Corriere della Sera - La Lettura
I girasoli segreti tra gli altri girasoli
Il Van Gogh Museum di Amsterdam ha incaricato un pool di studiosi di indagare i dipinti come non era mai successo prima. La missione è stata affidata al Cnr di Perugia. Il risultato è un volume che svela aspetti sconosciuti del pittore: il disegno a carboncino, le pennellate dall’alto in basso e da destra a sinistra, l’uso del giallo cromo, del verde smeraldo, del bianco di zinco e del minio. A quel punto nel vaso del quadro, oggi a Londra, splendevano dodici fiori. Ma l’artista non era soddisfatto. Ecco perché ne aggiunse altri tre
Ifiori incantavano van Gogh. Li contemplava con un sentimento di gratitudine. Era grato per quel miracolo della natura che dava requie alla sua indole tormentata. Quando dipingeva i fiori gli sembrava di produrre «un’arte consolatoria per cuori affranti». Il lavoro di van Gogh è stato una continua ricerca di consolazione. Ritraeva ciò che a lui era mancato: l’amore e la tenerezza. Sentimenti che ritrova mentre dipinge il ritratto di Augustine Roulin, la moglie del postino, che culla la neonata Marcelle.
Nella loro monumentale biografia di 900 pagine Van Gogh: The life (Random House), Steven Naifeh e Gregory White Smith raccontano che l’artista aveva sempre in mente La storia di una madre di Hans Christian Andersen. Ripeteva a memoria quella fiaba della madre che adorava il suo bambino. Lui era cresciuto infelice sentendosi abbandonato dalla madre Anna, una donna ordinaria che non riuscì mai a entrare in sintonia con l’animo sensibile e brillante del figlio.
Incubi e sogni di quest’uomo febbrile vanno rintracciati nei blu cobalto delle sue iris e nei gialli fiammanti dei suoi girasoli. Ed è ciò che hanno fatto al Van Gogh Museum di Amsterdam. Hanno incaricato un gruppo di studiosi di indagare sui dipinti come mai era successo prima. Ne è venuto fuori un libro a più voci che rivela aspetti sconosciuti dell’arte del pittore olandese: Van Gogh’s Sunflowers Illuminated, pubblicato dalla Amsterdam University. Lo hanno presentato venerdì 21 giugno nella sede del museo, inaugurando anche una mostra dei girasoli che resterà aperta fino al 1° settembre.
Per uno studio del tutto nuovo era indispensabile capire a fondo la tecnica dell’artista e compilare una mappa completa dei materiali che usava. La missione è stata affidata ai ricercatori del Molab, il laboratorio mobile
del Cnr, sede di Perugia, un gioiello tutto italiano, unico in Europa. Con strumenti non invasivi, senza contatto con la tela, gli specialisti hanno scomposto ogni frammento dei dipinti, resi visibili in macro fluorescenza ai raggi X, macro diffrazione ai raggi X e attraverso immagini iperspettrali in ultravioletto. «Tutto questo — spiega a “la Lettura” la direttrice del Molab, Costanza Miliani — ha reso possibile la ricostruzione della storia dei dipinti. Abbiamo compreso come sono stati concepiti e poi creati pennellata dopo pennellata, uno strato di colore dopo l’altro».
Ecco allora come è nata una delle tele più simboliche dell’arte di van Gogh, i girasoli custoditi alla National Gallery di Londra. Il quadro misura 73 centimetri per 92,1. Fu dipinto ad Arles, nel sud della Francia, nell’agosto del 1888. Nessuno sa perché van Gogh lasciò Parigi e se ne andò ad Arles. Certo è che la luce limpida della Provenza e la dolcezza della campagna mascheravano la sua disperazione. Scrisse al fratello Theo che sotto «il ricco colore e il ricco sole del glorioso sud» i fiori brillavano.
Quando mise mano alla tela tracciò le linee principali del disegno con un carboncino. All’infrarosso sono ancora visibili particelle di carbone sotto la superficie colorata. Applicò una prima mano di colore per lo sfondo. Stese una gradazione tenue ottenuta mescolando un giallo con bianco di zinco. Si limitò a imprimere pennellate dall’alto in basso e da destra a sinistra formando un intreccio. Non invase lo spazio che aveva previsto per i fiori e per il tavolo sul quale poggia il vaso. Proprio il tavolo fu il primo oggetto sul quale lavorò coi pennelli, passò un paio di mani di giallo cromo e bianco di zin
co. Impresse varie pennellate di bianco di zinco sul vaso per realizzare punti luce, sui quali aggiunse uno strato di giallo cromo. Le scuole di pittura insegnano a mescolare i colori per ottenere la tonalità desiderata prima di volgere il pennello verso la tela. Van Gogh rispettava poco questa regola: spesso stendeva il colore come usciva dal tubetto, senza mescolarlo.
Il quadro si andava componendo. L’attenzione si concentrò sui fiori. Van Gogh dipinse le foglie con verde smeraldo. Scelse giallo cromo, verde smeraldo, bianco di zinco e minio per i petali. Con febbrile determinazione accumulò sul disco dei girasoli ampi strati di blu oltremare e ocra rossa, lavorava sulla pittura fresca, secondo la tecnica wet on wet, per dare forma e spessore al cuore del fiore. «Appena toccava un pennello — raccontò Paul Milliet, un militare zuavo con cui era in confidenza — diventava come un invasato. Van Gogh non dipingeva: aggrediva la tela».
