Corriere della Sera - La Lettura
Le mie donne-mucca non si arrendono
India Sujatro Ghosh fotografa giovani e anziane con teste bovine per denunciare la condizione femminile. Perciò è perseguitato. Ora è a Catania
Le donne-mucca sono sbarcate in Italia. Dopo aver girato il mondo sulle ali dei social e richiamato l’attenzione dei media internazionali, le immagini delle ragazze con la maschera di vacca in testa di Sujatro Ghosh sono approdate a Catania. Trenta scatti selezionati tra gli oltre 500 realizzati in due anni da questo artista e attivista indiano sono in mostra alla Galleria Plenum. Fotografie fatte con il telefonino e diffuse via Instagram in quello che Ghosh definisce un «progetto dell’uomo comune»: comune per i mezzi usati, non certo per l’idea. Figure femminili, in sari o vestite all’occidentale, riprese in strade qualunque o davanti a luoghi simbolo come il Taj Mahal e il Golden Gate, in viaggio su un treno o su una barca, ma anche semplicemente sdraiate sul proprio letto, a casa, per dire che in India le donne sono vulnerabili ovunque. Molto più delle vacche, sacre per gli indù.
Ghosh ha scelto il codice del grottesco, della provocazione ironica per trattare un te ma mol to s e r i o . « Ho p e n s a to c h e l’umorismo potesse essere un modo per aiutare le persone a essere più consapevoli. Volevo rendere l’assurdità di un Paese dove le mucche sono considerate più importanti delle donne e ci vuole più tempo a rendere giustizia a una signora aggredita o violentata che a un bovino», spiega Ghosh, 26 anni, originario di Calcutta, arrivato a Catania per il vernissage: i tempi lunghi dei tribunali contro quelli brevissimi dei gau rakshak, i «protettori delle mucche», radicali indù che armati di spranghe di ferro e bastoni danno la caccia a chiunque sia sospettato di macellare o mangiare il manzo, con botte e linciaggi. Questi gruppi estremisti si sono rafforzati dal 2014, da quando è al governo il partito nazionalista indù del premier Narendra Modi.
L’idea di dare vita a questo efficace cortocircuito è venuta a Ghosh a New York. «Mi sono imbattuto nelle maschere di vacca, ne ho comprate un po’ e le ho portate a casa, a Calcutta. Le avrei usate, pensai, per mostrare questo paradosso e far riflettere sui crimini che si compiono nel mio Paese “in nome delle mucche” e della religione».
A due anni di distanza Ghosh traccia un bilancio: «All’inizio ho dovuto ricorrere a parenti e amiche per trovare le modelle e ho scattato soprattutto a Delhi e Calcutta, poi sono arrivate candidature a pioggia, la gente ha iniziato a darmi appuntamento ovunque, ho ricevuto una valanga di apprezzamenti e finanziamenti con il crowdfounding ». Eppure nessuno in India accetterebbe di esporre queste foto: «Le gallerie rischierebbero troppo, qualsiasi iniziativa di natura politica non allineata alle posizioni del governo viene osteggiata». Lo stesso Ghosh è finito sotto attacco dei nazionalisti indù: «Sono stato inseguito, sono venuti a cercarmi a casa. Alcuni sgherri si sono presentati con aria minacciosa dai miei genitori a Calcutta chiedendo di me».
Chiari avvertimenti che hanno creato un clima di terrore. Uno degli ultimi scatti è una donna seduta su un cumulo di macerie: foto iconica del bilancio amaro di questi due anni di lavoro. Amaro ma non definitivo: le donne-mucca non si arrendono.