Corriere della Sera - La Lettura
Il manager è un po’ curatore: rendo sostenibili i sogni dei registi
«Diciamo che sono un manager, visto che mi sono formato a un corso di management dello spettacolo alla Bocconi». Per Michele Mele (1979), nato a Luino (Varese), sul Lago Maggiore, da una famiglia campana, la parola «manager» riassume molte funzioni, da quelle organizzative alla promozione e vendita degli spettacoli fino alla collaborazione e alla progettazione. «Il management deve riuscire a tenere insieme
il programma e il budget: il mio compito è rendere sostenibili i desideri degli artisti». Non immaginatevi però un manager in gessato e valigetta 24 ore: Mele è andato in cerca di un teatro contemporaneo, che rompa le consuetudini. «Ci eravamo trasferiti in provincia di Salerno. Grazie a mio padre ferroviere viaggiavo gratis e andavo spesso a vedere spettacoli a Napoli. Mi sono innamorato del Teatro Nuovo, dove in quegli anni giravano Arturo Cirillo e Antonio Latella. Ho fatto là lo stage del corso. E ho avuto la fortuna di diventare presto responsabile della distribuzione. Ho affiancato Latella nei suoi due anni di direzione artistica». Con il regista e con altri fonda la compagnia Stabilemobile. Poi Latella inizia a essere prodotto dai grandi teatri, e il lavoro del gruppo diminuisce. Mele cerca altri rapporti: «Prima di accettare di collaborare con Anagoor ci è voluto tempo. L’incontro con il Gruppo Nanou è avvenuto sulla base di un mio interesse per la danza e del loro bisogno di fare un salto a livello organizzativo. Cerco di elaborare il progetto giusto per lo spazio giusto». Non avrà anche risvolti curatoriali, questo modo di essere «manager»?