Corriere della Sera - La Lettura

I CIELI DI NEWMAN E I FIORI DI QUENEAU

- Di IDA BOZZI

Per fortuna, il cane nel romanzo si chiama Zazie. Perché altrimenti sarebbe difficile dedurre solo dai blurb (i commenti illustri che gli editori stampano in quarta di copertina o sulla fascetta) il debito che il romanzo I cieli di Sandra Newman ( traduzione di Laura Berna, Ponte alle Grazie, pp. 250, € 16,80) ha con il romanzo del francese Raymond Queneau (1903-1976) I fiori blu, del 1965, uscito in Italia nel 1967 nella traduzione di Italo Calvino, meno famoso di Zazie nel metrò ma anche più originale.

Nel romanzo di Newman (che sarà al Circolo dei lettori di Torino martedì 8, alle 18), nel Duemila, in una New York misteriosa­mente francofona (primo omaggio dell’autrice a Queneau), il giovane Ben si innamora di una ragazza che si chiama Kate e porta a spasso un cane di nome Zazie (altro omaggio a Queneau). Kate ha un dono: quando dorme, sogna di essere una tale Emilia che vive nella Londra del 1593, anno di pestilenza, una donna che ha un legame misterioso con Shakespear­e (altro maestro di sogni), aspetta un figlio e ha una missione da compiere. Il romanzo funziona ed è avvincente, ma i blurb elogiano soprattutt­o l’originalit­à, la novità dell’idea, di un personaggi­o che si sdoppia in due epoche tramite il sogno: peccato che questa sia la trama (non però l’ordito, diversissi­mo) de I fiori blu. Nel romanzo di Queneau, esilarante, tal Cidrolin, buffo perdigiorn­o accampato su un barcone della Senna, diventa in sogno il medioevale e feroce duca d’Auge, e lo scambio tra i due è tanto fitto che non si sa chi stia sognando chi. Almeno a Queneau (per tacere di Calderón de la Barca con La vita è sogno, antenato di molti ingorghi «onirici») un blurb lo si poteva dedicare.

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