sede nella Silicon Valley. Il luogo non è stato scelto a caso, così come il nome. Infatti, in quella porzione di California sorgevano numerose industrie per la produzione di chip e semiconduttori, tecnologie basate sul silicio — in inglese silicon —e grazie alle quali è stato possibile sviluppare computer, software e smartphone. Chi oggi controlla il silicio, controlla il comparto digitale.
La soia sfama gli animali che sfamano l’uomo
La Terra del 2050 sarà abitata da più di nove miliardi di persone. Sarà un mondo affamato, per lo più di carne. La soia alimenterà gli allevamenti intensivi necessari a sfamare gli uomini di domani. Già oggi il 70% della soia coltivata nel mondo — in larga parte nelle Americhe — viene impiegata nella produzione di mangimi. Un filo rosso che coinvolge produttori, governi e multinazionali collega le monoculture sudamericane ai milioni di maiali allevati a Shanghai.