Corriere della Sera - La Lettura
Uno sguardo ai maestri e un ponte tra la coppia
«Il linguaggio del tango disegna sul corpo una mappa delle emozioni. È un codice segreto creato dai tangueros in modo conscio e inconscio che passa attraverso mani, gambe, piedi, fino al cuore, generando palpitazioni e traspirazione. Tutto parte dallo sguardo: è il primo contatto della coppia, ci si sceglie con gli occhi, senza compromettersi, prima di allacciarsi nella complicità della danza. Perciò il tango è un ponte per ritrovarsi». È una guida al tango segreto e all’arte della coppia il nuovo spettacolo di Miguel Ángel Zotto, in scena (dopo l’anteprima al Flavio Vespasiano di Rieti il 13) dal 15 al 27 ottobre al Teatro Olimpico di Roma su invito dell’Accademia Filarmonica Romana in apertura delle «Giornate della Danza» della capitale: si intitola Te siento… Tango come l’autobiografia scritta dal danzatore-coreografo e maestro argentino d’origine lucana insieme alla moglie e partner Daiana Guspero e pubblicata da DeA Planeta nel 2018. Sul palco, intorno alla coppia (nella foto in alto), i ballerini della compagnia Tangox2 e i musicisti di Tango Sonos con la voce di Federico Pierro. Dopo Roma, la tournée toccherà Bari, Genova e Verona.
Scandito in dodici quadri, lo spettacolo esplora il ballo argentino nei suoi aspetti meno noti attraverso un percorso coreografico e musicale che vuole essere per Zotto — cresciuto a Buenos Aires ascoltando il tango con il nonno e il padre ballerino-attore — un omaggio ai grandi maestri della sua carriera: Carlos Alberto Petroleo, Virulazo, Antonio Todaro, Ramon Rivera «Finito», Rodolfo Dinzel, Carlos Copes.
«Per ogni spettacolo — dice — parto dalla stesura del copione prima di passare alla coreografia. Cerco, ogni volta, di raccontare qualcosa di mai narrato, trovando un risvolto autobiografico che renda personale lo spettacolo: ad esempio, nel lavoro dedicato ad Astor Piazzolla sono partito dal mio incontro con il compositore, a Parigi nel 1989, quando ancora a Buenos Aires si pensava che le sue musiche non fossero ballabili».
In Te siento, Zotto ricorda il maestro Petroleo come un grande affabulatore del ballo argentino: «È stato il padre dei milongueros, un modello per generazioni di danzatori per settant’anni». In scena viene proiettato il viso di Petroleo mentre rende l’estremo saluto al tango, designando Zotto come erede artistico e confessando: «Non ballo più, il mio corpo non recepisce più le informazioni che gli mando. Non dimenticate mai che la “figura dell’otto” è il pilastro delle emozioni danzate».
Da alcuni anni, Zotto si è trasferito con la famiglia a Milano dove ha aperto la sua Accademia: «A Buenos Aires — afferma — il tango tra i giovani argentini si è ormai convertito in competizione, aspirano tutti al Campionato del mondo. Per quanto le milonghe siano piene più di prima, oggi mancano riferimenti e modelli di stile, non solo per la danza, ma anche per la musica e la letteratura. I pochissimi maestri rimasti sono in estinzione e non più rimpiazzabili. È la globalizzazione del tango». (valeria crippa)