Corriere della Sera - La Lettura

Figli miei, addio Divento guerriglie­ra

- Di JESSICA CHIA

Il messicano Daniel Saldaña París aveva 10 anni nel 1994, quando in Chiapas s’accese la rivolta zapatista. Anche il suo protagonis­ta ha 10 anni nel 1994 quando la mamma se ne va di casa. A «la Lettura» lui dice: «La memoria è invenzione»

«Fa’ attenzione a tuo fratello, Mariana». Teresa abbandona la sua famig l i a un martedì , nel - l ’e s t ate del 1 994. Con una frase asciutta, senza sentimenta­lismi che non le appartengo­no, esce di casa con una borsa, lasciando il marito e due bambini. Per il figlio di dieci anni, la mamma è partita per il campeggio. Ma Teresa è scappata per inseguire un ideale politico: unirsi ai rivoluzion­ari dell’Esercito zapatista di liberazion­e nazionale, il movimento armato clandestin­o guidato dal Subcomanda­nte Marcos, che quell’anno inizia una guerriglia in Chiapas contro il governo messicano.

È l’antefatto da cui nasce La linea madre, il nuovo romanzo di Daniel Saldaña París (Città del Messico, 1984) che in Italia è edito da Chiarelett­ere, prima traduzione dell’autore nella nostra lingua. Narratore e poeta, Saldaña París ha esordito nella narrativa nel 2013 (la prima raccolta poetica, Esa pura materia, Uacm, è del 2008) e oggi in America Latina è acclamato come uno dei migliori scrittori contempora­nei.

Il suo racconto si snoda intorno a un nucleo familiare (e al contesto storico in cui vive), corrotto lentamente da un tarlo invisibile che ne sgretola dall’interno le relazioni. Ha la voce di un bambino la narrazione de La linea madre: il protagonis­ta scopre la fine dell’infanzia il giorno che Teresa abbandona la famiglia. Vent’anni dopo quel bambino è diventato adulto e decide di affidare i ricordi a un diario, che scrive come se avesse ancora 10 anni, nel tentativo di dare un senso alla sua storia. E così, è con lo sguardo sbieco dell’infanzia che il lettore esplora gli eventi di quel 1994, quando in classe i ragazzini organizzan­o lotte con in testa un passamonta­gna per imitare gli insorti visti in tv. Oppure quando, attraverso i giochi (gli origami sono la sua ossessione), il piccolo prova a dare forma a un trauma troppo grande per la sua età: «Cercai di fare una pagoda di origami (...): era un foglio stropiccia­to, con pieghe che non restavano al loro posto. Se una famiglia di persone cinesi fatte di origami avesse vissuto nella mia pagoda, avrebbero sofferto molto. La madre origami sarebbe senz’altro scappata in Chiapas».

Questo pezzo di storia messicana tocca trasversal­mente l’infanzia di Saldaña París (che nel 1994 aveva, anche lui, dieci anni): non solo perché il quartiere di Colonia Educación, a Città del Messico, è lo stesso in cui è cresciuto lui (qui ruota tutto il mondo del protagonis­ta) ma anche perché l’autore viene da una famiglia all’epoca profondame­nte interessat­a al movimento zapatista: «Non è una storia autobiogra­fica, sebbene abbia sentito vicende simili nella mia infanzia — spiega lo scrittore a “la Lettura”— su membri di famiglie che andavano in Chiapas e si univano al movimento in una forma o nell’altra».

Perno fondamenta­le è l’anno chiave della recente storia messicana, il 1994: «Non solo per l’insurrezio­ne zapatista ma anche perché fu firmato il Nafta (il trattato per il libero scambio stipulato tra Usa, Canada e Messico, ndr) e perché fu assassinat­o a Tijuana il candidato alla presidenza Luis Donaldo Colosio» che rappresent­ava il Pri, il Partido Revolucion­ario Institucio­nal. Attraverso la storia di questa famiglia — racconto prima di tutto introspett­ivo, su come i legami di sangue definiscan­o gli individui e su come il contesto sociale possa deteriorar­e questi rapporti — l’autore spiega l’importanza di quell’anno «che ha segnato la mia generazion­e». «Ho usato questo romanzo per riconnette­rmi con la mia infanzia — prosegue Saldaña París — attingendo ai ricordi di quel periodo. Ma anche perché volevo scrivere un racconto nel solco di quella tradizione: un momento chiave della nostra storia, attraverso gli occhi di un bimbo. Anche io ero un bambino, allora, e a un certo punto ho sentito che mancava un approccio generazion­ale a quell’epoca».

Conosciamo il protagonis­ta attraverso il piano della memoria: l’adulto che è diventato ha bisogno di raccontare la sua storia perché è rimasto impantanat­o nell’infanzia e niente, in lui, si è più evoluto («scrivere del passato, me ne sto rendendo conto solo ora, è scrivere in dentro, non in avanti»). Incastrato in una solitu

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Saldaña París (foto di Andrea Tejeda K.) è entrato nelle classifich­e México20 e Bogotá39 dei migliori autori under 40 di Messico e America Latina

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