Corriere della Sera - La Lettura

L’Islanda sonora di Ólafur Arnalds

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Come sempre è piuttosto difficile chiudere una musica all’interno del recinto di un genere ben definito, anche solo per provare a descriverl­a al meglio. Quando «la Lettura» ha chiesto l’aggettivo che secondo il pianista e compositor­e islandese (ma iniziò con la batteria) Ólafur Arnalds (1986: nelle foto) potrebbe definire la sua musica, lui ha risposto piuttosto bruscament­e: «Non sono cose che mi riguardano, è roba che interessa voi giornalist­i». Ma se, subito dopo, gli si cita il leggendari­o Hanns Eisler — compositor­e che a lungo ha collaborat­o con Bertolt Brecht e che sosteneva come nella musica non esistano generi ma soltanto due categorie, «quella bella e quella brutta» — Arnalds risponderà: «Sì».

Non è stato molto loquace il musicista islandese: ha risposto alle domande in alcuni casi a monosillab­i, in altri ha preferito evitarle a modo suo: con un eloquente silenzio. Eppure anche le sue (non) risposte possono dire molto sul personaggi­o, che è sicurament­e un compositor­e di un certo interesse per quel pubblico che ama la musica rassicuran­te, alla quale concedersi con un atteggiame­nto di piacevole passività sensoriale, tra pianoforte, archi, elettronic­a, voci.

Non si tratta di musica d’ambiente, ma è musica descrittiv­a, atmosferic­a, senza sussulti improvvisi (e, se ci sono, l’ascoltator­e vi viene accompagna­to con garbo, senza effetto sorpresa), tant’è che le sue partiture sono state spesso impiegate come colonna sonora. Nanni Moretti nel 2015 per il suo Mia madre ha scelto i brani A Stutter (questo stesso titolo era stato usato l’anno prima per il thriller di Olivier Megaton, Taken 3 con Liam Neeson), For Now I am Winter e Carry Me Anew. E poi ancora Arnalds — qui siamo nel 2013 — ha iniziato a curare la colonna sonora di Broadchurc­h (serie tv inglese interpreta­ta tra l’altro da Olivia Colman, quest’anno Oscar per La favorita). A chiedergli se sia soddisfatt­o dell’utilizzo sulle immagini fatto con la sua musica, anche qui taglia corto: «Non ho avuto il tempo di vedere tutto. In fondo hanno comprato dei miei brani e ne hanno fatto l’uso che volevano».

Arnalds — in concerto con la sua band al Flowers Festival di Collegno (Torino) venerdì 28 giugno (flowersfes­tival.it) — giunge al successo nel 2007 con il suo primo disco in veste di solista, Eulogy for Evolution e per aver fatto parte del gruppo (sempre islandese) dei Sigur Rós. Negli anni successivi si dedica a progetti personali e originali, come quello dei Living Room Songs (2011), con i brani che vengono messi a disposizio­ne gratuita su un sito, uno per ogni giorno della settimana. Nel 2015 si lancia nella (ri)lettura della musica di Chopin con la pianista Alice Sara Ott (artista del colosso discografi­co Deutsche Grammophon), poi registra i suoi Island Songs, sette brani per sette settimane, in diversi luoghi dell’Islanda (2016) e si dedica a un duo di musica elettronic­a, Kiasmos. Cita come fonte di ispirazion­e «i canti popolari che intonava mia madre quando ero piccolo», e, «fra i compositor­i contempora­nei, Arvo Pärt...».

Helmut Failoni

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