Completati i fiori, applicò una seconda mano di giallo chiaro sullo sfondo. E infine tracciò una linea blu per dividere il tavolo dallo sfondo. Il quadro era finito, nel vaso splendevano dodici fiori di girasole. Lui guardò la sua opera e probabilmente la composizione gli parve poco equilibrata. Per darle una maggiore armonia decise di rimetterci mano e di aggiungere altri tre fiori. Dovette necessariamente collocarli sul colore dello sfondo, cosa che balza evidente dall’immagine ai raggi X.
I colori in tubetti glieli mandava suo fratello Theo che li acquistava a Montmartre nella bottega Tasset et L’Hôte. Nello stesso negozio Theo comprava rotoli di tela già preparata con uno strato bianco. Vincent ritagliava la tela e la montava su un telaio di legno. La sua tavo
lozza di colori era abbastanza limitata. Lui stesso ci informa che dipinse i girasoli della National Gallery con «tre gradazioni di giallo cromo, ocra gialla e verde Veronese». Dall’analisi diagnostica risulta che i tre tipi di giallo cromo sono un giallo limone, un giallo medio e un arancio scuro. I pigmenti dominanti contenuti nei colori sono piombo e cromo. Identificate anche tracce di blu oltremare, blu di Prussia e blu cobalto usati per tracciare la firma Vincent e la linea divisoria fra il tavolo e lo sfondo. La linea blu si ritrova spesso. Van Gogh contornava di blu i petali, gli steli, le foglie allo scopo di esaltare nel contrasto l’impatto del colore.
I mercanti d’arte continuavano a rifiutare le sue opere. Ad Arles nella solitudine i demoni si risvegliavano nella sua mente insana. Invocava l’amico Paul Gauguin di raggiungerlo. Prometteva di decorargli la stanza con tante tele «in una sinfonia di giallo e blu» creando l’effetto dei «vetri colorati di una chiesa gotica». E il 23 ottobre 1888 Gauguin bussò alla sua porta. Ma appena mise piede in casa provò l’istinto di andarsene. Gauguin aveva l’animo di un avventuriero, voleva vivere «al di fuori dei limiti che la società impone» e aveva un’idea di paradiso che non corrispondeva alla campagna francese. Ogni giorno litigi furibondi. Finché alla vigilia di Natale Gauguin se ne andò. Van Gogh piombò nel buio. Si tagliò mezzo orecchio con un rasoio.
Riemerse dai suoi incubi nel giro di un paio di settimane e tornò a sognare di essere celebrato «re del colore, come mai nessun altro». E il colore più amato, il colore consolatorio era quello dei girasoli. Dipinse in tutto undici quadri di girasoli, quattro mentre si trovava a Parigi e sette ad Arles. I più ammirati, quelli assurti a vere icone dell’artista, sono raffigurati in cinque grandi tele. Oltre a quella di Londra, ce n’è una a Monaco di Baviera, una a Philadelphia e un’altra a Tokyo. La quinta è custodita nel Van Gogh Museum di Amsterdam: misura 73 centimetri per 95, fu realizzata nel gennaio del 1889. L’artista aveva davanti il vaso di girasoli della National Gallery e ne voleva riprodurre una copia.
Disegnò sulla tela il vaso e i fiori col carboncino. Cosa che faceva raramente. Quando eseguiva la copia di un suo dipinto preferiva tracciare le linee con vari colori, una tonalità diversa su ogni area per indicare la posizione di petali, stami, foglie. In questo caso non si limitò a copiare, apportò alcune variazioni nella composizione del disegno per dare u n a n u ova a r moni a a l - l’opera. Al microscopio digitale si ricostruisce la sequenza delle pennellate. Sotto la patina gialla del tavolo affiora una larga linea scura tracciata per delimitare il vaso. Anche la colorazione è un po’ diversa rispetto ai girasoli di Londra. Brillanti linee rosse scolpite con colpi sottili separano il tavolo dallo sfondo.
Van Gogh non lavorava con grandi pennelli. Colorava lo sfondo con pennelli larghi mezzo centimetro o un centimetro. Concentrava molto colore sul grande disco dei fiori e, impugnando pennelli più sottili, da 3 a 5 millimetri, procedeva con rapidi vortici incidendo solchi. L’ultimo tocco lo dava al centro del fiore, al cuore del girasole, dove creava un brillante rosa pallido con lacca geranio e bianco di zinco.
Si era invaghito della lacca geranio che regalava una lucentezza straordinaria dovuta alla presenza di eosina, una sostanza sintetizzata la prima volta nel 1873. Ma la struttura molecolare dell’eosina è molto instabile e si deteriora velocemente. Sbiadisce prima la parte superiore, più colpita dalla radiazione luminosa, e siccome è un colore molto trasparente, il danno investe le parti sottostanti.
La guerra contro gli effetti della luce vede impegnati molti musei, che finora si sono difesi mantenendo bassi livelli di illuminazione. Ma non basta, perché ogni singolo colore avrebbe bisogno di una protezione speciale rispetto alla luce. Nel caso dei girasoli di van Gogh, la luce della lacca geranio si è spenta e i gialli cromo si sono scuriti. Oggi vediamo colori piatti, privi di sfumature e senza la brillantezza originale. Abbiamo perduto molto. Lo stesso van Gogh era consapevole che il tempo avrebbe danneggiato le sue opere. Diceva che «i dipinti svaniscono come i fiori». Ma forse non tutto è perduto. La scienza viene in soccorso dell’arte. Il dipinto di van Gogh Campo con Iris vicino Arles è stato ricostruito con tecnologia digitale recuperando tutto lo splendore dei colori originali. Forse si può fare anche con i girasoli.