Corriere della Sera - La Lettura
Tagle, cardinale di Manila «La chiesa sarà meticcia»
Cardinale, arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle è una delle voci più rappresentative del pensiero teologico e dell’impegno missionario asiatico. Dice: «So che non è facile, per una comunità abituata a una sola espressione di fede, aprirsi alle altre. Ma in Europa oggi i migranti sono un’occasione. Il crollo della pratica religiosa non significa la fine del bisogno di Dio»
Per ogni concetto un esempio, «un gesto che apre la mente e il c uore a l mistero » . L’ umiltà: «Alla lavanda dei piedi, abbiamo voluto anche un uomo senza gambe». La bellezza del Vangelo: «I cristiani in Cina raccontano ai non cristiani le parabole di Gesù mentre lavorano nelle risaie». L’incontro: «Abbiamo istituito le serate per i giovani adulti, si cena e si parla». L’accoglienza: «Quando l’Isis attaccava al Sud, una famiglia musulmana mi chiese di concludere il ramadan a casa mia. Certo, dissi». Casa sua è l’arcivescovado di Manila, lui è il cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, filippino, considerato una delle voci più rappresentative del pensiero teologico asiatico, dal 2015 presidente di Caritas Internationalis, più volte indicato come possibile successore di Papa Francesco. «La chiesa del futuro — dice — avrà il volto dei ragazzi di oggi, incrocio di nazionalità. Mai immobile, in cerca del dinamismo della fede che può incarnarsi in vari luoghi e varie culture».
Il giro del mondo e della chiesa con uno dei suoi massimi esponenti. L’Europa, dove il crollo dei fedeli è un’occasione per le «vecchie chiese» (le chiama così) di rivedere la propria mentalità. L’Africa, che vive una stagione «di raccolto, grazie al lavoro dei missionari che lì diffusero il messaggio di Cristo». L’Asia, «dove continuano ad aumentare i cristiani, come dimostrano le migliaia di battesimi che si celebrano a Hong Kong ogni anno durante la vigilia di Pasqua». L’America Latina, «così sofferente e così eroica». «La Lettura» ha incontrato Tagle qualche settimana fa a Bergamo, dove il cardinale era ospite della rassegna delle Acli «Molte fedi sotto lo stesso cielo». Chiacchierata in italiano, una delle tante lingue (oltre a filippino, inglese, spagnolo, francese) che questo raffinato teologo parla. Punto di partenza, l’Europa, dove le vocazioni sono in calo e le parrocchie si svuotano. Però. Tagle vede le opportunità di questa crisi, intuisce gli infiniti spazi «che la parola di Dio può riempire»: «Nel vostro continente — dice — il crollo della pratica religiosa non significa perdita del senso della fede. Certi attacchi mi sembrano rivolti più a un’idea di chiesa che a Dio». Aneddoto: «A maggio ho partecipato a una riunione della Caritas del Medio Oriente e Nord Africa in Libano. Sono rimasto per una settimana, e le celebrazioni erano sempre in una liturgia diversa. Un giorno rito maronita, un giorno caldeo... Come un bambino mi chiedevo: oggi cosa faranno? Era tutto così nuovo.
Ecco la ricchezza, ecco tante espressioni della stessa verità!». Da qui la considerazione: «Forse è il momento per la chiesa di rivedere la sua missione: quando in u n a p a r r o c c h i a c ’è s p a z i o p e r va r i e espressioni della stessa fede c’è vivacità. Comunità vuole dire incontro».
Parole (che pesano) pronunciate con calma, sicurezza, consapevolezza. E con il sorriso. «So che non è facile per una comunità abituata a una sola espressione di fede aprirsi alle altre. Però in Europa la presenza dei migranti è un’occasione. Qualche anno fa a Milano, durante la messa con il cardinale Angelo Scola alla quale erano presenti 20 mila filippini, il cerimoniere mi disse: eminenza ecco il futuro della chiesa di Milano. E io: a me sembra il presente! Con la testimonianza vivace di 20 mila migranti. A volte la chiesa è cieca davanti a certi segnali di giovinezza ed energia».
L’ottimismo che apre gli occhi. Per non vedere soltanto il male, «che in ogni caso non va nascosto». Per non lamentarsi e basta. «Come cristiani è nostro compito individuare la bontà degli esseri umani, la capacità di amare e condividere». Esempio: «A Manila ogni estate scoppiano gravi incendi. Due anni fa ho celebrato la messa tra le case bruciate. E lì, in quella comunità devastata, ho scoperto la purezza della solidarietà. In un mondo caratterizzato dall’individualismo, la carità, la condivisione e la promozione del bene comune sono vive più che mai».
