Corriere della Sera - La Lettura
Intelligenza artificiale no Intelligenza alternativa sì
Marcus du Sautoy è un matematico inglese, docente a Oxford. In Friuli presenta il nuovo saggio sulle origini (umane) della creatività e sulle possibilità (creative) della tecnica. Qui discute con il fisico del Cern, Guido Tonelli. L’AI è un’alleata, all’AI non si può delegare tutto
Ogni giorno che passa, silenziosamente, l’intelligenza artificiale (AI) penetra in nuovi settori. Non si tratta più soltanto di riconoscimento vocale e di immagini o degli assistenti virtuali che conoscono così bene i nostri gusti da condizionare, implacabilmente, le nostre scelte. Sono ormai uscite dalla fase pionieristica applicazioni di AI per la medicina, l’ottimizzazione della produzione, marketing e comunicazione di massa. Per approfondire il fenomeno «la Lettura» ha organizzato un dialogo fra due scienziati molto conosciuti: Guido Tonelli, fisico del Cern e professore dell’Università di Pisa, che ha pubblicato di recente il saggio Genesi (Feltrinelli), e Marcus du Sautoy, matematico e professore all’Università di Oxford, ospite di Pordenonelegge e autore del libro appena uscito Il codice della creatività (Rizzoli), uno dei massimi esperti mondiali di intelligenza artificiale. La conversazione parte proprio dal concetto stesso di AI.
MARCUS DU SAUTOY — Penso che Alan Turing sia stato il primo a ipotizzare questo: se si può replicare il funzionamento del nostro cervello con un computer, riusciremo a comprendere meglio la nostra stessa intelligenza. Ma fin dall’inizio fu chiaro che il cervello umano è un sistema molto complicato di neuroni e sinapsi. Oggi penso ci sia un modo migliore di tradurre le due lettere AI. Personalmente non userei il termine intelligenza artificiale, parlerei piuttosto di intelligenza alternativa o aumentata. Il mondo che vediamo emergere dai tentativi più recenti di costruire macchine intelligenti è una forma di intelligenza simile per alcuni tratti a quella degli umani, ma molto diversa per altri aspetti, e questo può essere interessante da studiare. Senza contare i vantaggi che può portare il suo utilizzo nei campi più svariati, come la più moderna ricerca di fisica delle alte energie.
GUIDO TONELLI — Tecniche di Machine Learning sono utilizzate ormai correntemente nell’analisi dei dati di Lhc, l’acceleratore di particelle del Cern. Si tratta di modelli di apprendimento per le macchine che sono ispirati alla struttura e al funzionamento della mente umana. La complessità degli eventi e l’elusività dei segnali ricercati ci hanno costretto ad adottare da tempo software adattabili. Sono ormai diventati routine metodi che permettono ai computer di imparare a isolare pattern o ricorrenze nei dati simulati e, una volta completato l’addestramento, a cercare simili regolarità o correlazioni nei dati sperimentali. Il software flessibile, che impara a correggere gli errori, si è dimostrato di gran lunga più efficiente dei programmi rigidi e immodificabili che usavamo fino a pochi anni fa. Più recente è l’adozione di sistemi di Deep Learning, cioè di reti neurali artificiali, progettate appositamente per emulare il funzionamento della mente umana e che sono basate su software e hardware entrambi adattabili, ma richiedono enormi risorse di calcolo. Certo, le attività umane di tipo creativo sono il terreno di sfida principale per le forme più avanzate di AI, anche se forse il termine creatività è troppo generico.
MARCUS DU SAUTOY — La creatività è l’impulso a trovare qualcosa di nuovo, di sorprendente, cui viene riconosciuto valore. Nel libro distinguo fra tre forme diverse di creatività. Riprendo la suddivisione introdotta dalla scienziata cognitiva Margaret Boden, che parla di creatività esplorativa, combinatoria e trasformativa. La creatività esplorativa riguarda il prendere qualcosa che c’è già ed esplorare i suoi confini esterni, estendendo i limiti del possibile, ma senza violare i vincoli posti dalle regole. Un esempio famosissimo è Bach che è il culmine di un viaggio in cui si erano imbarcati i compositori barocchi al fine di esplorare le tonalità intrecciando assieme voci differenti. La Boden ritiene che il 97% della creatività umana si manifesti nell’ esplorazione. La seconda forma di creatività ha a che fare con la combinazione. Si pensi a Zaha Hadid, che ha combinato le sue conoscenze architettoniche con il suo amore per le forme pure del pittore russo Kazimir Malevic per creare uno stile unico di edifici curvilinei. La terza forma di creatività menzionata dalla Boden è quella più misteriosa ed elusiva: la creatività trasformativa, un’espressione che descrive quei rari momenti che cambiano completamente le regole del gioco.
GUIDO TONELLI — Mi sembra interessante approfondire il ruolo che può svolgere l’AI in queste tre diverse forme di creatività.
