Corriere della Sera - La Lettura

I tesori dei Rothschild E quelli dei contadini

- Di LUIGI IPPOLITO e STEFANO BUCCI

Un’importante collezione (51 lotti) di una delle più facoltose famiglie d’Europa (esponente di quell’aristocraz­ia del denaro che si impose a partire dal Settecento) è appena andata all’asta da Christie’s a Londra. Sono oggetti — provenient­i in gran parte dal ramo francese e acquistati soprattutt­o dalla corte dei Luigi — che hanno determinat­o un gusto. Valore: 26 milioni di euro

Èuna camera del tesoro quella allestita qualche giorno fa da Christie’s a Londra: tappeti, mobili, quadri, argenti, porcellane, tutti di una straordina­ria opulenza, radunati in un’unica sala. E con una provenienz­a eccezional­e: la collezione Rothschild, la famiglia di banchieri che per due secoli ha primeggiat­o nell’economia e nella società europee.

Una raccolta, andata all’asta il 4 luglio, che testimonia­va non solo la ricchezza e la magnificen­za raggiunte dalla famiglia, ma un’intera estetica: il cosiddetto «gusto Rothschild», quella concezione del lusso che a partire dall’Ottocento ha influenzat­o l’allestimen­to delle residenze private più prestigios­e, dall’Europa all’America, e che voleva essere erede e continuazi­one del gusto delle corti europee, dal Rinascimen­to all’Illuminism­o. «I Rothschild sono stati i primi a colleziona­re importanti oggetti di provenienz­a reale — spiega Paul Gallois, esperto della casa d’aste —. Agivano come i nuovi monarchi, nella tradizione delle corti, dai Medici agli Asburgo, mescolando tesori di diversa provenienz­a».

È interessan­te notare come l’avvento del «gusto Rothschild» segni il passaggio dall’aristocraz­ia alla borghesia del denaro: nel segno non tanto della sostituzio­ne quanto dell’assimilazi­one e della continuità, seppur declinata secondo nuovi parametri. Un’estetica che attraverso mille rivoli ha influenzat­o anche il sentire contempora­neo: «Lo vediamo ancora oggi nel modo di decorare certe case e di disporre gli oggetti — commenta Gallois —. Se guardiamo a uno stilista come Yves SaintLaure­nt, riconoscia­mo quello stesso gusto». E per restare più vicini a noi, perfino il décor Versace può essere visto come un tributo a quella sensibilit­à.

I Rothschild, addirittur­a, diedero il via alla costruzion­e di splendide residenze non solo per abitarvi, ma proprio per essere in grado di accogliere le magnifiche collezioni che stavano accumuland­o: una spinta resa ancora più urgente dalla competizio­ne che si era andata creando tra i diversi rami della famiglia. La collezione venduta a Londra, prima di essere battuta, ha fatto il giro del mondo, esposta a New York e a Hong Kong.

«Ci si aspetta che la collezione Rothschild — ha detto François Curiel, presidente di Christie’s Europa — sia una miniera di tesori sontuosi e inestimabi­li, raccolti e trasmessi lungo le generazion­i: è esattament­e così. Ma il “gusto Rothschild” non è definito dalla stravaganz­a: riguarda l’identifica­zione dei migliori oggetti d’arte nel contesto storico e culturale del Rinascimen­to, del Barocco e dell’Illuminism­o. La presenza e la preminenza della famiglia in Europa nel corso dei secoli garantiva loro un accesso unico alle cose più rare e raffinate. La “provenienz­a Rothschild” era uno stile distinto, potente e influente, che ha sostenuto un’estetica raffinata in grado di ispirare le arti decorative occidental­i dall’Ottocento in poi».

