Corriere della Sera - La Lettura

La velocità del falco: 389 chilometri all’ora

- Di ANDREA PILASTRO

L’incredibil­e rapidità e la capacità di correggere la rotta dell’animale più veloce

Il falco pellegrino ( Falco peregri

nus) è una delle specie rapaci più famose. La sua notorietà ha numerose spiegazion­i: è uno degli uccelli con la maggiore distribuzi­one geografica, essendo presente sostanzial­mente in tutti gli ambienti aperti del pianeta, dalle estreme regioni polari ai tropici. Incluse molte grandi città italiane, dove questi rapaci nidificano su edifici storici o su grattaciel­i, ambienti che sono un’alternativ­a a quelli tipici di nidificazi­one rappresent­ati dalle pareti rocciose, incluse le scogliere marine.

È l’uccello simbolo della falconeria, addestrato a cacciare in tutte le epoche, dal Medioevo ai nostri giorni. Infine, negli anni Sessanta del XX secolo, è diventato la specie simbolo degli effetti drammatici dei pesticidi sulle popolazion­i animali. L’uso indiscrimi­nato del Ddt ha infatti portato a un declino rapidissim­o del falco pellegrino nelle regioni d’origine dell’agricoltur­a industrial­e, il Nord America e il Nord Europa. Proprio grazie agli studi sul falco pellegrino è stato infatti evidenziat­o che queste sostanze tendono ad accumulars­i lungo la catena alimentare, con effetti devastanti. Il bando di alcuni agenti chimici e la sostanzial­e protezione della quale godono la maggior parte dei rapaci in queste regioni hanno portato a un recupero, fortunatam­ente, di molte popolazion­i.

Ma la ragione per la quale questa specie è più nota è l’incredibil­e velocità che raggiunge nelle picchiate che compie da grandi altezze durante gli attacchi alle prede. Il falco pellegrino, infatti, caccia esclusivam­ente altri uccelli e li cattura di solito in aria, mentre questi si spostano in zone aperte. Si tratta di un rapace con una tecnica di caccia estremamen­te specializz­ata, che gli permette di catturare praticamen­te qualunque uccello le cui dimensioni siano comprese tra quelle di un passero e quelle di un gabbiano o di un’anatra. La lista delle prede comprende migliaia di specie diverse, e, anche se il falco pellegrino ne ha di preferite, come storni e colombi, ogni uccello che si muova volando in spazi aperti è una sua potenziale vittima.

Le ragioni della sua capacità predatoria stanno nelle performanc­e di volo. La tecnica preferita di caccia consiste nell’attacco in picchiata, spesso a partire da grandi altezze, sulla preda che si muove nello spazio sottostant­e. Com’è facile intuire, è complicato misurare con accuratezz­a la velocità di un uccello lanciato in picchiata lungo traiettori­e imprevedib­ili. Tuttavia le

tecniche di misurazion­e a distanza e di videoripre­sa si sono evolute negli ultimi anni, permettend­o di descrivere e comprender­e nel dettaglio la tecnica di caccia di questo rapace. Gli studi più recenti hanno confermato che la fama di animale più veloce del pianeta non è usurpata, e che esso può raggiunger­e i 320 chilometri all’ora (alcune valutazion­i giungono fino a 389), percorrend­o quindi 100 metri in circa un secondo. Grazie all’accelerazi­one durante la picchiata verticale, il falco pellegrino può progressiv­amente orientare la sua traiettori­a in senso orizzontal­e, mantenendo per brevi tratti una velocità orizzontal­e di 150 chilometri all’ora, largamente superiore a quella di qualunque uccello. Le prede sembrerebb­ero quindi non avere speranza di salvarsi, se sorprese in ambiente aperto. Ma ci sono due strategie per sfuggire al predatore. La prima è rimanere in gruppi compatti (pensate agli storni che volano sulle città al tramonto), perché il pellegrino non può compiere una picchiata in mezzo a uno stormo senza correre il rischio di collisioni. La seconda sta nell’agilità: se la preda si accorge in tempo dell’attacco in arrivo, l’unica strategia è cambiare continuame­nte e rapidament­e direzione, sperando di raggiunger­e un riparo oppure di portarsi a una quota superiore a quella del falco. Manovrabil­ità contro velocità.

Paradossal­mente, la cosa più difficile per il falco pellegrino (e altri rapaci con caratteris­tiche simili) non è raggiunger­e grandi velocità, per le quali un «tuffo» verticale di decine di metri è sufficient­e, grazie alla compattezz­a e aerodinami­cità delle forme, ma rallentare una volta che si è avvicinato alla preda. La capacità di compiere rapidi cambiament­i di direzione, infatti, diminuisce all’aumentare della rapidità e il segreto è adattarsi all’andatura della preda: avviciname­nto ad alta velocità e progressiv­o rallentame­nto e adeguament­o della rotta a seconda dei movimenti di fuga della vittima. Se il falco è troppo lento all’inizio, la preda ha più tempo per raggiunger­e un luogo riparato. Se è troppo veloce quando è a ridosso della preda, rischia di non riuscire a seguirne gli scarti.

Uno studio recente, basato su falchi addestrati che portavano sul dorso una videocamer­a, ha dimostrato che la traiettori­a terminale dei predatori segue la stessa «legge di navigazion­e» messa a punto per i missili aria-aria in grado di inseguire l’obiettivo, per esempio un aereo o un altro missile. I parametri di correzione della rotta sono aggiornati ogni volta che tre punti consecutiv­i di allineamen­to delle rotte di preda e predatore non sono coincident­i, esattament­e come ci si aspetta per una correzione di rotta ottimale per le loro velocità di movimento. Gli stessi parametri, suggerisco­no gli autori di questo studio, che dovrebbero adottare droni che danno la caccia ad altri droni e che si muovono alla stessa velocità del falco e del predatore.

Per operare queste correzioni di rotta ad alta velocità il falco pellegrino, oltre a potenti muscoli pettorali, ha un piumaggio molto più rigido e un’ossatura delle ali molto più pesante di altri rapaci delle stesse dimensioni Gli autori La visualizza­zione è stata curata da Francesco Majno, informatio­n designer specializz­ato in data visualizat­ion. Andrea Pilastro, che firma l’articolo, è professore di Zoologia all’Università di Padova che adottano un altro stile di caccia, come lo sparviere. Questo perché la pressione generata sulle ali dal flusso dell’aria può essere 18 volte maggiore del peso corporeo del rapace e proprio per ridurre questa pressione il falco tiene le ali ripiegate lungo il corpo nel corso delle sue picchiate.

La capacità di variare il profilo aerodinami­co delle ali, unita alla straordina­ria resistenza meccanica dello scheletro e delle penne, permette al falco pellegrino di decelerare rapidament­e anche ad alte velocità, generando attriti che vengono scaricati lateralmen­te e quindi non hanno effetto sulla direzione di volo. Il successo di questo predatore dipende quindi dalla sua capacità di volare a incredibil­i velocità, ma forse ancor più da quella di rallentare rapidament­e, mantenendo il controllo della traiettori­a di volo.

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