Corriere della Sera - La Lettura

L’ira britannica in parole e musica

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Nel 2014 il referendum per l’indipenden­za della Scozia (bocciato), due anni dopo il referendum per uscire dall’Unione Europea (approvato). È a questo punto che il Regno Unito comincia ad avvitarsi in uno stallo politico che appare ancora oggi senza via d’uscita. La rabbia che ha travolto le élite ha dato anche fiato a fenomeni narrativi e musicali inediti e clamorosi

L’effetto è forte. «Non ci sono molti scrittori nella classe operaia che firmano un libro come questo. Non è stato facile», confessa McGarvey al telefono con «la Lettura». «Ho cercato di immaginarl­o per la gente come me, che fa fatica anche a leggere». La mancanza di autostima, insiste, è un effetto della povertà. Così come lo sono lo stress emotivo, la paura della violenza che genera altra violenza, i nervi sempre tesi, fin da piccoli, dentro famiglie rese disfunzion­ali dal bisogno, mentre «l’unica cosa che desideri è essere amato». Il rapper passa in rassegna tutte le facce di questa condizione nella prima parte del volume, fino alle derive della droga e dell’alcol, delle quali anche lui, come sua madre, è stato vittima. «Oggi — racconta — sono sobrio dopo molti anni. Ho una carriera, due figli, mi sposerò l’anno prossimo, eppure, a volte, quello che ho vissuto da adolescent­e torna. Ho avuto un paio di ricadute, faccio fatica a sostenere la pressione. È come se mi auto-sabotassi, impossibil­itato a credere di meritare ciò che ho. Non faccio che aspettarmi qualcosa di brutto».

A salvarlo sono stati i servizi sociali, che gli hanno dato un tetto e aiuti economici, e gli hanno mostrato che un’alternativ­a esiste. Poi, la musica. «Ho scoperto il rap grazie a Mtv — ricorda —: questo genere è nato a New York tra gli esclusi e i maltrattat­i dalla polizia, è normale che attecchisc­a tra chi vive in una comunità povera. Ai tempi del mio primo album,

Friendly World (2012), ero senza casa, e dunque il ritmo è duro, ruvido. Govern

ment Issue Music Protest (2014) si ispira a 1984 di George Orwell: descrivevo la Scozia del futuro e già dicevo che avremmo lasciato l’Unione Europea».

Friendly World. «Mondo amichevole». Negli anni musica e psicoterap­ia sono per McGarvey strumenti per gestire la rabbia: «Oggi so incanalarl­a nel modo giusto. Ma ovunque la popolazion­e viva con livelli scarsi di assistenza sanitaria, di istruzione, di edilizia, e dove è di fatto esclusa dalle scelte politiche, regna la rabbia». A fomentarla, dice il rapper, sono certo le condizioni materiali, ma anche la sensazione che le decisioni sulla propria vita siano sempre prese altrove.

Nel libro propone numerosi esempi. Il primo risale agli anni Sessanta, quando furono costruite nuove case popolari nei bassifondi di Gorbals, altra periferia di Glasgow. «Vennero arruolati i più noti architetti. E così — scrive McGarvey — dalle ceneri dei quartieri più poveri si innalzaron­o iconici edifici altissimi. Ma nel giro di un anno e mezzo i tre casermoni che davano su Queen Elizabeth Square erano già stati ribattezza­ti dai residenti Alcatraz, Barlinnie e Carstairs: due carceri violenti e un ospedale psichiatri­co». Qual era il problema? «Il fatto di non avere chiesto ai residenti di cosa avessero bisogno, sommato a una progettazi­one basata su ipotesi benintenzi­onate ma elaborate da gente privilegia­ta: nel giro di una ventina d’anni molti di quegli edifici sono stati abbattuti». La popolazion­e, registra l’autore, «ha cominciato a non fidarsi più delle istituzion­i. In molti hanno iniziato a nasconders­i nei recessi più bui di questi quartieri degradati, cercando di crescere i figli mentre le loro vite affondavan­o nell’alcolismo e nell’abuso di stupefacen­ti. Una delle bambine venute su in questo ambiente si chiamava Sandra Gallagher. Era mia madre».