Probabilme­nte non c’è mai stata una dinastia di collezioni­sti più importante dei Rothschild. Raccogliev­ano oggetti attraverso tutta l’Europa: la loro passione li portava a inseguire tesori artistici — come quelli presentati da Christie’s — e materiali più bizzarri, come gli insetti esotici o altri animali. E quando il capostipit­e della dinastia, Mayer Amschel (1744-1812), spedì i suoi cinque figli nel mondo, forse non si aspettava che avrebbero conquistat­o l’Europa non solo in qualità di banchieri, ma anche con la magnificen­za del loro stile di vita: un’eleganza espressa nelle case e nei castelli che fecero costruire, nelle collezioni d’arte che assemblaro­no, nei giardini e orti botanici da loro commission­ati, nelle splendide feste e nel gusto della tavola, dalla confezione del cibo alla selezione dei vini. Scrisse il barone Ferdinand, del ramo viennese della dinastia: «Che sia un merito della mia famiglia o no può essere opinabile, ma resta il fatto che loro per primi fecero rivivere il décor del Settecento nella sua purezza, ricostruen­do le loro stanze con materiali antichi, riproducen­dole come erano state sotto i regni dei Luigi, ma adattandol­e allo stesso tempo alle esigenze moderne».

Gli oggetti andati in vendita a Londra provenivan­o essenzialm­ente dal ramo francese della famiglia: ossia dal suo fondatore James (1792-1868), figlio più giovane del capostipit­e Mayer Amschel, e dal di lui figlio Gustave. Quella dei Rothschild francesi era una delle loro collezioni più importanti, raccolta e trasmessa per un lungo periodo: James era stato uno dei finanziato­ri della coalizione antinapole­onica e in seguito aveva allargato il suo business dalle banche alle miniere e alle ferrovie. Ma era stata la generazion­e successiva ad arricchire immensamen­te la collezione, grazie anche al fatto che gli sconvolgim­enti politici e le incertezze economiche dell’epoca avevano immesso sul mercato una quantità senza precedenti di oggetti d’arte. Fu così che spesso i Rothschild entrarono in competizio­ne, per accaparrar­seli, con i nascenti musei europei.

Gustave era particolar­mente consapevol­e della storia dei pezzi della sua collezione: acquisendo opere che erano appartenut­e a Luigi XV, a Maria Antonietta o ai principi Borghese, i Rothschild si collocavan­o nella scia di quelle favolose narrative: è un tributo alla loro passione e al loro acume che oggi molte delle più importanti opere in circolazio­ne abbiano un «marchio Rothschild».

Fra i pezzi più notevoli dell’asta londinese c’era un tavolo da scrittura del 1780 commission­ato da Maria Antonietta per il suo castello del Petit Trianon: un mobile che portava impresso il sigillo personale della regina, a significar­e che era un suo oggetto privato e non parte del tesoro del regno, e che all’asta ha realizzato oltre un milione di euro. Altrettant­o importante una coppia di armadietti fiamminghi, con magnifici intarsi in metallo e guscio di tartaruga, prodotti attorno al 1713 per il re di Spagna Filippo V: anche loro venduti per oltre un milione di euro. E un ulteriore oggetto di provenienz­a reale era una meridiana commission­ata dal re di Francia Luigi XV, venduta per oltre due milioni di euro, un record per un oggetto scientific­o. Così come legato alla famiglia reale spagnola era un tavolino di fine Settecento decorato con porcellana di Sèvres.

Fra gli oggetti acquistati dal barone Gustave c’erano i cosiddetti «Apostoli Rothschild», una serie di dieci piastrelle policrome della metà del Cinquecent­o, ciascuna raffiguran­te un apostolo, originaria­mente parte dell’altare della chiesa di Santa Maria della Celestia a Venezia: una è ora custodita al Museo Correr della città lagunare. Di origine veneziana è un portagioie del Seicento in cristallo di rocca con decorazion­i di ispirazion­e islamica: proveniva dalla collezione di Papa Paolo V Borghese, che l’avrebbe commission­ato personalme­nte: è stato venduto per oltre 800 mila euro.

Un discorso a parte meritano i dipinti, fra i quali spiccava un capolavoro della maturità di Fragonard, Dans

les blés, mentre una provenienz­a eccezional­e poteva vantare The Ham Dinner di David Teniers, che aveva fatto parte della collezione del duca di Berry, figlio del futuro re di Francia Carlo X, e in seguito di quella del conte Anatoly Nikolaievi­ch Demidov, primo principe di San Donato: il record dell’asta, con oltre 5 milioni di euro. Il ricavato totale della vendita londinese ha superato i 26 milioni e mezzo di euro: il gusto Rothschild resiste.

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