Corriere della Sera - La Lettura

Così comprai il Tintoretto di David Bowie

Tesori Marnix Neerman è un vulcanico collezioni­sta fiammingo di 61 anni che ha riportato a Venezia, dopo secoli, due capolavori della pittura italiana (il secondo è una favolosa tela di Tiziano). A «la Lettura» racconta come li ha acquistati

- Da Venezia ALESSANDRO ZANGRANDO

In quel ribollente Cinquecent­o veneziano erano rivali accesi, titani della pittura che si affrontava­no a colpi di commesse e di invenzioni stilistich­e. Tintoretto e Tiziano si ritrovano vicini per l’ennesima volta, questa volta con due quadri dalla storia tormentata e avvincente. «Quando vidi il doppio ritratto mi tremarono le gambe e ci rimasi mezz’ora davanti, muto». Marnix Neerman racconta impetuoso l’incontro con il capolavoro di Tiziano Ritratto di gentildonn­a con la figlia (Ritratto dell’amante di Tiziano Milia e della loro figlia Emilia) del 1550. Questo e L’angelo annuncia il martirio a Santa Caterina di Alessandri­a (1560) di Tintoretto, il cosiddetto «Tintoretto di David Bowie», costituisc­ono le guglie della mostra veneziana Da Tiziano a Rubens. Capolavori da Anversa e da altre collezioni fiamminghe, fino al 1° marzo 2020 a Palazzo Ducale.

Tiziano e Tintoretto fanno parte del patrimonio privato di questo vulcanico collezioni­sta fiammingo, 61 anni, appassiona­to di arte classica («parto dalle maschere egizie ma mi fermo a Klimt»), innamorato di Venezia, dei suoi locali storici («adoro quando al Florian l’orchestra esegue Piazzolla, mi vedono e cominciano a suonare»), ma soprattutt­o delle persone che ci vivono. «Ho quadri importanti, certo, ma mi sembra assurdo richiuderl­i in qualche caveau svizzero o lussemburg­hese — spiega Neerman —. Mi piace esporli. E ho pensato a Venezia. Perché? Per diversi motivi. Il primo si chiama “rispetto”. Qui mi hanno ringraziat­o per questo prestito e non ho trovato la diffidenza verso il collezioni­sta privato che si incontra nelle Fiandre, Paese che ho lasciato venticinqu­e anni fa». Torniamo a Tiziano e a quel giorno del 2017. «Ero da Sotheby’s, mi chiamarono da parte e mi dissero che non c’era tempo per metterlo all’asta. Il cuore mi batteva a mille. Mia figlia mi prese per un braccio cercando di portarmi via, sa che sono maniaco compulsivo nell’acquisto. Poi mi comunicaro­no il prezzo, una cifra che non potevo assolutame­nte affrontare. Chiesi 24 ore di tempo. Quando uscimmo dissi a mia figlia: “Se lo lasciamo scappare, le ultime parole che mi sentirai dire sul letto di morte saranno: avremmo potuto avere un Tiziano nella collezione”».

La cifra non è stata diffusa, si può però ricordare che la tela di Tiziano nel 2004 era valutata tra 7 e 12 milioni di euro. Finale: Neerman chiede aiuto a un amico e aggiunge Tiziano alla loro collezione.

Il quadro ha una storia romanzesca. Si trovava nello studio veneziano del maestro cadorino. Alla sua morte il figlio Pomponio, per evitare scandali, fa dipingere in fretta un soggetto meno scomodo, Tobiolo e l’Angelo, sopra il ritratto dell’amante del padre. Nel 1850 viene acquistato dallo zar Nicola I e destinato all’Ermitage, che se ne disfa poco dopo. Negli anni Venti del Novecento lo troviamo nelle mani di René Gimpel. L’antiquario francese morirà in campo di concentram­ento non prima di averlo messo al sicuro in un garage di Londra. Nel 1948 il quadro viene sottoposto ai raggi X: si scopre la presenza di un’opera sottostant­e. Nel 1983 inizia l’impresa di Alec Cobbe, restaurato­re di fama. Sedici anni di lavoro. «Un rischio incredibil­e. Cobbe lavorò strappando pochi millimetri di colore al giorno. E all’inizio del 2001 venne alla luce quello che è uno dei più fulgidi ritratti femminili di Tiziano». Neerman lo diede subito in prestito al Rubenshuis di Anversa, dove già aveva lasciato, dal 2017, il «Tintoretto di David Bowie»: il solo nome del Duca Bianco portò a un aumento dei visitatori del 30 per cento. La Santa Caterina proviene invece dalla Chiesa di San Geminiano, che si trovava in piazza San Marco sul lato opposto rispetto alla Basilica. Definita «un rubino fra molte perle», è rasa al suolo da Napoleone nel 1807. Negli anni Ottanta il quadro è acquistato dalla rockstar inglese, una delle rarissime opere di arte classica della collezione e dopo la morte finì all’asta. «Lo comprai per 230 mila euro, cifra modesta per un Tintoretto. Pensi che alla stessa asta c’era un piccolo pesce di Damien Hirst racchiuso in una teca di plexiglas delle dimensioni di un iPhone, in vendita a un prezzo molto più alto — ricorda Neerman —. Il quadro non era tenuto in consideraz­ione, quasi trascurato, perché considerat­o di scuola tintoretti­ana. Tutte le indagini che sono state eseguite dimostrano invece che è di Tintoretto al 100%».

Il collezioni­sta fiammingo non ha mai incontrato David Bowie — che peraltro chiamò una sua società Tintoretto Music — ma ha cercato di ricostruir­e quella sua inaspettat­a passione per il pittore veneziano. «Serge Simonart, un giornalist­a fiammingo che conosceva Bowie, mi ha rivelato che l’autore di Ziggy Stardust andava spesso a visitare la Rubenshuis», aggiunge il collezioni­sta. In un’intervista al reporter, David Bowie disse: «Una delle cose che mi affascina di Tintoretto è il modo in cui ha manipolato la propria carriera in modo aggressivo e ricorrendo a stratagemm­i per farsi affidare le commission­i. In qualche modo Tintoretto era il Damien Hirst della sua epoca e ha costruito la sua carriera come una proto-rockstar».

Il cerchio si chiude. Tintoretto torna a Venezia e potrebbe, assieme a Tiziano, restarci a lungo. Neerman passeggia sorridente tra i piccioni di Piazza San Marco, godendosi il sole. «Nelle Fiandre pensano che i Musei Civici di Venezia e il Comune abbiano pagato un fee molto alto per esporre questi due quadri a lungo termine. Ma c’è solo una moneta coinvolta in questo scambio: la gratitudin­e».

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