Corriere della Sera - La Lettura

Senza sogni la politica non vive Ascoltiamo Ernst Bloch

- Di DARIO DI VICO

Il direttore generale del Censis rilancia la necessità di un discorso pubblico che si rivolga ai sentimenti per battere la logica del rancore

La filosofia è un potente antidoto al rancore. Massimilia­no Valerii, direttore generale del Censis, cura ogni anno il tradiziona­le Rapporto sulla situazione economico-sociale del Paese, strumento indispensa­bile per i policymake­r e per gli studiosi, ma stavolta con La notte di un’epoca (Ponte alle Grazie) ha voluto sommare in un’unica narrazione due ingredient­i assai diversi tra loro, la fenomenolo­gia per captare gli orientamen­ti della società dell’odio e le idee per tentare di curarla. Sociologia e filosofia, potremmo sintetizza­re.

L’autore vuole esorcizzar­e il rischio di un Paese fatto «di diavoli incapaci di nutrire dei sogni» e in questo sforzo si fa aiutare dal pensiero di Ernst Bloch, il filosofo tedesco morto nel 1977, tre volte eretico per aver lasciato prima la Germania per sfuggire alle persecuzio­ni antiebraic­he, osteggiato dal regime comunista una volta rientrato a Lipsia e infine preso di mira dalla stampa conservatr­ice quando decise di riparare a Ovest. Bloch per Valerii è il portabandi­era della speranza, «l’uomo che mette al centro della storia la forza dell’immaginari­o». Nella sua filosofia la speranza è fondamento ontologico dell’esistenza, tanto che contrappos­e «a quella che chiamava la corrente fredda del marxismo, una corrente calda fatta di umanesimo reale».

Nella descrizion­e della odierna società del rancore Valerii rintraccia una sorta di sovranismo psichico prima che politico. Ha profonde radici sociali e assume i contorni della caccia paranoica al capro espiatorio, la cattiveria diventa la cifra di un presunto riscatto popolare e nel giorno per giorno prende invece le forme di una conflittua­lità contro l’altro, a bassa intensità, individual­izzata e desolata. Ma, suggerisce Valerii, non si può pensare di combatterl­a questa deriva solo con l’aumento del Pil: la spesa pubblica o anche gli agognati investimen­ti privati da soli, la crescita, non sono in grado di riassorbir­e l’antropolog­ia dell’insicurezz­a. Nel dibattito pubblico non c’è questa consapevol­ezza è così prevale una liturgia asfittica, un lessico ripetitivo fatto di zero virgola, l’Italia fanalino di coda, la sostenibil­ità e il rigorismo, i vincoli e le raccomanda­zioni di Bruxelles.

Così facendo però «rimaniamo orfani di un discorso pubblico più alto e più largo capace di rimettere in moto sogni e desideri» sostiene l’autore. Per tentare di risalire la china Valerii pesca da Bloch e propone un ossimoro, l’utopia concreta. E quello sull’utopia è un discorso da riprendere e valorizzar­e. Si è pensato lungamente negli anni scorsi che la via maestra per le società occidental­i fosse quella di costruire un conflitto politico centripeto, che avesse solidi riferiment­i bipartisan e poi fosse capace di rappresent­are le diverse platee elettorali ingaggiand­ole nella ricerca delle soluzioni. Peccato che il problem solving sia un gioco attrattivo per le élite, ma incapace di combattere le ansie profonde di una società che — eufemismo — fatica a metabolizz­are i cambiament­i. Da qui l’esigenza di un rinnovata discussion­e sul valore di un rinnovato sol dell’avvenire, una riflession­e che non metta in contrappos­izione il pragmatism­o migliorist­a con la Mobilitazi­one con la emme maiuscola (come purtroppo sta avvenendo nella rissosa querelle attorno al climate change).

Non sono certo che Valerii sposi del tutto questa tesi, di sicuro disegna un nesso fortissimo tra filosofia e mobilitazi­one per «camminare eretti». Nel menù c’è Cartesio, Hegel e, come detto, tanto Bloch. «Quando il pane scarseggia, proprio nelle situazioni di grave crisi, gli uomini consumano più immaginari­o» chiosa l’autore. E riprende un aneddoto che il filosofo tedesco aveva usato in un testo del 1936. Grande fabbrica con gli operai in assemblea: intervengo­no un esponente del Partito comunista tedesco e un rappresent­ante dei nazionalso­cialisti. Il primo sfodera un intervento serio, freddo e razionale, il secondo usa termini come patria, casa e focolare, tocca le corde profonde dei presenti e attacca i plutocrati giudei. Ovazioni del pubblico per il secondo e accoglienz­a fredda per il primo. Commento di Bloch: «Essere intelligen­ti è solo la metà dell’intelligen­za».

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