Corriere della Sera - La Lettura
In apnea nel Venezuela più nero
Un cadavere (tra tanti), il regime in «Notte a Caracas» di Karina Sainz Borgo
Le donne sono il bordo di un mistero. Oltre il quale c’è sempre una salvezza possibile. Forse l’unica. Loro conoscono la strada. Quasi mai la destinazione. Adelaida è una donna «vedova» di una vita che l’ha lasciata sola senza neanche sposarla. Scaraventata in un Paese dove la notte si tinge di buio. Il Venezuela del Comandante, dei Figli della Rivoluzione e dei Motorizzati della Patria. In una Caracas abitata da fantasmi e zombie. E donne e uomini che lo diventeranno presto. L’incubo infinito di una stagione virata al nero.
Notte a Caracas di Karina
Sainz Borgo (Einaudi Stile libero) è un romanzo in apnea. La discesa senza respiratore nella melma di un’umanità che ha perso il controllo. Adelaida è sola. E non conta che le manchi un marito. Il suo, un giornalista, gliel’hanno ammazzato. Proprio quando cominciava ad amarlo. Francisco, un amore a seconda o forse terza vista. Che i libri avevano cementato. Lei che ci avevo messo tanto a capirlo. Adelaida era tornata una monade in un cielo senza stelle. La madre, Adelaida anche lei, appena morta. Una mamma sola. Che aveva voluto studiare Lettere all’università. E si era rovinata la vista per dare ripetizioni, per portare a casa qualche soldo in più e far studiare la piccola.
Poi mamma Adelaida si era ammalata. E tutto intorno precipitava. E poi era morta. Con il suo segreto. Che la figlia aveva guardato al di qua del confine. Senza un padre da ricordare. Perso nella nebbia della meschinità e della vigliaccheria. Loro due erano andate avanti. Come vanno avanti le donne. Con dignità. Senza recriminazioni. Solo un sottile dispiacere. Per quell’uomo che non sapeva cosa si era perso.
Adelaida sola. E una casa occupata da altre donne. Cattive e marce. La serratura che non si apre. E allora è la porta del mondo a lasciarti fuori. Una vita che rinasce per una morte. Quella della vicina di casa. Un cadavere tra tanti cadaveri. Che nessuno reclama ma ha un nome, un conto in banca, un passaporto. Un’identità che Adelaida riesce a riesumare. In mezzo c’è l’incontro con Santiago, il fratello intelligentissimo dell’amica Ana, che ormai crede finito in una fossa comune. Come tanti, troppi dissidenti di un regime che osteggia chi ha la libreria che scoppia. E crede nel potere delle parole scritte. Santiago che finisce in un carcere, La Tumba, dove prima chiedi un avvocato e alla fine preghi per un bicchiere d’acqua. Lo studente idealista che per salvarsi la vita diventa uno dei bracci violenti del regime del comandante.
Il nome Chávez non comparirà mai nel romanzo, ma è più presente di una nuvola che minaccia pioggia. Caracas che langue decadente e non sa difendersi. Ostaggio di un passato di speranza e di un presente che non riesce a coniugarsi al futuro. Adelaida lotta a modo suo. Come una donna. Soffre si dispera. Ma ce la fa. Mentre il Venezuela vacilla e scivola verso un fondo di un mare che non ha niente di cristallino.