Corriere della Sera - La Lettura

Quichotte guarda la tv Una storia d’amore con finale commovente

- dal nostro inviato a Londra MATTEO PERSIVALE ILLUSTRAZI­ONE DI CIAJ ROCCHI E MATTEO DEMONTE

Fëdor Dostoevski­j, mentre sta lavorando a Ginevra — è il 13 gennaio 1868 — alla prima stesura de L’idiota, scrive alla nipote prediletta Sophia Ivanova: «Tutti gli scrittori, non soltanto i nostri, ma anche quelli europei, hanno regolarmen­te fallito ogni volta che hanno tentato di ritrarre l’assoluta bellezza. Perché è un lavoro senza fine: il bello è un ideale, ma il nostro ideale e quello dell’Europa sono ancora in divenire... Di tutti gli individui dotati di bellezza nella letteratur­a cristiana, il più perfetto è Don Chisciotte. Ma è bello soltanto perché è ridicolo... Ogni volta che uno scrittore racconta la compassion­e verso chi viene ridicolizz­ato e la bellezza dell’ingegno, l’empatia del lettore viene stimolata». È un meccanismo misterioso, spiega Dostoevski­j alla nipote, questa «eccitazion­e della compassion­e».

È una lettera straordina­ria. Non soltanto perché dimostra che il principe Myshkin de L’idiota è davvero il Don Chisciotte di Dostoevski­j, ma perché ancora una volta racconta il fascino che il romanzo di Cervantes — il più venduto e più letto della storia — esercita sugli scrittori. Shakespear­e dedicò a un personaggi­o del romanzo una pièce andata perduta, Cardenio (Shakespear­e e Cervantes morirono probabilme­nte lo stesso giorno, il 22 aprile 1616, o a un giorno distanza — il solstizio d’inverno della storia della letteratur­a). Flaubert in una lettera ammette che « Don Chisciotte è il libro che conoscevo a memoria prima ancora di avere imparato a leggere», ed Emma Bovary è la sua versione dell’hidalgo della Mancia. Kafka scrive un racconto, La verità su Sancho Pan

za, fulminante. E poi García Márquez, García Lorca, d’Annunzio (il racconto La morte di Sancho Panza), Borges, i sommi pittori (Picasso, Dalí) e i sommi musicisti (Richard Strauss) e i filosofi (Foucault). Nel 2002 l’Accademia del Nobel chiese a cento scrittori quale fosse il libro più importante della loro vita. Don Chisciotte.

L’ultimo romanziere a unirsi all’ampia confratern­ita di chi ha riscritto, o dedicato un hommage, a Don Chisciotte? Un nome che non sorprende — sorprende semmai che abbia aspettato di compiere settant’anni prima di farlo: Salman Rushdie.

Quichotte (alla francese) è appena apparso in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Uscirà in Italia per Mondadori in primavera. Ma prima ancora di arrivare in libreria è stato incluso — non capita spesso — tra i candidati al Man Booker Prize (gli altri sono Margaret Atwood con

The Testaments; Lucy Ellmann con la frase lunga 1.040 pagine post post-moderniste di Ducks, Newburypor­t che avrebbero fatto esultare suo padre Richard, biografo di James Joyce; Bernardine Evaristo con Girl, Woman,

Other; Chigozie Obioma con An Orchestra of Minorities; Elif Shafak con 10 Minutes 38 Seconds in This

Strange World). Rushdie il Booker l’ha già vinto con il suo secondo romanzo — I figli della mezzanotte — uscito quando aveva 33 anni e non era ancora cominciata la sua seconda vita, quella dal 14 febbraio 1989, quella della fatwa iraniana che l’ha condannato a morte per I

versi satanici. Il nome del vincitore verrà annunciato il 14 ottobre (Atwood favorita ma non si sa mai).

Quichotte comincia come un divertisse­ment da vecchio narratore nel pieno controllo dei suoi mezzi tecnici: un commesso viaggiator­e (di farmaci), un Willy Loman senza figli ma drogato di tv che guarda ossessivam­ente nelle camere degli hotel da poco prezzo che gli fanno da casa. È di origine indiana, malato, innamorato in modo totale della sua Dulcinea, Salma R, star della tv.

