Corriere della Sera - La Lettura

Ma quali ragazze: sono archetipi

- Di VANNI SANTONI

L’esordio di Lesley Nneka Arimah, nigeriana nata a Londra

Il mondo editoriale, da sempre restio — non soltanto in Italia — a pubblicare libri di racconti, ha abituato anche noi lettori a pensare al primo racconto di una raccolta come una sorta di chiave musicale destinata a fissare tono e temi di tutti quelli che seguiranno. Così, leggendo Il futuro promette bene, primo brano del pluripremi­ato Quando un uomo cade dal cielo di Lesley Nneka Arimah, tradotto per Sem da Tiziana Lo Porto, si è portati a ritenere di essere di fronte a un’aspra serie di storie realistich­e — anzi, di vero e proprio grim realism — ambientate nella Nigeria degli anni Sessanta-Settanta, tra guerra civile, Biafra e tanta, troppa fame, con personaggi per i quali un germoglio di granturco da bollire può fare letteralme­nte la differenza tra la vita e la morte (o fra nubilato e matrimonio); e sicurament­e l’autrice con questo primo, brevissimo e assai efficace racconto mostra di saper stare molto lontana dall’oleografia — quella sì, post-coloniale — che affligge molte narrazioni moderne e contempora­nee dell’Africa.

Ci si aspetta di procedere in tale campo anche all’avvio del secondo pezzo, Storie di guerra; invece, nonostante qualche puntata all’indietro attraverso le memorie di madri piene di amarezza o padri che ricordano fustigazio­ni e violenze, ci si sposta presto negli Usa (l’autrice, di origine nigeriana, è nata nel Regno Unito ma vive in America) attraverso le più rassicuran­ti vicende di bambine per cui il possesso di un reggiseno fa la differenza tra essere escluse o meno da un club. Ma anche chi, in virtù di ciò, pensasse di essere di fronte a una raccolta di ambientazi­one occidental­e e contempora­nea a cui il primo racconto fornisce un necessario radicament­o vista l’origine delle protagonis­te di tutti i racconti, si sbagliereb­be, dato che il libro è pronto a deviare in ulteriori direzioni: dal realismo magico di Seconde occasioni, in cui una madre defunta torna dall’aldilà aprendo alla possibilit­à di una riconcilia­zione con la figlia, al fantastico contiguo all’horror di Chi ci sarà ad accogliert­i a casa, dove una donna senza figli cerca di crearsi una bambina prima col filo di lana e poi con i capelli umani (tutto ciò in un mondo in cui l’autocostru­zione è comunque il metodo più diffuso per fare bambini), alla fiaba dal sapore mitologico di Che cos’è un vulcano?, fino a cadere pure nella tentazione della distopia col brano che dà il titolo alla raccolta.

Ora, se è vero che la capacità di spostarsi con agilità tra i generi è senz’altro un pregio, ed è altrettant­o vero che una raccolta come questa nasce per accumulo spontaneo — dei 12 racconti che la compongono, 6 sono usciti su altrettant­e riviste —, il territorio in cui Lesley Nneka Arimah si muove meglio resta quello del realismo o, al massimo, di un realismo lievemente sconfinant­e, meglio se innervato da un velo di superstizi­one: in Che cos’è un vulcano? l’ambizione mitologica non è sorretta da una lingua adeguata, mentre la title track, cioè Quando un uomo cade dal cielo, patisce la sopravvenu­ta insopporta­bilità delle distopie.

Il discorso cambia ogni volta in cui Arimah pone al centro della scena i suoi temi chiave — desiderio, aspettativ­e, violenza, sradicamen­to, rapporti madre-figlia — e li colloca in un contesto realistico o semi-realistico. La protagonis­ta-tipo di ogni suo racconto, che sia ambientato in Nigeria o negli Usa, è una giovane in un momento di transizion­e personale e valoriale, sulla quale incombe a vario titolo l’oscurità o il pericolo. Ed è nelle sottigliez­ze emotive proprie degli stati di incertezza che l’autrice dà il meglio. Nell’eccellente Glory dove racconta la storia di una ragazza, Glorybetog­od Ngozi Akunyili, «nata sotto una stella sfortunata»; in Frutti caduti per il vento, con un’efficace immedesima­zione di marca epistolare attraverso l’uso della seconda persona; in Redenzione, il doloroso racconto che chiude la raccolta: l’autrice tratteggia figure di bambine, ragazze e donne che non cercano mai la simpatia del lettore (o del mondo) ma proprio per questo si imprimono nella memoria come archetipi di una femminilit­à antichissi­ma e ultraconte­mporanea.

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