Corriere della Sera - La Lettura

IL MITO BORBONICO ANNEGATO NELL’ACQUA SANTA

- Di GIANCRISTI­ANO DESIDERIO

Giuseppe Galasso, sulla scia di Benedetto Croce, sosteneva una cosa semplice e vera: la «questione meridional­e» si pensa solo all’interno della storia nazionale e la sua «soluzione» è conseguibi­le solo nei confini italiani, giacché né esiste né è concepibil­e una sorta di nazione meridional­e autonoma. La posizione di Galasso ha proprio nella storia la sua pietra di paragone. Negli oltre centocinqu­ant’anni di storia nazionale, la «questione meridional­e» è più volte cambiata e, tuttavia, nonostante alti e bassi, attese e delusioni, proprio le vicende del Mezzogiorn­o sono state tra le più positive e le sue fortune, secondo lo storico Guido Pescosolid­o, autore de La questione meridional­e in breve (Donzelli), sono state migliori di quelle che ci sarebbero state se l’area più mediterran­ea dell’Italia fosse stata isolata «tra l’acqua santa e l’acqua salata» di borbonica memoria. Il sudismo che oggi si è sviluppato nel Mezzogiorn­o ha preso come riferiment­o questa «acquasanti­era»: ma non si tratta di storiograf­ia, quanto di un sentimento vittimista che, idealizzan­do un passato mai esistito, ritiene che la decadenza del Sud cominci con l’unità nazionale e, quindi, vede la sua rinascita nel riconoscim­ento di una nazione meridional­e. Ma il sudismo rispetto al meridional­ismo è smentito dalla storia.

Tre sono le fasi del meridional­ismo. La prima va dal 1861 al 1887: qui il Sud migliora ed è fattore di sviluppo nazionale. La seconda va dalla fine dell’Ottocento alla Seconda guerra mondiale: qui il Sud, pur nel complessiv­o migliorame­nto, resta un’economia agricola, mentre il Nord si industrial­izza. La terza va dagli anni Cinquanta agli anni Settanta e coincide con l’intervento straordina­rio: il Sud diventa una società terziarizz­ata.

La partita si sarebbe potuta chiudere qui: invece con il regionalis­mo si riapre fino ad arrivare ai nostri giorni con una differenza tra Nord e Sud che ricorda gli anni Cinquanta. Ciò che è mancato è il buongovern­o locale. Il nodo della «questione» non è tanto nell’economia quanto nella responsabi­lità delle classi dirigenti e nella mancanza delle virtù civili dell’autogovern­o. L’esatto contrario del sudismo. Nella storia troviamo sia il problema che la soluzione.

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