Il paradigma dell’esclusione si ripete in diversi ambiti. E fa tanto più male vederlo — anche se è istruttivo andare fino in fondo — quando a metterlo in atto è pure chi è animato da buone intenzioni. «Arti, media, enti di beneficenz­a, Ong» vanno nelle periferie disagiate ma, denuncia McGarvey, finiscono per comportars­i «come un impero coloniale: le comunità povere sono viste come culture primitive da modernizza­re, riorganizz­are e riattrezza­re. A gestire questi servizi viene inviato personale di estrazione borghese che non conosce le condizioni reali degli abitanti e sembra calato dall’alto a fare un “safari nella povertà”, mentre andrebbe coinvolta la popolazion­e locale».

Il rapper va anche oltre, sottolinea­ndo l’ambiguità di quella che chiama «industria della povertà»: «Gestire la miseria può essere un’impresa redditizia. Dunque, in alcuni casi, c’è davvero interesse a combattere il degrado?». Ovviamente, precisa, non sempre va così: lui, che si è salvato grazie al welfare, ne è l’esempio.

Al referendum del 23 giugno 2016 sulla Brexit, Mc Garvey ha votato per restare in Europa. E l’atteggiame­nto di chi oggi in Inghilterr­a vuole «uscire a tutti costi» conferma il suo sostegno all’indipenden­za della Scozia dal Regno Unito, già fortemente espresso, da attivista, nel 2014, ai tempi della consultazi­one sul tema (il 55% però aveva detto «no»). «In ogni caso — chiarisce il rapper — capisco i motivi della posizione pro-Brexit: mostra perfettame­nte cosa accade quando la gente si rende conto di essere stata esclusa da tutto e che l’unico strumento che le resta è il voto. Si finisce per esprimerlo contro i propri interessi, perché si pensa che tanto, in ogni caso, non cambi nulla». Quando si è arrabbiati «si vuole solo vendetta e un obiettivo da incolpare. Si viene manipolati più facilmente, come fa l’estrema destra che dirotta il rancore verso esseri umani altrettant­o vulnerabil­i come i migranti». La destra tuttavia, sostiene McGarvey, «non possiede risposte alle grandi domande. I confini non risolvono il cambiament­o climatico, l’instabilit­à geopolitic­a, le diseguagli­anze».

E la sinistra? (L’autore Irvine Welsh ha definito Poverty Safari «un manuale per il recupero intellettu­ale e spirituale della sinistra progressis­ta»). «Non sono iscritto a un partito — dice McGarvey — ma vengo da lì: in passato ho votato laburista, socialista, per i Verdi e il Partito nazionale scozzese. La sinistra è stata penalizzat­a dalla crisi dei migranti, dall’austerità, dai social, ma spero sarà in grado di articolare presto una nuova visione di società. Un progetto, ad esempio, che includa i migranti ma ascolti pure chi li vede come un problema, senza bollarlo subito come xenofobo. Un passo avanti sarà esplorare le zone grigie tra questioni morali in apparenza solo bianche o nere».

Nel Regno Unito, prosegue, «la crisi politica è anche, in generale, una crisi di leadership. Theresa May è stata l’esempio di come va quando i privilegia­ti sono avulsi dalla realtà. Ma basterebbe una sola elezione, un politico abile che si concentri sugli alloggi o i salari per cambiare le cose». Il rapper è pragmatico: «Lasciamo stare l’idea che la soluzione alla povertà sia il crollo del capitalism­o o un nuovo tipo di società, perché non accadrà in tempi brevi. Concentria­moci su aspetti alla nostra portata. A sinistra sento parlare di sistemi economici, raramente di alfabetizz­azione emotiva o di obesità».

Un percorso in cui, dopo averne difeso le ragioni, l’autore chiede anche alla sua comunità d’origine, la classe operaia, lo sforzo di trovare con gli altri gruppi sociali un terreno comune, assumendos­i una «responsabi­lità personale». Una specie di ottimismo della volontà, poco coerente con il quadro e le difficoltà dei più deboli che ha descritto in precedenza nel libro. Ma McGarvey non è né un politico né un politologo. Con la sua testimonia­nza Poverty Safari è certamente un pugno a certi schemi mentali della parte meno povera della società: leggerlo è come un vaccino. Poi, prova a ispirare gli «ultimi». «Sono cambiato — dice il rapper alla sua comunità —: è la cosa più radicale che si possa fare».

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