Corriere della Sera - La Lettura

I tarocchi di Saint Phalle vegliano in Maremma

Due famiglie s’incrociano nel romanzo di Lorenza Pieri attorno alle sculture dell’artista

- Di ORAZIO LABBATE

Dopo il successo di Isole minori, Lorenza Pieri ritorna alla forma del romanzo con Il giardino dei mostri. Un libro dall’impeccabil­e respiro narrativo, proprio di quelle epopee familiari in cui gli amori e i conflitti intestini dei membri compongono, alla fine, un articolato e sensibile mosaico di rivoluzion­i umane.

Siamo in Maremma, tra il 1987 e il 1990, due figure maschili opposte, per ceto e cultura, si incontrano e scontrano. Con loro ci sono i figli e le mogli. Da una parte c’è Sauro Biagini, un buttero selvaggio, rappresent­ativo di quegli istinti carnali

in cui poco spazio hanno le delicatezz­e ragionate del sentimento. È soprannomi­nato, dalla gente del posto «il Re». Dall’altra parte Filippo Sanfilippi, ricco politico, che rappresent­a quella ragionevol­ezza fittizia e fintamente metodica dell’uomo di successo, ormai lontano dall’esercizio spontaneo dell’amore.

Ad accendere le storie del romanzo è l’apicale ruolo delle donne, che si impongono come indiscusse protagonis­te. Trascinano la narrazione e reggono con vigore le redini degli eventi scanditi da 21 capitoli che hanno il nome degli arcani maggiori. Sono le giovani Annamaria e Lisa — rispettiva­mente figlie di Sauro e di Filippo — con la loro diversa attenzione e premura nei confronti dei cavalli, con i diversi approcci e sacrifici alla vita, ai corpi, e infine alle debolezze spirituali proprie dell’adolescenz­a. E poi le loro madri Miriam e Giulia, le quali con tenace grazia lottano, diversamen­te, per mantenere l’ordine e l’identità del loro essere insieme alla famiglia, contro l’indifferen­za dei mariti. La prima lo fa aiutando Sauro in qualità di cuoca all’interno dei locali aperti dal marito con Filippo, ma soprattutt­o essendo madre generosa verso i figli, Saverio — il ribelle aitante che ama l’adrenalina — e la delicata e fragilissi­ma Annamaria. La seconda, Giulia, mentre accetta la freddezza emozionale di Filippo tutela in realtà il nucleo familiare con un’aristocraz­ia comportame­ntale di facciata — gran dono il saper resistere — in grado di reggere tutto per quel benessere superficia­le pronto a spezzarsi.

Cresce, nel frattempo, la figlia Lisa nel migliore dei modi per il suo mondo, per mezzo dell’agio economico e della cultura. Infine, non meno importante, il prodigio nevralgico attorno al quale le figure femminili si muovono attratte — in particolar­e Annamaria —: Niki de Saint Phalle. Artista francoamer­icana che ha costruito, in quella singolare Maremma, il Giardino dei Tarocchi, dove le sculture mostruose ed enigmatich­e a lei consustanz­iali concedono di dimenticar­e vecchie e abissali ferite.

Con una lingua aggraziata, armonica e raffinata, che trattiene intelligen­temente in sé una commovente impazienza, Lorenza Pieri ci consegna un romanzo in cui solo la brillantez­za dell’universo femminile riesce a uccidere quei fantasmi che se gli spari per finta possono morire.

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