Corriere della Sera - La Lettura
Il Sud è una fede «Devi crederci»
Un mondo dall’identità forte, molto connotata, che si nutre di tradizioni ancestrali e bellezze naturali, ma che fa i conti con una modernizzazione problematica, un rapporto non risolto con le istituzioni, una non sempre solida autocoscienza delle proprie capacità. Al netto delle differenze tra ciascun autore, delle scelte linguistiche, dei molteplici generi — romanzi storici e saghe familiari, gialli, narrazioni di denuncia e impegno civile, racconti realistici oppure onirici — è l’impressione del Mezzogiorno che emerge nei romanzi di scrittori meridionali usciti in Italia negli ultimi mesi. «La Lettura» ne discute con undici tra autori e studiosi, scegliendo per ora di limitare il campo a Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia.
Saghe familiari
Da metà maggio ai primi posti nelle classifiche dei libri più venduti c’è Stefania Auci, trapanese di nascita, palermitana d’adozione. Il suo I leoni di Sicilia (Editrice Nord, in programma un secondo volume nel 2020) narra l’ascesa dei Florio, emigrati da Bagnara Calabra (Reggio Calabria) a Palermo nel 1799 e diventati una famiglia d’imprenditori tra le più ricche e potenti dell’isola, alla guida di un impero che si estese dalle spezie allo zolfo, al vino, alla navigazione. Il romanzo si era già preannunciato come un caso all’ultima fiera del libro di Francoforte ed era stato venduto negli Stati Uniti, in Germania, Francia, Spagna, Olanda, oltre che opzionato per una serie tv, ancora prima della pubblicazione in Italia lo scorso 6 maggio. Effetto Elena Ferrante, si era pensato, con gli editori internazionali a caccia di una saga meridionale che replicasse i risultati de «L’amica geniale». Poi il successo in Italia, dove, complice la spinta del mercato, pur senza eguagliare le vendite di Auci, sono numerose le uscite di romanzi ascrivibili al genere. Tra i più recenti: La luce è là di Agata Bazzi (Mondadori), ambientato in Sicilia, mentre in Puglia si svolgono La malalegna di Rosa Ventrella (Mondadori) e Gente del Sud di Raffaello Mastrolonardo (tre60). Oppure, di qualche anno fa, le storie di Giuseppina Torregrossa (ad esempio Il figlio maschio, Rizzoli, 2015).
«I grandi romanzi familiari che si snodano attraverso più generazioni, come I Buddenbrook di Thomas Mann e I Viceré di Federico De Roberto, nascono tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Ma nelle attuali saghe vedo soprattutto un rapporto osmotico con la serialità televisiva, alla quale le lunghe trame dense di protagonisti sono molto vicine», osserva Raffaele Donnarumma, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Pisa. «Spesso — nota lo studioso — le autrici sono donne. Dietro, pur con tutti i distinguo, ci sono Elsa Morante e la sua narrazione della grande Storia attraverso la storia dei singoli». Altro aspetto è la caratterizzazione regionale: «In tempi di globalizzazione, ancorarsi al locale è una forma di reazione. In parte una mossa difensiva dettata dalla paura, come accade nella società. In parte, semplicemente, consente una tipizzazione che funziona di più, il cosiddetto glocal. E il Sud, che ha tratti molto connotati, si presta benissimo».
«Mi piace raccontare la Storia attraverso la storia dei singoli», conferma Auci. «Nel primo romanzo sui Florio, tratteggio il Sud tra il 1799 e il 1868: fortemente arretrato eppure desideroso di futuro, di sperimentazione. Una possibilità data però solo alla borghesia illuminata, alle élite. Già allora — prosegue — si poteva percepire la lontananza tra il governo centrale e la popolazione. Già allora lanciarsi in un’impresa economica era vissuto con timore». Per la scrittrice un’eredità che pesa ancora oggi: «Chi gestisce un’impresa deve confrontarsi con i lacci della burocrazia, sente che lo Stato è un ostacolo, non un aiuto. Oppure che adotta un approccio assistenzialistico piuttosto che favorire lo sviluppo». Il che concorre a un altro problema ancora aperto, quello dell’autocoscienza: «Viviamo una specie di pregiudizio d’inferiorità. Siamo convinti che al Nord siano più bravi, mentre anche qui le qualità personali ci sono».
A Palermo, dove la sua autrice è nata, si svolge pure, tra il 1875 e il 1958, La luce è là di Agata Bazzi: «Narro la città dopo l’Unità d’Italia, quando diventò un centro industriale. C’erano ancora i Florio, altre famiglie arrivarono dall’estero: inglesi, francesi, istriane». Dalla Germania venivano gli Ahrens, ebrei, che più tardi sarebbero stati vittime delle leggi razziali. Bazzi ne è discendente, ma il libro è un romanzo, non un memoir. «Lo hanno definito ottimista — commenta —: è vero infatti che ancora oggi il Sud è compromesso, ma bisogna credere nel riscatto, che può avvenire attraverso il lavoro onesto».
Rosa Ventrella, nata a Bari, da vent’anni vive a Cremona e nei romanzi narra «le donne del Sud». Due sorelle figlie di braccianti sono le protagoniste de La malale