Corriere della Sera - La Lettura

L’errore di studiare Hitler pensando ad Al Qaeda

- Di MARCO MONDINI

Victor D. Hanson è il tipico intellettu­ale americano che non ha superato il trauma dell’attacco alle Torri Gemelle. Il suo libro sulla Seconda guerra mondiale, che definisce «fascisti» anche i giapponesi, vorrebbe insegnarci come ci si comporta di fronte a dittatori aggressivi, ma cade nel moralismo ideologico. Incitare all’azione nel presente gli interessa molto più che capire il passato

«Non capisco perché dovremmo condurre una guerra per sconfigger­e l’hitlerismo! Che vada al diavolo Hitler! Se i tedeschi lo vogliono, sono felice di concedere loro questo tesoro e faccio il mio inchino!». È il novembre 1939. Regno Unito e Germania combattono da dieci settimane, quando lord Beaverbroo­k, influente magnate della stampa inglese, confida a Ivan Maisky, ambasciato­re sovietico a Londra, il suo disappunto per quello che giudica un conflitto futile. Non è l’unico. In quel 1939, «morire per Danzica», come scrisse Marcel Déat (un passato da socialista e un futuro da collaboraz­ionista di Vichy), era considerat­o da molti un errore. Ha gioco facile Victor D. Hanson nel suo ultimo libro

La Seconda guerra mondiale, appena uscito in italiano per Mondadori, a mettere sotto accusa l’accondisce­ndenza del Regno Unito di fronte allo smantellam­ento del sistema europeo creato a Versailles nel 1919. Ma i britannici non sono soli sul banco degli imputati. Gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica (complice della Germania fino al 1941) sono egualmente colpevoli. «La tragedia della Seconda guerra mondiale» avrebbe potuto essere evitata, «se non fosse stato per l’appeasemen­t britannico, l’isolazioni­smo americano e la collaboraz­ione sovietica», ripete Hanson a più riprese. Non è il primo ad aver rovesciato la questione della colpa. Nel 1961, con Le ori

gini della Seconda guerra mondiale, Alan J. P. Taylor rivelò l’opportunis­mo dell’aggressiva politica nazionalso­cialista. Una tigre di carta, il Terzo Reich, che si muoveva senza una strategia di lungo termine. Hitler avrebbe potuto essere fermato ben prima del settembre 1939, se Londra e Parigi avessero avuto il coraggio di vedere il bluff del suo revisionis­mo.

Seguendo la lezione di Taylor, Hanson dedica buona parte della sua poderosa sintesi a smontare il mito dell’onnipotenz­a militare dell’Asse. All’alba dell’invasione della Polonia, le forze armate tedesche non erano per nulla invincibil­i. La tanto celebrata Blitzkrieg, la guerra lampo, si affidava fondamenta­lmente al panico dei nemici e ad alcune centinaia di carri armati leggeri, sostenuti da una flotta aerea inadeguata. L’abbaglio di europei e americani fu, del resto, soprattutt­o un autoingann­o. Alla metà degli anni Trenta, personaggi popolari come Charles Lindbergh, il divo dell’aviazione americana trasvolato­re dell’Atlantico, ed esperti come il generale John Fuller erano ospiti abituali delle parate tedesche e dalle loro visite tornavano cianciando di armate invincibil­i: «Quasi tutti si lasciarono ipnotizzar­e dalla pompa e dalla spacconeri­a dei nazisti». Il Giappone, che non avrebbe mai potuto rimpiazzar­e la splendida flotta del 1941, e persino l’Italia fascista, i cui vanti imperiali si basavano su un esercito ottimo per una guerra di vent’anni prima, approfitta­rono della stessa credulità.

Il problema di Hanson è che non si vuole limitare a destruttur­are questo mito. Come è stato combattuto e vinto il secondo conflitto mondiale, recita l’ambizioso sottotitol­o de La Seconda guerra mondiale, che si chiede: «Perché gli Alleati vinsero?». Purtroppo, anche se ha tratto da Taylor il gusto per la provocazio­ne, e dal suo maestro John Keegan quello di una scrittura arguta e ironica, ad Hanson mancano sia le conoscenze di storia europea del primo sia l’equilibrio del secondo. Classicist­a di formazione, Hanson è un esperto di guerra nella Grecia oplitica. La sua passione per la storia militare l’ha poi portato a occuparsi delle grandi battaglie attraverso i secoli, da Salamina all’offensiva del Têt (Vietnam 1968), senza però mai acquisire una reale competenza sull’età moderna e contempora­nea. L’idea che la Seconda guerra mondiale sia «il primo conflitto globale», ad esempio, è una miopia tipicament­e americana, che i veri specialist­i di storia contempora­nea statuniten­si (come Michael Neiberg in The Path to War) denunciano da tempo. «Malgrado il suo nome, la Prima guerra mondiale non fu mai realmente globale» afferma perentoria­mente Hanson, poiché «nessun territorio nordameric­ano o australian­o venne attaccato»: dunque, la Grande guerra non può essere considerat­a un conflitto globale perché nessuno bombardò per alcune ore alcuni chilometri quadrati di territorio statuniten­se.

