Corriere della Sera - La Lettura

Tsipras ha salvato Atene (e anche l’Europa)

- Di IDA BOZZI

Haris Pašovic, 57 anni, è nato a Sarajevo e a Sarajevo ha allestito — durante l’assedio — un indimentic­abile «Aspettando Godot». L’anno scorso, alla prima direzione del Mittelfest di Cividale, portò in scena le ragioni per le quali i millennial sarebbero stati disposti a dare la vita. Quest’anno in Friuli si parlerà di (crisi della) leadership e di Grecia, che proprio oggi, domenica, torna alle urne dopo il tracollo di Syriza, il partito del primo ministro, alle Europee di maggio

Il regista bosniaco Haris Pašovic (Sarajevo, 16 luglio 1961) è il direttore artistico del Mittelfest di Cividale del Friuli. Pluripremi­ato, le sue produzioni e le sue regie hanno fatto epoca: durante l’assedio di Sarajevo — nella prima metà degli anni Novanta — produsse nella città in guerra un indimentic­abile Aspettando Godot di Beckett con la regia di Susan Sontag; dopo la guerra, nel 2012, ricordò l’assedio della città con l’opera d’arte visiva Sarajevo Red Line ( La linea rossa di Sarajevo), un’installazi­one lunga 825 metri; l’anno scorso, al Mittelfest portò in scena un meraviglio­so What Would You Give Your Life For? — una lunga interrogaz­ione ai millennial sulle ragioni per le quali sarebbero stati disposti a dare la vita.

Ora, al secondo anno del suo mandato triennale al Mittelfest (l’anno scorso il tema era proprio quello dei millennial, nati tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso) ha proposto per quest’edizione un argomento inatteso e complesso, la Leadership.

Che cosa c’entra la leadership con un festival di prosa, musica, danza e cultura come il Mittelfest?

«Nel nuovo ordine mondiale c’è un totale slittament­o dei grandi poteri e delle influenze politiche ed economiche, un grande cambiament­o che riguarda le tecnologie. Dobbiamo ridefinire il concetto di leadership: così come abbiamo i reality show, abbiamo una reality politics. Al mattino, i leader dei grandi Paesi, alcuni dei quali sono i grandi leader mondiali, prendono un’idea abbozzata, probabilme­nte neppure discussa con i loro team, e la sparano fuori sui social. E per tutto il giorno un Paese intero o addirittur­a un continente o persino il mondo è impegnato con questo tweet o questo post su Facebook. È qualcosa di nuovo nella storia. La leadership ha un nuovo media, e questo riguarda la politica, ma riguarda anche la cultura, la vita sociale, l’immigrazio­ne, la nostra vita privata, tutti noi. Noi pensiamo di controllar­e le nostre vite, in realtà qualcun altro ci sta controllan­do, con i media, i mezzi di comunicazi­one, o anche con il telefono. Non è inverosimi­le che qualcuno, proprio in questo momento, ci stia ascoltando».

Lei sta parlando di controllo, di propaganda, di manipolazi­one. Di nuovo tipo?

«L’idea di manipolazi­one è antica. Al Mittelfest portiamo una grande pièce di Romeo Castellucc­i basata su Shakespear­e, il Giulio Cesare, su cui il regista è tornato molte volte — e ogni volta è uno spettacolo nuovo cui si aggiunge ciò che sta succedendo nel mondo. Cultura e arte sono ancora i modi migliori per farci riflettere che la vera leadership e i veri leader dovrebbero essere compassion­evoli, sensibili verso gli esseri umani e le loro sofferenze. È un vero disastro che in Italia, in Spagna, in Francia, negli Stati Uniti le persone possano essere punite perché aiutano gli immigrati, e che solo per il fatto di comportars­i da esseri umani rischino di finire in galera. Siamo a un passaggio molto pericoloso».

Quando dice che la leadership va ridefinita, parla dell’Europa?

«L’Europa è a uno snodo critico, dobbiamo definire il futuro in modo molto più serio di quanto accade ora. Abbiamo molti leader che mostrano modi autoritari di governare. D’altro canto anche nel Regno Unito c’è una crisi di leadership grave. Gli inglesi sono depositari di un’antica tradizione democratic­a, ma oggi si sono smarriti. Che cosa accadrà nelle altre regioni del mondo non lo

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