Corriere della Sera - La Lettura
ABBIAMO PERSO L’UBYKH RESTA L’IMMAGINAZIONE
Vita, morte e miracoli del linguaggio umano. Di questo raccontano le Brevi lezioni
sul linguaggio scritte da Federico Faloppa, linguista dell’università di Reading, in Inghilterra (Bollati Boringhieri). Innanzi tutto la vita. Perché «il linguaggio è qualcosa che ci pervade» e «la nostra vita è fatta di parole. Diciamo parole, leggiamo parole, scriviamo parole, ascoltiamo parole». Dalle prime che impariamo nei mesi successivi alla nascita — prima ancora di cominciare a combinarle in frasi e discorsi — a quelle che la società della comunicazione continua a inventare o importare senza tregua (basta pensare alle centinaia di neologismi presenti nelle ultime edizioni del Devoto Oli e dello Zingarelli). La lingua nativa — d’altronde — si chiama «madre lingua», mentre per «lingua madre» s’intende di solito quella da cui nuove lingue derivano: come l’italiano e le altre lingue romanze dal latino.
Già, perché anche le lingue hanno le loro famiglie e una loro vita. E, proprio come il latino, possono anche andare incontro alla morte: «Si stima che negli ultimi cinquecento anni si sia estinta circa la metà delle lingue parlate al mondo». Una lingua muore quando muore il suo ultimo parlante. Come Toni Udaina detto Burbur, con cui nel 1898 si spense a Veglia (l’odierna Krk, in Croazia) una delle lingue romanze: il veglioto o dalmatico. Come per Tefwik Esenc, contadino del villaggio turco di Haci Osman, ultimo a parlare l’ubykh, «una lingua un tempo nota nel Caucaso occidentale».
E poi ci sono i miracoli. Nell’ininterrotto dialogo delle sue lezioni, Faloppa usa spesso parole come immaginare e immaginazione. «Seguitemi, e provate a usare l’immaginazione per visualizzare quanto sto per dirvi». «Immaginiamo di trovarci in un campo fiorito». È un modo per cercare di trasmettere la magia del linguaggio, lo straordinario e affascinante mistero dei suoi meccanismi: il rapporto con i suoni e i gesti, con il corpo e i pensieri; la struttura sintattica e la funzione sociale. Tutto questo, mescolando a grammatica e sintassi, semiotica e biologia, una serie di ariosi riferimenti culturali in cui non manca qualche apertura pop. Come quando, riflettendo sull’ordine delle parole, si cita il venerabile Yoda di Guerre
stellari: «Arduo da vedere il Lato Oscuro è».