Corriere della Sera - La Lettura
Commerci, riti e usanze: i segreti degli abitanti delle palafitte di JESSICA CHIA
Insediamenti Riapre dopo un anno il Museo delle palafitte del lago di Ledro (Trento). In mostra anche un pezzo di pane dell’età del Bronzo
Dal 1929 la sponda orientale del lago di Ledro, in Trentino-Alto Adige, è stata al centro di alcune campagne di scavo che hanno portato alla luce i resti di un villaggio palafitticolo datato prima età del Bronzo (22001350 a.C.). La ricerca archeologica inizia dopo un improvviso calo del livello dell’acqua, durante la costruzione della centrale idroelettrica del torrente Ponale, emissario del Ledro. Ne è emerso un insediamento dalla superficie triangolare di oltre 4.500 metri quadrati. Durante l’inverno del 1936-37 un ulteriore calo del livello dell’acqua porta a un’altra campagna di scavo su una superficie più ampia, di 4.200 metri quadrati, e porta alla luce più di 10 mila pali (oggi se ne contano in tutto circa 15 mila). Tra questi resti anche una superficie di tavolato (36 metri quadrati), identificata come piattaforma rialzata. Gli scavi successivi portano alla luce materiale archeologico raccolto poi nel Museo delle palafitte del lago di Ledro (Molina di Ledro, Trento), aperto nel 1972 e realizzato dall’architetto Marcello Piovan, che oggi raccoglie 423 reperti risalenti a circa 4 mila anni fa (l’edificio del museo fa parte delle architetture di grande valore, realizzate dal 1945 a oggi, promosso dalla Darc, la Direzione generale per l’architettura e le arti contemporanee del ministero per i Beni e le attività culturali). Nel 2011 il sito di Ledro è nominato patrimonio Unesco (insieme ad altri 110 siti palafitticoli delle Alpi) e riunisce nello stesso luogo parco, sito archeologico e museo.
Nell’ultimo anno il museo, che è sede territoriale del Muse, il Museo delle Scienze di Trento, ha subito un intervento di manutenzione e di ampliamento (grazie a un investimento della Provincia autonoma di Trento), che lo ha chiuso al pubblico dal 30 agosto 2018 fino allo scorso 6 luglio. Con un’affluenza di oltre 45 mila visitatori l’anno (molti i progetti didattici per le scuole; aperto tutti i giorni; biglietto intero € 4,50; info su: palafitteledro.it) oggi il centro è stato ripensato nel suo apparato espositivo: gli spazi sono raddoppiati, così come la luminosità degli ambienti (secondo
criteri di trasparenza e leggerezza) e in più apre al visitatore un percorso libero e non obbligato. Ora la visita si snoda su quattro temi principali, declinati dal «macro» al «micro»: le palafitte come fenomeno nel contesto alpino ed europeo; la dimensione del villaggio e del territorio; la casa e l’artigianato e infine gli individui e la vita quotidiana (tra le caratteristiche degli abitanti della palafitta, l’utilizzo di vestiti di lino e di lana, la capacità di avere un linguaggio completo e la tradizione di seppellire o cremare i morti). Fuori dal museo la ricostruzione di quattro capanne (con arredi e suppellettili, realizzate tra il 2000 e il 2006) ripropongono verosimilmente l’insediamento.
Tra i materiali ritrovati nel sito di Ledro, databili tra l’antica e la media età del Bronzo (anche se si potrebbe non escludere la possibilità di occupazione nelle fasi precedenti), molti sono resti organici che si sono conservati in buono stato grazie all’acqua e all’assenza di ossigeno: legni, ciotole, manici d’ascia e anche un pezzo di pane carbonizzato. Una canoa in legno di abete lunga circa quattro metri si è conservata quasi integra; diademi (oggetti di prestigio che fanno pensare a una società organizzata gerarchicamente), una collana d’ambra, pezzi di lino elaborati, spilloni in bronzo, asce e ornamenti che testimoniano l’attività metallurgica artigianale, suggerita anche dal ritrovamento di crogioli, ugelli e stampi in pietra.
Questi utensili dimostrano come, anche all’epoca, abbigliamento e cibo non rispondevano solo a bisogni primari ma avevano una funzione culturale e sociale. I materiali ceramici sono attribuibili alla fase classica della cultura di Polada (tipica dell’antica età del Bronzo e diffusa in gran parte dell’Italia settentrionale) e hanno anche aspetti tipici dell’età del Bronzo medio sudalpino.
Il museo ospita in questi giorni anche la mostra temporanea Pile Dwelling (dal nome del sito palafitticolo seriale Unesco; fino al 25 agosto) e raccoglie una selezione di reperti che raccontano la vita nelle palafitte in ciascuno dei sei Paesi componenti il sito seriale: Austria, Francia, Germania, Slovenia e Svizzera, con l’intento di raccontare come i villaggi non fossero unità isolate ma costituivano una fitta rete in cui avvenivano scambi economici, sociali e culturali.