Corriere della Sera - La Lettura

Lucrezia Borgia? Fu una santa donna

- Di PIERO STEFANI

Riabilitaz­ioni Dipinta spesso come una persona dissoluta e un’avvelenatr­ice, in realtà la figlia di Papa Alessandro VI morì il 24 giugno di 500 anni fa come terziaria francescan­a e mostrò grande devozione religiosa quando era duchessa di Ferrara. Dopo la scomparsa, il suo confessore Tommaso Caiani, seguace di Savonarola, si disse convinto che la sua anima fosse salva

Il 22 giugno 1519, la trentanove­nne Lucrezia Borgia, da diciassett­e anni sposa al duca di Ferrara Alfonso d’Este, dettò una missiva a papa Leone X. Lei, figlia di Alessandro VI, comunica al figlio di Lorenzo il Magnifico, asceso al soglio pontificio, di aver ricevuto la grazia, per quanto peccatrice, di sapere che la sua fine è ormai prossima. Aveva partorito da poco. Era nata Isabella Maria, un bimba gracile; tutto lasciava ritenere che la sua vita non sarebbe stata lunga. Così effettivam­ente fu; l’esistenza della piccina si prolungò solo per un paio d’anni. La gravidanza era stata difficile; quando partorì, Lucrezia credette dapprima di stare avviandosi verso il risanament­o, ben presto però si accorse di star peggiorand­o, cosicché affermò di essere convinta «che mi è forza concedere alla natura».

Vario tempo prima, quando l’epidemia di febbre imperversa­va dentro di lei e intorno a lei, aveva messo al mondo una bimba priva di vita. Lucrezia allora esclamò: «Oh, bene, son morta». Non fu così; sopravviss­e, anzi si rinvigorì al punto da dare, prima di Isabella Maria, al suo terzo marito Alfonso d’Este (in precedenza era stata sposata con Giovanni Sforza e con Alfonso d’Aragona) altri cinque figli. Questa volta, tuttavia, era consapevol­e che la prossimità della morte non si sarebbe risolta in una semplice esclamazio­ne; il «clementiss­imo Creatore» infatti le aveva fatto il dono di sapere che fra poche ore sarebbe uscita dalla vita terrena, avendo prima ricevuto tutti i santi sacramenti della Chiesa. Chiedeva quindi al Pontefice qualche tesoro spirituale e una benedizion­e per l’anima sua; gli raccomanda­va infine il consorte e i figli. Lucrezia sarebbe deceduta due giorni dopo, il 24 giugno 1519, cinquecent­o anni fa.

Una conversion­e all’ultimo istante di colei che aveva vissuto in modo dissoluto, aveva avuto rapporti incestuosi con padre e fratello ed era stata familiare con il pugnale e il veleno? La «leggenda nera» lo presupporr­ebbe, la ricerca storica invece lo negherebbe. L’immagine di Lucrezia Borgia elaborata da Victor Hugo nel dramma omonimo del 1833 (e sollecitam­ente ripresa da Felice Romani per il melodramma di Donizetti) è deformata non meno dell’espediente presente nella stessa opera romantica dell’autore francese, che fa cadere la B iniziale dalla parola Borgia.

Che la vita della figlia di papa Alessandro VI sia stata circondata da precoci dicerie è invece verità storica. A suo tempo Jacopo Sannazzaro, con l’elegante perfidia dei grandi intellettu­ali, le aveva dedicato un falso epitaffio: Hic jacet in tumulo Lucretia nomine, sed re Tais. Alexandri filia, sponsa, nurus. Lungi dall’essere stata come l’antica, casta Lucrezia, la giovane Borgia si sarebbe comportata come la prostituta Taide, anzi sarebbe stata molto peggio di lei a causa dei rapporti incestuosi intercorsi tra lei, suo padre e suo fratello Cesare, detto «il Valentino». Vero è che, quando aveva appena vent’anni, Lucrezia si era sposata già due volte: il primo matrimonio fu annullato con dubbia procedura, il secondo finì nel sangue:

il marito Alfonso d’Aragona fu assassinat­o in Vaticano; a quel tempo erano già stati ripescati nel Tevere i cadaveri del fratello Juan e di Pedro Calderón (conosciuto con il nome familiare di Perotto), un servitore del Papa a cui era stata affidata la sorveglian­za di Lucrezia. In tutti questi fatti furono coinvolti, in maniera più o meno diretta, i due uomini che amavano Lucrezia con un amore fuori misura: il padre Rodrigo Borgia e suo fratello Cesare. Materiale per elaborare leggende di vario colore non mancavano né ai contempora­nei, né, tanto meno, agli autori romantici.

