Corriere della Sera - La Lettura
Il giovane Stan e Dostoevskij contro i piranha
Intervista David Almond racconta a «la Lettura» il suo nuovo libro: una favola divertente e poetica contro paura e intolleranza. «La vasca dei pesci carnivori rappresenta anche i timori, le ansie e le insicurezze che ci avvelenano la vita»
Inscatolare i pesci rossi, come fossero sardine, potrebbe essere un’idea molto chic. E anche remunerativa. Si introdurrebbe sul mercato un prodotto di lusso. Quando in famiglia si prendono queste decisioni, l’unica è scappare di casa, tentare fortuna altrove, magari facendosi adottare da qualche pazzo giostraio. Così fa Stan, protagonista de Il ragazzo che nuota con i piranha (Salani), il nuovo libro di David Almond. Un romanzo per ragazzi che affronta problematiche come la globalizzazione, l’ecologia, le discriminazioni e anche temi più intimi e personali come la paura di crescere e di non essere accettati. E lo fa con l’inimitabile stile leggero e poetico che caratterizza tutta la sua opera. Nelle pagine del libro, arricchite dalle belle illustrazioni di Oliver Jeffers, convivono armoniosamente dettagliate descrizioni di nauseabondi olezzi di pesce morto, perfette per divertire i bambini, e raffinate frasi liriche come «La luna brilla più lucente quando sentiamo la mancanza di qualcosa. Fissate la luna e chiamate con il cuore il vostro ragazzino perduto». Succede perché la scrittura di David Almond è «biblioterapia», come aveva affermato Zohreh Ghaeni presidentessa iraniana della giuria che gli attribuì il Premio Hans Christian Andersen nel 2010, e aiuta i giovani lettori di tutto il mondo a essere più felici.
Lo scrittore, raggiunto da «la Lettura», via Skype, rivela che il suo segreto è semplice: lasciare libera l’immaginazione e continuare a osservare il mondo con gli occhi incuriositi di un adolescente.
Nella sua biografia si legge che ha cominciato prestissimo a raccontare storie. È vero che da bambino scriveva su foglietti che poi legava con un nastro per trasformarli in libretti?
«Sì, scrivevo e costruivo i miei primi block notes. L’amore per la scrittura me l’ha passato mio zio che di mestiere era tipografo, ascoltava alla Bbc radio i programmi sulla letteratura e la poesia e scriveva. Lo faceva sempre, per sé stesso, non gli importava essere pubblicato. Così ho cominciato a imitarlo e a usare i miei quadernetti. Un’abitudine che non ho mai abbandonato. Non potrei vivere senza, ne ho sempre uno con me. Sono la base del mio lavoro, fogli che riempio con appunti, schizzi e schemi. A volte procedo per intuizione, senza uno schema logico. Le mie storie nascono così e questa libertà mi permette di associare le idee, di lasciare totalmente libera l’immaginazione. Poi, quando la storia comincia a delinearsi sono spesso i personaggi a guidarmi, a prendere il sopravvento». Quando la trama è delineata procede velocemente, senza blocchi?
«Sono abbastanza disciplinato e quando devo preparare un romanzo scelgo nel calendario il momento giusto per scrivere. Sono lento, per finire un libro impiego circa un anno. Poi naturalmente ci sono i momenti in cui mi appassiono e la storia procede più veloce e altri invece in cui ho dubbi e mi servono consigli. Se mi manca l’ispirazione cerco di distrarmi, faccio una passeggiata o un lungo giro in bici. Per chiarire i dubbi invece mi rivolgo a mia moglie, la mia prima lettrice». E da lei accetta anche le critiche?
«Sì, mi fido ciecamente. Anche lei è scrittrice! (Julia Green ndr) ».
Nelle pagine de «Il ragazzo che nuotava con i piranha» ci sono molti spunti ironici. La scelta dei nomi dei protagonisti è originale ed eccentrica, sembra proprio che si sia divertito a scrivere.
«Certo, per far sorridere i lettori chi scrive deve sperimentare in prima persona. Poi chiamare Dostoevskij il giostraio che gestisce la sgangherata pesca delle paperelle al luna park è stata una divertente licenza poetica, ma anche un messaggio contro la discriminazione. Un nome importante per qualcuno che non gode grande considerazione nella società. Con la mia storia infatti ho cercato di combattere l’intolleranza. L’idea, purtroppo oggi così diffusa, che il diverso sia pericoloso e sia giusto cercare di isolarlo per evitare cattive contaminazioni».
Il protagonista del romanzo deve trovare il coraggio di nuotare in mezzo ai piranha, ma lei descrive anche i «piranha interiori», più pericolosi e subdoli da affrontare. Un escamotage per rendere la trama trasversale, adatta per lettori di ogni età?
«Sì, perché anche noi adulti conviviamo con i piranha che rappresentano timori, insicurezze, ansie che ci avvelenano la vita e dobbiamo imparare ad annientarli. La vasca dei pesci carnivori al luna park diventa una metafora».
Nella biografia del suo sito, nell’elenco delle cose che predilige c’è l’Italia.
«Oltre alle ragioni più banali, nell’elenco di quello che preferisco c’è anche la pasta, sono innamorato della vostra cultura e ho notato come sia assimilata anche dalle generazioni più giovani. Negli incontri nelle scuole, i bambini italiani sono quelli che mi fanno le domande più profonde e interessanti. In particolare, in Sicilia c’erano ragazzini che citavano la mitologia, sono rimasto molto colpito».