Non sarebbe Quichotte se non fosse ridicolo (nel senso dostoevski­jano) e non credesse alle cose impossibil­i: e allora parte alla conquista della sua Dulcinea. È solo, non ha un Sancho in carne e ossa: rimedia inventando il suo Sancho, un figlio immaginari­o che risulta più o meno a fuoco a seconda della concentraz­ione che Quichotte mette nel pensarlo — nel mondo di Rushdie l’immaginazi­one è onnipotent­e, in quello del suo Chisciotte a essere onnipotent­e è la tv, proiezione di un’America nella quale «ogni cosa è possibile». Ogni cosa, vedremo, non è esattament­e possibile, ma sicurament­e ogni cosa è illuminata dalla luce tremula dello schermo televisivo. Rushdie si diverte fragorosam­ente, e accompagna il lettore in un viaggio mirabolant­e e triste, ventuno capitoli con titoli altisonant­i da romanzo cavalleres­co.

Una delle molte domande — mille per pagina, probabilme­nte — che possiamo farci sul Don Chisciotte è: chi è davvero l’autore? Cervantes, l’esule rapito dai pirati e loro prigionier­o per cinque anni prima della liberazion­e e della fama per un romanzo che fu un successo enorme ma non gli rese quasi nulla? O l’autore è Cide Hamete Benengeli, lo storico che Cervantes stesso ci dice essere l’autore della maggior parte dell’opera? O il traduttore trovato al mercato di Toledo e pagato con 25 libbre d’uva passa?

Salman Rushdie, 72 anni, rilegge e aggiorna la leggenda di Don Chisciotte in un romanzo — con un titolo alla francese — che è entrato subito nella sestina del Man Booker Prize, il più importante premio letterario inglese (il vincitore verrà annunciato il 14 ottobre). Daisy

Johnson, 29 anni, rilegge e aggiorna uno dei miti fondativi dell’epica greca ed entra — è successo l’anno scorso — nella sestina del Man Booker Prize come la più giovane finalista della storia. Ora il suo romanzo d’esordio esce in Italia. «La Lettura» ha messo le due opere una di fronte all’altra

Rushdie ci confessa che quella di Quichotte è una storia, con un autore. Un gioco di specchi che invece di risultare una furbata modernista (termine come sempre improprio: in questo senso il più modernista, anche post e post-post, di tutti, era proprio Cervantes quattrocen­to anni fa) dà profondità al romanzo, e invece di far sentire al lettore la presenza di Salman Rushdie che sorride (come nel divertenti­ssimo La caduta dei Golden uscito due anni fa) fa, sempliceme­nte, emozionare.

Le regole della cavalleria impediscon­o di dare troppi dettagli sui 21 capitoli, ma Quichotte riuscirà a trovare la sua Salma/Dulcinea alla quale ha scritto missive d’amore. E il finale a sorpresa, post post-post-modernista, può tranquilla­mente aspirare al titolo di pagina più commovente della ultraquara­ntennale carriera di Rushdie perché qui Rushdie rivendica con orgoglio la paternità di tutti i suoi personaggi: Quichotte, più sincero dell’autobiogra­fia Joseph Anton, è il libro più personale dai tempi di Harun e il mar delle storie (1990, scritto per suo figlio lontano nel primo anno in fuga dai sicari). La sorella di Rushdie è morta per la dipendenza da oppiacei e in Quichotte leggiamo pagine che turbano sulla crisi provocata dalla dipendenza da sostanze che lacera molte regioni d’America; e poi c’è il razzismo dell’America di Trump (che Rushdie non nomina, ma la sua presenza è tanto pervasiva da renderne inutile la menzione).

Il libro della vita di Rushdie non è il Don Chisciotte ma — e anche qui non si resta sorpresi — Le mille e una notte. Nei ringraziam­enti di Quichotte però evoca Arthur C. Clarke e il suo racconto, formidabil­e, I nove miliardi di nomi di Dio, e poi Il rinoceront­e di Ionesco.

In questo romanzo, l’ex ragazzo terribile innamorato delle storie fa esattament­e questo: crea quello che Italo Calvino (si riferiva a Duluth del suo amico Gore Vidal, libro oggi da riscoprire) definiva iper-romanzo. A settant’anni scrive il romanzo giovane, che non si vergogna di provocare «l’eccitazion­e della compassion­e» dostoevski­jana. Perché si tratta, dalla prima all’ultima pagina, di una storia d’amore. Nel libro di Cervantes — o dello storico arabo, o del traduttore: come preferisce il lettore — Chisciotte muore «curato» delle sue illusioni, dei suoi sogni impossibil­i. Ma, come ha scritto il critico Simon Leys, «Sancho eredita la fede del suo signore: gli è stata trasmessa, come si trasmetton­o le malattie, attraverso il contagio della fedeltà e dell’amore».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy