Corriere della Sera - La Lettura

Una famiglia lunga sessant’anni ( passioni incluse)

L’inquieta protagonis­ta del romanzo di Lia Levi passa dal fascismo alla crisi del Pci

- Di MARZIA FONTANA

Dall’esordio nel 1994 con Una bambina e basta fino a Que

sta sera è già domani, finalista al Premio Strega lo scorso anno, Lia Levi ha ambientato i suoi romanzi fra le comunità ebraiche sconvolte dalla follia delle leggi razziali e della deportazio­ne nei Lager, di cui lei stessa è stata vittima e tenace testimone.

Con il nuovo L’anima ciliegia (in uscita il 26 settembre) la scrittrice pisana sorprende i lettori e cambia sfondo: la vicenda della protagonis­ta e della sua numerosa famiglia intercetta quasi sessant’anni di storia italiana, nonché la parabola della sinistra del nostro Paese, dalla lotta partigiana alla «svolta della Bolognina».

Terza di sei figli (dopo Giustino e Spartaco, arriverann­o ancora Federico, Sole e Massimilia­no) Paganina deve l’insolito nome al padre Pietro, più che laico «furiosamen­te ateo, giustizial­ista e rivoluzion­ario». La bimba cresce felice in mezzo ai fratelli, alle epiche sfuriate di Pietro contro il fascismo e alla più mite Anita (che tuttavia trama nell’ombra e, complice una grave malattia di Federico, riesce a far battezzare i figli), convinta di essere destinata a grandi imprese perché questo il padre si aspetta dalla sua preferita. Ma a quindici anni capisce di voler solo amare qualcuno, purché sia un eroe, che si materializ­za quando Spartaco, dopo la milizia nella lotta partigiana, torna a casa con l’amico Guglielmo, che da solo ha fatto saltare in aria un camion di tedeschi.

Paganina è affetta da uno struggimen­to, una sorta di Sehnsucht romantica, appena inizia a volere qualcosa con tutta sé stessa ecco che un altro desiderio incalza, diverso eppure legato al primo, proprio come due ciliegie, «che nascono accoppiate e poi le bambine si mettono a cavallo delle orecchie». E con l’amore e il matrimonio spunta fuori la sua «anima ciliegia»: più ama e più cerca la solitudine in lunghe passeggiat­e all’alba, «respirando forte fra strade, mercati, vicoli, panchine e giardini» di Roma, con la scusa di comprare il latte per la colazione. Intanto gli anni passano, arrivano tre figli, i matrimoni e gli amori dei fratelli, le separazion­i, le incomprens­ioni, la malattia del padre e il tradimento di Guglielmo. Paganina lotta e riesce a tenerlo per sé ma perde il suo eroe.

In un romanzo idealmente scandito da foto di famiglia con didascalia, sullo sfondo scorrono le immagini della storia italiana fra il boom economico, di cui coglie i frutti anche Pietro grazie anche all’operato dell’efficienti­ssima nuora Maria Pia, la legge sul divorzio, le lotte studentesc­he, la strage di Piazza Fontana, le proteste dei giovani contro la guerra del Vietnam e la dittatura di Pinochet. Paganina è personaggi­o che non si dimentica: tratteggia­ta con apparente leggerezza fra toni da favola, è invece figura tormentata e complessa, emblema di un universo femminile pronto a lottare ma in preda a furiose contraddiz­ioni.

Sognatrice determinat­a, abbraccia sempre nuove cause, segue per anni corsi di recitazion­e per vestire altri panni, ama visceralme­nte la famiglia d’origine e vive ogni cambiament­o nella casa paterna come «una picconata all’integrità del mondo», tuttavia se ne sente schiacciat­a. Adora Guglielmo, che vicino a quella moglie così inquieta vive una nuova resistenza, eppure gode della solitudine quando lui è lontano per lavoro; sempre in ansia per i figli, negli anni della contestazi­one giovanile cucina pasti su pasti pur di trattenerl­i a casa insieme agli amici, eppure da tutto quell’amore ha bisogno di scappare, e solo con la sorella e la figlia ormai adulta lascia trapelare il suo lacerante groviglio.

Intorno a lei si muove una schiera di comprimari di cui con stile piano e felice grazia affabulato­ria la scrittrice pisana tesse le vicende parallele in giro per il mondo. E poi c’è il Pci, dove Spartaco fa carriera con il sostegno di tutti, ma non di Anita, perché in chiesa hanno minacciato la scomunica per chi vota a sinistra. Fra entusiasmi e disillusio­ni fino allo sconcerto finale, è con il partito che Paganina sente di condivider­e il destino: insieme al simbolo e al nome, anch’esso, proprio come lei, ha perso i suoi sogni per strada.

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