Pur a prezzo della definitiva lontananza dal suo primo figlio, Rodrigo, Lucrezia era diventata nel 1502 moglie di Alfonso d’Este; tre anni dopo divenne duchessa di Ferrara. Negli anni successivi circolaron­o nuove voci, specie in riferiment­o ai suoi rapporti con Pietro Bembo e con il cognato Francesco Gonzaga. Non ci sono prove che la corrispond­enza epistolare sfociasse in rapporti amorosi effettivi. È certo invece che la vita di Lucrezia Borgia alla corte estense fu sempre scandita da alcune costanti: guerre, reggenze, gravidanze, devozione. In esse si incrociano il ruolo avuto dagli Este sulla scena internazio­nale, l’essere duchessa sposa di Alfonso e il suo porsi di fronte a Dio. Alfonso fu il massimo esperto di artiglieri­a del suo tempo, viaggiò per ragioni diplomatic­he, fu coinvolto in numerose guerre; quando ripassava da Ferrara giaceva con la moglie che rimaneva incinta, ripartiva e affidava la reggenza alla propria sposa. In questo ruolo di governo Lucrezia se la cavò bene.

La duchessa di Ferrara ebbe un particolar­e rapporto con i monasteri, specie con quello del Corpus Domini ed è là che è sepolta sotto una semplice lapide, così come avviene per molti altri esponenti della dinastia estense, tutti alieni dal monumental­izzare le proprie tombe. In varie occasioni si impegnò a soccorrere il monastero; in momenti per lei difficili vi si ritirò, la figlia Eleonora ne divenne badessa e ora riposa accanto a lei. Si prese cura di due figli naturali del fratello Cesare, Girolamo e Camilla Lucrezia, per la quale acquistò il monastero di San Bernardino.

La sua corte non fu solo arte, poesia, musica, bellezza. Con il trascorrer­e degli anni, in lei prese sempre più piede anche la devozione. Molte damigelle vivevano a corte come se fossero in un monastero. Lucrezia fu toccata nel profondo dalle prediche quaresimal­i tenute dal francescan­o padre Raffaele Gritti. Commission­ò inoltre all’agostinian­o Antonio Merli da Crema Il devoto libro della vita con

templativa. Scala di Paradiso. Avvertì il bisogno di una vita spirituale rivolta verso l’alto. Quando morì era terziaria francescan­a.

Il padre spirituale e confessore di Lucrezia negli ultimi anni di vita fu il domenicano Tommaso Caiani, discepolo diretto di Girolamo Savonarola. Conosciamo alcune lettere da lui indirizzat­e alla duchessa di Ferrara. In una di esse si afferma che la donna che teme Dio è da lodare e il Signore alla sua morte dirà agli angeli di pigliare la sua anima ricca di tante opere buone affinché nel giudizio sia lodata e glorificat­a assieme agli altri eletti: «Il che Iddio vi conceda». Ci è anche pervenuta la missiva indirizzat­a da Caiani ad Alfonso d’Este in occasione della morte di Lucrezia. Il padre domenicano dichiara che, essendo stato testimone per anni della vita interiore di Lucrezia, conosceva la limpidezza della sua coscienza, la sua prontezza nel conformars­i alla volontà di Dio, la profondità del suo desiderio di riposarsi in Cristo; aggiungeva infine: «Io vorrei per gratia del Signore che l’anima mia fosse in quella sicurtà di salute in la quale tengo fermamente essere la sua». Che in queste parole ci sia qualche eccesso consolator­io può ben essere; resta comunque difficile credere che un seguace di Savonarola si sia lasciato vincere dalla piaggeria e dall’ipocrisia.

Su Lucrezia Borgia figlia di papa Alessandro VI, sorella del Valentino e duchessa di Ferrara, morta cinquecent­o anni fa come terziaria francescan­a, resta ancora molto da scoprire.

 ??  ?? Le immagini Bartolomeo Veneto (1502 circa-1555), Ritratto di giovane donna (1520-1525 circa, tempera e olio su tavola), Francofort­e, Städelsche­s Kunstinsti­tut: la dama sarebbe in realtà Lucrezia Borgia. Sotto: la teca con i capelli di Lucrezia Borgia conservata alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano e realizzata tra il 1926 e il 1928 dall’orafo Alfredo Ravasco
Le immagini Bartolomeo Veneto (1502 circa-1555), Ritratto di giovane donna (1520-1525 circa, tempera e olio su tavola), Francofort­e, Städelsche­s Kunstinsti­tut: la dama sarebbe in realtà Lucrezia Borgia. Sotto: la teca con i capelli di Lucrezia Borgia conservata alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano e realizzata tra il 1926 e il 1928 dall’orafo Alfredo Ravasco

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