Parlarsi, stare vicini, aiutarsi. Capirsi. Anche se si è diversi. Tagle insiste su questi concetti. Sul dialogo all’interno della chiesa e con le altre fedi. A partire dall’Islam. «Il problema non sono i musulmani, e nemmeno i buddhisti o gli induisti. Ma le loro espressioni più estreme. Anche gli islamici sono vittime di fanatismi. Pensiamo ai Rohingya in Birmania». Rifiutare gli stereotipi per intraprendere un cammino di comprensione: «Il documento sulla Fratellanza umana firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar lo scorso febbraio ad Abu Dhabi è un traguardo storico. Però io desidero vedere certi risultati non solo ai vertici, ma alla base. La sfida è là, ed è compito delle parrocchie diffondere lo spirito di questi documenti, da tradurre in stili di vita». Rispetto per l’altro e apertura. «Ho tanti amici musulmani nelle Filippine: già prima dell’arrivo degli spagnoli c’era un califfato nel Sud del Paese. La città di Marawi, a maggioranza musulmana, è stata attaccata dall’Isis. Dopo la liberazione sono emerse storie di eroismo, di islamici che hanno protetto i cristiani e viceversa, una professoressa di Mindanao voleva offrirsi per liberare un prete in ostaggio, come fece san Kolbe. Nel mezzo della distruzione, spuntano fiori di carità».
Tante esperienze. La docente filippina che gira per le scuole islamiche a raccontare il cristianesimo e in quelle cristiane a parlare di Islam; la coppia di Marawi che si è rifugiata a Manila e ha concluso il ramadan in arcivescovado (Tagle li accolse così: «Cosa devo prepararvi?»). La donna con problemi psichici che ha partecipato alla lavanda dei piedi con la madre, il disabile «a cui abbiamo deterso il moncone». Gesti che vanno oltre il rituale.
Il viaggio continua. Sfiora la Cina, dove si notano segnali di distensione nei confronti di Roma: «Il governo di Pechino ha accettato il ruolo del Vaticano nella nomina dei vescovi». Ed esistono «programmi di scambio grazie ai quali preti cinesi sono ammessi nelle università cattoliche filippine». Tagle passa a un altro continente, l’Africa, dove «la chiesa è florida e in difficoltà». Florida perché «in Nigeria ci sono più preti rispetto alle necessità delle parrocchie. È un segnale di maturità il fatto che missionari africani vadano in varie parti del mondo». Ma in difficoltà «a causa di gruppi di estremisti che usano le religioni per altri fini, ideologici e politici».
Poi c’è l’America Latina, dove i seminari sono quasi vuoti, «perché il secolarismo europeo è arrivato là da un pezzo». E dove «la povertà, l’ingiustizia e la droga sono urgenze reali e per questo la chiesa è sempre vicina alla sua gente». Racconta: «Sono stato in Salvador: non immaginavo che i narcos avessero eserciti privati più potenti di quelli dello Stato. La chiesa latinoamericana è martire e soffre con il suo popolo». Infine gli Stati Uniti: «Purtroppo un gruppo nasconde dietro alla fede i propri interessi economici. Contemporaneamente, si sente minacciato da alcuni aspetti del Cristianesimo. Quali? Quelli espressi dall’enciclica Laudato
si’, la semplicità degli stili di vita invocata dal Vangelo».
E in questa ricognizione che non nasconde i problemi, cerca soluzioni e rifiuta chiusure e piagnistei, c’è spazio per immaginare la chiesa che verrà: «Il suo futuro comincia adesso. E ha il volto dei giovani di oggi. Difficile da codificare, perché è il risultato dell’unione di tante nazionalità, perché i ragazzi di Seul camminano come quelli di New York. Sono simili. E hanno sogni comuni». Come la chiesa di domani: «Tasselli diversi, identiche aspirazioni; una chiesa che cerca nuove espressioni e però mantiene la fedeltà al Vangelo, che non è statica ma dinamica, che si può incarnare in vari luoghi e culture». «Exciting», sorride Tagle. Una prospettiva eccitante. Come i progetti messi in piedi a Manila, come il ministero per young adult dai 25 ai 39 anni, in cui «abbiamo dato totale libertà ai protagonisti» e il risultato sono queste cene al termine delle quali si parla e ci si confronta. Anche per ore. «Perché non è vero che i giovani non hanno interessi». Come la ragazza di Modena che ha trascorso l’estate a Manila «e tutti l’avvicinavano incuriositi e si mostravano amichevoli. E allora ha capito e mi ha detto: padre, quando torno in Italia farò così anche io con gli stranieri». Senza paura.