Corriere della Sera - La Lettura
Una madre, una figlia «Ho riscritto Edipo, è una trama femminile»
Èun libro particolare, quello di Daisy Johnson: con Nel profondo, l’autrice è diventata l’anno scorso, a soli 28 anni, la più giovane finalista del Booker Prize, il maggior premio letterario britannico. Un romanzo che riannoda le vite di Gretel e di sua madre Sarah, separate da 16 anni, e che le riporta agli anni trascorsi su una chiatta nei canali dell’Oxfordshire, quando madre e figlia avevano inventato un linguaggio segreto con cui comunicavano. «Un romanzo profondamente coinvolgente e perturbante che trasporta il lettore in un mondo straordinariamente sinistro», ha commentato il «Sunday Times». Una riscrittura in chiave contemporanea e al femminile del mito di Edipo, intrisa di favole e di magia.
Questo libro ha avuto una gestazione lunga e complessa, passando attraverso differenti redazioni.
«Sì, ci sono state addirittura sette riscritture integrali, dove quasi tutto alla fine risultava differente. La ragione sta nel mio processo di scrittura, ma anche nel fatto che era il primo romanzo: cercavo di capire come farlo e, mentre cancellavo, come volevo che venisse fuori. Molte cose sono arrivate dopo: per esempio all’inizio la collocazione era diversa, nella città di Oxford e nel Galles rurale. Solo quando con il mio partner siamo andati su una barca per i canali di Oxford ho avuto una rivelazione: qui è dove voglio che sia ambientato, e ho capito perché. Anche la protagonista, Gretel, è stata inserita molto dopo: e la ragione è che avevo bisogno di una outsider, l’ho creata per narrare la storia, è un’ osservatrice che narra. E a me piacciono i libri dove ci sono personaggi che sono osservatori, solitari che guardano».
È l’alter ego di Daisy Johnson?
«No, no, non sono io».
Nel senso dell’occhio esterno del narratore.
«Be’, sì. Perché era il mio primo romanzo e pensavo molto a cosa significa raccontare una storia: la responsabilità di prendere qualcosa come un mito e riscriverlo. Anche Gretel sente la responsabilità nel raccontare la storia degli altri personaggi, lei prende su di sé le loro voci, sente una compulsione a farlo, sente che deve raccontare quelle storie, in particolare quella di sua madre».
Lei ha esordito con raccolte di racconti brevi. Come è stato il passaggio alla forma del romanzo?
«È stata una sfida: avevo provato già prima a scrivere romanzi, ma questo è stato il primo che ho completato.