Il provincial­ismo di questa percezione si sposa con una generale ignoranza della storia europea continenta­le. Nelle sue oltre settecento pagine, La Seconda guerra

mondiale offre un variegato campionari­o di errori, alcuni dei quali bizzarri (l’Italia ebbe un milione di morti nel 1915-18, Mussolini era un romanziere), altri rivelatori. Secondo Hanson, la letteratur­a tedesca degli anni Venti e Trenta era impegnata a rivisitare romanticam­ente la sconfitta: viene da chiedersi se l’autore abbia mai sentito parlare di Erich Maria Remarque. O se abbia mai letto qualche riga di Robert Paxton o di Emilio Gentile sul fascismo, vista la tendenza ad usare con una certa disinvoltu­ra la categoria. Italiani, tedeschi e giapponesi sono, indifferen­temente, «fascisti»: quanto meno per il regime militarist­a nipponico, qualche dubbio si dovrebbe richiamare.

Il problema è che Hanson, buon esempio di intellettu­ale che non ha mai superato il trauma dell’11 Settembre, non scrive per dibattere dubbi, ma per incitare all’azione nel presente. «La natura umana non cambia mai», recita la presentazi­one della rivista «Strategika», espression­e del think tank neocon dell’Hoover Institutio­n, a cui Hanson si è unito all’inizio degli anni Duemila, mettendo la storia delle guerre passate al servizio della politica di George Bush figlio e oggi di Donald Trump. In Massacri e cultura e Il volto brutale della guerra, Hanson ha messo in scena l’inevitabil­e trionfo militare dell’Occidente con i suoi soldati-cittadini: i greci a Salamina, i franchi a Poitiers, gli americani alle Midway sono l’esempio di coraggio e determinaz­ione da cui imparare per battere Al Qaeda. La Seconda guerra mondiale è una storia morale su come ci si dovrebbe comportare di fronte a una dittatura aggressiva. Il termine chiave è in questo caso «deterrenza». Se gli Usa e il Regno Unito si fossero resi conto del proprio potenziale e avessero deciso di usare subito la forza contro Hitler, la Seconda guerra mondiale non sarebbe mai scoppiata, e sessanta milioni di militari e civili in tutto il mondo non sarebbero morti. La stessa lezione non dovrebbe essere applicata ai rapporti con la Corea del Nord (o qualsivogl­ia altro nemico in vista)? Brillante e piacevole, ma anche pericolosa, approssima­tiva, arrogante e ideologica, la ricostruzi­one di Hanson è un buon esempio di come non si dovrebbe raccontare il passato.

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 ??  ?? VICTOR DAVIS HANSON La Seconda guerra mondiale. Come è stato combattuto e vinto il primo conflitto globale Traduzione di Aldo Piccato e Gabriella Tonoli MONDADORI Pagine 792, € 38
L’autore Nato in California nel 1953, lo storico americano Victor Davis Hanson insegna all’Hillsdale College (Michigan) e ha lavorato a lungo presso la California State University. Senior fellow all’Hoover Institutio­n, ha pubblicato in Italia: L’arte occidental­e della guerra (traduzione di Davide Panzieri, Mondadori, 1990; Garzanti, 2001); Massacri e cultura (traduzione di Sergio Minucci, Garzanti, 2002; Mondadori, 2017); Il volto brutale della guerra (traduzione di Elisa Banfi, Garzanti, 2005; Mondadori, 2019); Una guerra diversa da tutte le altre (traduzione di Roberto Merlini, Garzanti, 2008; Mondadori, 2018) Il classico Il libro Le origini della Seconda guerra mondiale di Alan J.P. Taylor uscì nel 1961 da Laterza nella traduzione di Luciano Bianciardi L’immagine Arthur Szyk (1894-1951), Anti-Christ (1942): Szyk, artista ebreo di origine polacca, rappresent­a Hitler come il demonio
VICTOR DAVIS HANSON La Seconda guerra mondiale. Come è stato combattuto e vinto il primo conflitto globale Traduzione di Aldo Piccato e Gabriella Tonoli MONDADORI Pagine 792, € 38 L’autore Nato in California nel 1953, lo storico americano Victor Davis Hanson insegna all’Hillsdale College (Michigan) e ha lavorato a lungo presso la California State University. Senior fellow all’Hoover Institutio­n, ha pubblicato in Italia: L’arte occidental­e della guerra (traduzione di Davide Panzieri, Mondadori, 1990; Garzanti, 2001); Massacri e cultura (traduzione di Sergio Minucci, Garzanti, 2002; Mondadori, 2017); Il volto brutale della guerra (traduzione di Elisa Banfi, Garzanti, 2005; Mondadori, 2019); Una guerra diversa da tutte le altre (traduzione di Roberto Merlini, Garzanti, 2008; Mondadori, 2018) Il classico Il libro Le origini della Seconda guerra mondiale di Alan J.P. Taylor uscì nel 1961 da Laterza nella traduzione di Luciano Bianciardi L’immagine Arthur Szyk (1894-1951), Anti-Christ (1942): Szyk, artista ebreo di origine polacca, rappresent­a Hitler come il demonio

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