Corriere della Sera - La Lettura
Bambini (non) prodigio
Tendenze Dimenticatevi i fenomeni alla Shirley Temple o alla Judy Garland. Arrivano sugli schermi ragazzini normali, immersi nella vita ordinaria, addirittura fragili. Qualcuno di loro è sbarcato a Venezia
Sono finiti i bei tempi quando i bambini ballavano il tip tap come Mickey Rooney, Judy Garland cantava Over the Rainbow, Jackie Coogan correva da Monello con Charlot, Shirley Temple si contava i riccioli per l’assicurazione, Julie Andrews con le sue quattro ottave in più intonava davanti a re Giorgio l’inno inglese e Natalie Wood veniva rapita dagli indiani su Sentieri selvaggi. Erano i bambini prodigio, miracolosi nel fare benissimo cose che agli adulti non sempre venivano così bene, imitazioni da neuroni specchio: a volte la carriera dei ragazzi s’interrompeva subito, come successe spesso ai piccoli eroi neorealisti (a parte Franco Interlenghi di Sciuscià), altre volte si prenotavano un posto per i poster del futuro.
Oggi quei fenomeni di prodigi sono rari: c’è Christian Bale, il ragazzino nell’Impero del sole, divenuto divo capace di ogni fisica metamorfosi, c’è l’ammucchiata di teenager future star nei Ragazzi della 56ª strada di Coppola, c’è Drew Barrymore che aveva paura di E.T.. Ma mai come in questa stagione sta arrivando un’ondata di nuovi attori minorenni che non hanno nulla di prodigioso, non fanno il varietà, non sono indemoniati né inseguiti da spiriti maligni come in Giro di vite di Henry James, non sono fenomeni da baraccone. Sono bambini e ragazzi normali, con i loro picchi di malinconia, appartengono alla vita sociale, ne sentono echi e ripercussioni, ne vivono contraddizioni e miserie. Spesso sono vittime di interni-inferni casalinghi, soffrendo degli amori così fragili e disperati di genitori che li pongono giovanissimi di fronte al bivio degli affetti: il contagioso Kramer contro Kramer ha fatto scuola.
Già nella scorsa stagione i ragazzi hanno fatto la loro parte con Paola Cortellesi Befana, con papà Fabio De Luigi in 10 giorni senza mamma (inevitabile sequel in vista), con i giochi d’identità di Ti presento Sofia, mentre Gabriele Salvatores ci ha offerto due «ragazzi invisibili» per inseguire super eroi fantasy prima di quello molto visibile di oggi. I casi sono molto aumentati, ma non si tratta di mini Avengers, sono solo ragazzi costretti a crescere in fretta, a messaggiarsi la vita.
Alla Mostra di Venezia si sono visti piccini affranti parlare con spietati avvocati divorzisti come nel brillante incubo giudiziario di Marriage Story di Noah Baumbach, con la mamma e il papà litigarelli Scarlett Johansson e Adam Driver; o in viaggio con il padre sconosciuto (Claudio Santamaria travestito da Domenico Modugno) in Tutto il mio folle amore (verso di Pasolini, musica di mr. Volare) di Salvatores dove il ragazzo autistico è un formidabile Giulio Pranno in giro tra Slovenia e Dalmazia, così come l’altro ragazzo con la sindrome di down, camuffato da supereroe per il fratello, è Francesco Gheghi nella riduzione di Stefano Cipani del romanzo di autobiografico successo Mio fratello rincorre i dinosauri di Giacomo Mazzariol.
Salvatores racconta una storia in cui l’autismo è la leva per narrare le difficoltà di amare qualcuno diverso da noi e chiama a testimone Shakespeare che con i fool e nei sogni delle notti d’estate vedeva esseri con speciale libertà poetica di espressione. Poi ci sono i bambini piromani adottati e respinti come in Ema, l’opera meno riuscita del cileno Pablo Larraín; e mesti single di tinelli piccolo borghesi dove si festeggiano i compleanni con i compagni di scuola ( Genitori quasi perfetti di Laura Chiossone) e il piccolo Filippo di 8 anni offre torta, aranciata e colpo di scena (Nicolò Costa piccolo attore di classe).
Il consumo a vista degli affetti è il tema che domina. Ne fa prova il francese L’amor flou scritto, diretto e recitato da una coppia che s’è presa e lasciata davvero, Romane Bohringer e Philippe Rebbot, credendo di risolvere la separazione affittando due appartamenti attigui in cui i figli possono vagare tipo multisala degli affetti. Poi ci sono tre ragazzi già bilingui (Oro de Commarque, Milo Roussel, Ettore Giustiniani) che, lasciata mamma, passano con lo svogliato papà Riccardo Scamarcio un pezzettino di estate così come la ricorda la regista Ginevra Elkann in Magari. Intanto la nipotina della diva sul viale del tramonto Catherine Deneuve in Le verità di Kore’eda Hirokazu subisce il profumato cinismo della sofisticata nonna e i sentimenti in picchiata di tutta la famiglia; cosa che accade anche alla bambina asmatica di Vivere di Francesca Archibugi con Elisa Miccoli.
Qualche residuo horror resiste: Il nido di Roberto De Feo con Justin Korovkin; l’efficace e spaventoso It 2 di Stephen King in cui, dopo 27 anni di transfert, vengono al pettine gli incubi adolescenziali del clown terrificante; il gotico Signor Diavolo di Pupi Avati con Filippo Franchini presunto assassino in un nebbioso ingranaggio horror nel Nordest democristiano anni Cinquanta; nel frattempo un nuovo Pinocchio è in agguato come promette, per Natale, Matteo Garrone con il giovane Federico Ielapi e Roberto Benigni passato al ruolo di Geppetto.
Ci sono almeno tre titoli in cui i bambini sono davvero al centro di qualcosa di più grande di loro, una guerra che abbraccia ieri e oggi, non perdona e non dimentica. Il più spaventoso è The Painted Bird del polacco Václav Marhoul, parlato in una inventata lingua interslava e sofferto dallo straordinario Petr Kotlár che durante la Seconda guerra mondiale è un bambino ebreo che vive senza parole ogni sorta di orrore, naturale e artificiale, nella campagna polacca. Poi c’è il ragazzo invasato dalla propaganda radicale del Giovane Ahmed dei ben noti fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne che affrontano la tragedia fondamentalista negli occhi di un tredicenne musulmano che inizia uccidendo a scuola la sua professoressa. E infine da una costola dei vicoli di Gomorra, Marco D’Amore regista, scrittore, attore, sta girando L’immortale, biografia di un ragazzino solo di fronte alle brutture del mondo, l’infanzia del piccolo Ciro, figlio di nessuno, per le vie di Napoli, uno spinoff della fortunatissima serie tv.
Va a finire che l’ultimo bambino prodigio sarà quello immaginato da Alessandro Siani in Il giorno più bello del mondo in cui il primo bimbo supereroe napoletano sposta gli oggetti con la mente, una magic comedy un po’ di hollywoodiana memoria.
Piccoli affranti a tu per tu con spietati avvocati divorzisti, altri in viaggio con un padre sconosciuto, altri ancora con la sindrome di Down camuffati da supereroi per il fratello