MARCUS DU SAUTOY — Il computer si adatta molto bene alla creatività esplorativa. È facile fare imparare a un calcolatore le regole di un certo sistema e programmare il software in maniera che queste regole siano spinte al suo limite estremo. Ne può nascere qualcosa di totalmente banale o di assolutamente straordinario, ma occorre ricordare che sarà sempre la comunità
umana, con la sua cultura e la sua sensibilità, a giudicare il valore del prodotto. L’AI si trova a proprio agio anche nello sviluppo della creatività combinatoria. Per esempio si può provare a produrre nella musica una rottura di schemi che prende spunto da quella che il Cubismo ha prodotto nelle arti figurative, ma il risultato non è garantito. Raramente si producono cose interessanti, spesso il risultato di questi tentativi è molto noioso e per nulla emozionante. Devo notare che le cose migliori che ha prodotto l’AI si sono realizzate nel campo delle arti visuali, mentre ha incontrato finora difficoltà notevoli nello sviluppo di forme musicali interessanti o di lavori letterari di una certa dimensione. Forse questo ha a che fare con la difficoltà dell’AI di gestire la dimensione del tempo, che gioca un ruolo decisivo sia nella musica che nella letteratura. La più difficile delle sfide è far cimentare l’AI con la creatività trasformativa, quella cioè che produce un cambiamento dei paradigmi. In linea di principio si possono definire le regole e incorporarle in un codice di computer e poi costruire un meta-codice che esplori che cosa succede quando si rompono le regole e se ne cercano di nuove. Tuttavia, la difficoltà principale consiste nel fatto che non abbiamo ancora capito come funziona in noi questo tipo di creatività e risulta quindi difficile cercare di ripro
durla nelle macchine. C’è poi chi si domanda se sia concepibile che un computer possa produrre un cambio di paradigma nella scienza paragonabile alla meccanica quantistica. A mio avviso l’AI ha reso possibili enormi progressi nelle scienze che utilizzano grandi quantità di dati. Per esempio a Oxford sono stati scoperti nuovi esopianeti che erano sfuggiti alle precedenti osservazioni. Mi sembra più difficile che l’AI produca risultati significativi in matematica. I progressi nella ricerca di nuovi teoremi sono stati poco significativi. Superare quello che fanno gli umani in matematica sembra essere ancora un’impresa complicata per gli attuali sistemi.
GUIDO TONELLI — Posso accettare l’idea che l’AI ci aiuti a produrre nuove teorie e arrivo anche a dire che ci potrebbe aiutare a costruire nuovi paradigmi. Dubito seriamente che l’AI sia in grado di produrre rivoluzioni paragonabili a quelle che hanno portato l’ uomo a costruire il linguaggio, o a sviluppare un universo simbolico, a inventare la filosofia, la musica ola poesia. Le più grandi trasformazioni dell’ umanità nascono da fortissime interazioni sociali e dallo sviluppo di strumenti atti a preservare e consolidare il gruppo. Sono forme di intelligenza sociale spinte oltre i limiti e che hanno dato prova di creatività estrema. Immaginate il momento in cui un nostro lontano antenato, nella luce fioca di una caverna, si alza e comincia a raccontare, e gli altri si dispongono in circolo, incantati, ad ascoltare. Dubito che una macchina possa mai produrre qualcosa di altrettanto potente e innovativo rispetto alla costruzione di un universo simbolico. Per quanti progressi l’AI possa fare rimane una differenza irriducibile fra l’intelligenza umana e quella prodotta dalle macchine. Il nostro cervello è parte integrante di un corpo che è sorgente permanente di emozioni, che interagisce imprevedibilmente con altri corpi, anch’essi attraversati da passioni, gioie e paure. In effetti la struttura portante di ogni cervello umano si forma proprio nel crogiolo di queste relazioni. Neuroscienziati e psicologi della prima infanzia ci raccontano quanto sia importante ciò che avviene fin dai primi giorni della nostra esistenza. Quell’interazione continua con il gruppo sociale a partire dalla madre, fatto di contatto fra corpi, scambio di cibo e di odori, sguardi, carezze e attività di cura che costruiscono il meccanismo del riconoscimento, e fondano le dinamiche di consolazione e ricompensa con le quali si sviluppa la crescita. È in questa fase che si formano strutture decisive del nostro cervello e mi sembrerebbe difficile — se non impossibile — riprodurre tutto questo con le macchine.
MARCUS DU SAUTOY — Lei ha messo, per così dire, il dito nella piaga. Il tema del corpo e delle emozioni è cruciale. C’è un intero movimento interno alle attività di AI, e in particolare nei processi di Machine Learning che cerca di costruire una sorta di incorporamento per le macchine durante il processo di apprendimento; si cerca cioè di addestrarle a interagire con altre macchine e con i dati che esse producono in forme analoghe a quelle che usiamo noi umani quando interagiamo emotivamente. Occorre sottolineare che già oggi l’AI è capace di riconoscere le emozioni negli umani molto meglio degli umani stessi. Ci sono state prove inconfutabili dei progressi fatti in questo campo che sono il risultato degli avanzamenti nel riconoscimento vocale e facciale. Quello che emerge negli ultimi due anni è una sorta di incorporamento delle macchine, non in un mondo fisico, ma in un mondo digitale. Esponendo le macchine ai dati in maniera appropriata si può cercare di riprodurre un meccanismo simile a quello dell’apprendimento infantile. Si tratterà comunque, occorre sottolinearlo, di una forma di intelligenza nuova, diversa da quella umana. Per molti anni abbiamo cercato di riprodurre l’intelligenza di noi umani, ma oggi sappiamo che questo è stato un errore. Da questa consapevolezza possono nascere interessanti sviluppi. Insomma stiamo solo cominciando a vedere le potenzialità che nascono dall’avere a disposizione l’AI. Senza dubbio ci aiuta a capire meglio, ci mette a disposizione alternative e ci può anche fornire punti di vista nuovi ma tocca a noi decidere in quale direzione andare. Abbiamo un nuovo alleato, un collaboratore che ci permette di potenziare la nostra creatività. Dobbiamo comunque essere cauti. Io ritengo, per fare un esempio, che armamenti governati dall’intelligenza artificiale dovrebbero essere banditi. Penso a un bando simile a quello che abbiamo stabilito per le armi chimiche e batteriologiche.
GUIDO TONELLI — Sono d’accordo con lei che occorre usare molta cautela. L’intelligenza artificiale è destinata a cambiare in profondità molte attività. È uno strumento potente e insieme estremamente affilato. Può fare grandi cose, ma può anche devastare e distruggere a livelli inimmaginabili.